Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 febbraio 2017, n. 4406

Ammissione al passivo fallimentare - Somme - Diritto al percepimento di un'indennità di fine mandato e trattamento di fine rapporto - Indennità a titolo risarcitorio in caso di risoluzione del contratto prima della scadenza triennale - Contratto di prestazione d'opera intellettuale

 

Fatti di causa

 

G. C. ha richiesto, previo accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro che lo ha legato alla società a responsabilità limitata, dichiarata fallita, I., l'ammissione al passivo fallimentare delle somme richieste in virtù di tale rapporto. Ha precisato di aver rivestito la carica di amministratore delegato dal 29 gennaio 2 001 con compenso annuo elevabile al raggiungimento di targets aziendali (utilizzo di auto aziendale, rimborso spese di affitto di appartamento); diritto al percepimento di un'indennità di fine mandato e trattamento di fine rapporto; indennità a titolo risarcitorio in caso di risoluzione del contratto prima della scadenza triennale. Successivamente, ha precisato che gli è stata conferita, dal 26/9/2007 delega per la gestione ordinaria dell'amministrazione sociale con poteri di spesa fino a 500.000 euro. In via subordinata ha richiesto la qualificazione dell'attività svolta all'interno del contratto di prestazione d'opera intellettuale ed il riconoscimento del conseguente privilegio.

Le domande di ammissione in via privilegiata sono state disattese ed il credito azionato è stato riconosciuto in via chirografaria per € 387.897,60.

Proposta opposizione allo stato passivo, il Tribunale di Ivrea l'ha rigettata osservando che la descrizione del lavoro svolto dall'opponente rientra perfettamente nell'ambito della qualifica di amministratore delegato. Le deposizioni testimoniali non hanno evidenziato un assoggettamento dell'amministratore delegato agli altri membri del consiglio di amministrazione operanti in Francia. La sentenza del tribunale di Roubaix (non prodotta da alcuna delle parti) di fallimento non ha valore di giudicato e si limita a indicare come centro principale degli interessi la sede francese. La circostanza che tale sede prendesse decisioni strategiche vincolanti per l'Italia non esclude l'autonomia della sede italiana e dell'attività dell'amministratore delegato. Anche la presenza dell'amministratore delegato in sede, se messa in correlazione con l'elevatissimo compenso pattuito per le mansioni da svolgere all'interno del consiglio di amministrazione, costituisce una circostanza neutra ai fini della individuazione di un rapporto di lavoro subordinato in ordine al compenso all'amministratore delegato.

Quanto alla quantificazione del credito e alla sua qualificazione la Corte ne statuisce la natura chirografaria, alla luce della giurisprudenza di legittimità in ordine al compenso all'amministratore delegato.

Si tratta di una prestazione non inquadrabile né nella prestazione d'opera intellettuale, né nel contratto d'opera ex art. 2222 cod. civ. non avendo ad oggetto la realizzazione di un prevedibile risultato con la conseguente sopportazione del rischio. Peraltro la funzione di amministratore porta ad escludere il privilegio anche per una ragione di equità : chi ha concorso a provocare la crisi d'impresa non può essere privilegiato rispetto agli altri creditori. L'attività di gestione non è riducibile a nessuno dei modelli indicati, essendo caratterizzata dai poteri organizzativi autonomi dei fattori di produzione.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il C.. Ha resistito con controricorso il fallimento. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

Nel primo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 2094 cod. civ. per avere il Tribunale ritenuto che le attività svolte dal ricorrente fossero tutte riconducibili all'interno della funzione gestoria connessa alla qualità di amministratore delegato, risultando, invece, evidente dall'esame delle mansioni svolte così come descritte nell'amplissima delega ad esso conferita e dall'istruttoria eseguita, la natura subordinata del rapporto. L'assunzione di tale funzione all'interno dell'organizzazione della società non esclude la coesistenza di un rapporto di lavoro subordinato a contenuto dirigenziale.

Nel secondo motivo la medesima censura è prospettata sotto il profilo della violazione dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. e si concentra sulla critica della selezione e valutazione delle risultanze istruttorie (ed in particolare delle deposizioni testimoniale) svolta nel provvedimento impugnato.

Le censure sono entrambe inammissibili. Nella prima, nonostante la qualificazione formale di vizio di violazione di legge viene contestata la riconduzione della complessiva attività svolta dal ricorrente, sotto il duplice profilo del contenuto della delega e delle risultanze istruttorie, all'interno della funzione gestoria. Nella seconda, si contesta la selezione e la valutazione delle risultanze istruttorie da parte del giudice del merito. In entrambe le censure, di conseguenza, si intende colpire l'accertamento e la valutazione, insindacabile, in quanto fondata su ampia e completa giustificazione delle ragioni della conclusione adottata, dei fatti acquisiti al giudizio, comprensivi anche dell'esame della delega così come contenuto nello statuto della società fallita. A tale ultimo riguardo non è puntuale il richiamo, contenuto nella memoria di parte ricorrente, alle sentenze di questa Corte 6/11/2013 n. 24972; 22/3/2013 n. 7312 e 1/8/2013 n. 18414, in quanto non è in discussione, nel presente giudizio l'astratta possibilità che un organo di persona giuridica, salvo che non sia amministratore unico, possa essere vincolato all'ente da un rapporto di lavoro subordinato o la non esaustività del contenuto formale della delega, ma, al contrario, come ribadito costantemente da questa Corte, la valutazione concreta ed effettiva dell'attività svolta al fine della corretta qualificazione giuridica della stessa (exmultis Cass. 28/6/2004 n.11978; 17/2/2000 n. 1791; del 2000), la quale costituisce insindacabile accertamento di fatto (Cass. 24/5/2000 n. 6819) ove adeguatamente giustificata, come nella specie. Il Tribunale ha ritenuto al riguardo l'onere della prova incombente in via esclusiva sul ricorrente. (Cass. n. 24792 del 2013).

