Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 aprile 2019, n. 10711

Dichiarazioni dei redditi - Accertamento - Studi di settore - Contraddittorio endoprocedimentale - PVC - Contenzioso tributario

 

Rilevato che

 

1. L'Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti di W. D'A., titolare della ditta ABC, per l'anno 2005, mediante l'utilizzo degli studi di settore.

2. La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso del contribuente, in quanto, benché il comportamento del contribuente potesse sembrare antieconomico, tuttavia la condotta era volta a mantenere in vita un'azienda e la sua manodopera, "caratterizzata da affidabili dipendenti in vista di una ipotetica ripresa economica".

3. La Commissione tributaria regionale accoglieva l'appello del contribuente, rilevando che non era necessaria la redazione di un preventivo processo verbale di constatazione, che non vi era una norma generale che imponesse il preventivo contraddittorio endoprocedimentale, e che, nel merito, sussistevano più elementi oltre alla antieconomicità della gestione dell'impresa per ritenere fondato l'operato dell'ufficio.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente.

5. L'Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce "violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alle disposizioni di cui al d.lgs. 546/1992. Violazione e falsa applicazione art. 12 legge 212/2000", in quanto, ai sensi dell'art. 12 comma 7, l'Agenzia avrebbe dovuto redigere un processo verbale di constatazione prima della emissione dell'avviso di accertamento. La Commissione regionale ha ritenuto che la mancanza di un preventivo processo verbale di constatazione non rende nullo l'atto impugnato. Al contrario, secondo il ricorrente, era necessario redigere il preventivo processo verbale di constatazione, con il necessario rispetto anche del termine dilatorio di sessanta giorni.

2. Con il secondo motivo di impugnazione il contribuente deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 360 c.p.c. per omesso esame circa fatti decisivi per la definizione del giudizio", in quanto la Commissione regionale non ha esaminato la documentazione prodotta nel corso del giudizio, attestante il grave stato di indebitamento della ditta ABC (bilancio societario relativo all'anno 2005 atti pubblici di alienazione di due terreni, sottoscrizione nel 2004 di un mutuo per € 50.000,00, riscatto in data 10-5-2005 di una polizza personale di € 15.418,00, smobilizzo in data 18-5-2005 della somma di € 10.493,0, sottoscrizione di un contratto di finanziamento per € 25.000,00 in data 17-10-2005, smobilizzo