L'inammissibilità si estende anche alla contestazione relativa alla selezione e valutazione delle risultanze istruttorie svolta nel provvedimento impugnato, trattandosi di giudizio del tutto insindacabile ove, come nella specie, adeguatamente giustificato. (Cass. 27/7/2006 n. 17145; 28/1072009 n. 22801; 4/372011 n. 5241).

Nel terzo motivo viene dedotto il vizio di omessa pronuncia in ordine alla violazione dell'art. 61 del d.lgs n. 276 del 2003 per non avere il Tribunale affrontata la questione prospettata in via subordinata dal ricorrente ed avente ad oggetto la qualificazione dell'attività svolta dal C. come di collaborazione coordinata e continuativa senza la preventiva indicazione di uno specifico progetto.

Tale attività secondo il citato art. 61, da porre in correlazione con l'art. 69 conduce alla riqualificazione dell'attività come di lavoro subordinato.

La censura è manifestamente infondata. In primo luogo la parte ricorrente non ha neanche dedotto che il rapporto tra la società francese e quella italiana fosse riconducibile, tecnicamente, a quella tra controllante e controllata, cui si applica in via esclusiva la disciplina normativa invocata. Correlata a tale carenza deve riscontrarsi l'omessa deduzione e allegazione dell'esistenza di un rapporto di lavoro con la società controllante. Infine, il provvedimento impugnato, avendo accertato insindacabilmente che l'attività del C., così come emersa dalle complessive risultanze istruttorie, è pienamente ed esaustivamente riconducibile a quella gestoria, coerentemente con la funzione di amministratore delegato svolta dal ricorrente, ha fornito una risposta anche al profilo subordinato di censura di cui si lamenta l'omissione (Cass. 2/12/2014 n. 25509). Dall'accertamento svolto, in conclusione, risulta esclusa l’inquadrabilità dell'attività svolta dal ricorrente, così come accertata, nell'attività di collaborazione coordinata e continuativa o in qualsiasi altra forma di rapporto lavorativo anche di natura autonoma, così escludendosi la ricorrenza del presupposto fattuale per l'applicazione della normativa invocata.

Nel quarto motivo viene dedotta la violazione dell'art. 2751 bis n. 2 cod. civ. per non aver riconosciuto il privilegio conseguente all'inquadramento dell'attività svolta da C. all'interno del contratto d'opera o della prestazione d'opera intellettuale, dal momento che la tradizionale distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato (quest'ultima propria della funzione gestoria) trascura elementi obiettivi in continuo divenire quali le nuove forme di compenso premiale (stock options e managment by obiectives) che caratterizzano anche rapporti di lavoro ma ripetitivo anche se formalmente rivolto alla prestazione d'opera.

La censura è manifestamente infondata alla luce dell'indirizzo del tutto consolidato di questa Corte ribadito anche di recente, secondo il quale:

"Il credito costituito dal compenso in favore dell'amministratore di società, anche se di nomina giudiziaria, non è assistito dal privilegio generale di cui all'art. 2751 bis, n. 2, cod. civ., atteso che egli non fornisce una prestazione d'opera intellettuale, né il contratto tipico che lo lega alla società è assimilabile al contratto d'opera, di cui agli artt. 2222 e ss. cod. civ. non presentando gli elementi del perseguimento di un risultato, con la conseguente sopportazione del rischio, mentre l'"opus" (e cioè l'amministrazione) che egli si impegna a fornire non è, a differenza di quello del prestatore d'opera, determinato dai contraenti preventivamente, né è determinabile aprioristicamente, identificandosi con la stessa attività d'impresa. (Cass.27/2/2014 n. 2729; cui adde 18/5/2007 n. 11652; 24/4/2004 n. 9911).

Nella specie, peraltro, il Tribunale ha, in concreto, ricondotto l'attività svolta dal ricorrente esclusivamente alla funzione gestoria, così escludendo anche mediante il proprio insindacabile accertamento di fatto, l'inquadramento della stessa nelle fattispecie indicate dall'art. 2751 bis n. 2 cod. civ.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio in favore della parte controricorrente da liquidarsi in E 8000 per compensi; E 200 per esborsi oltre accessori di legge.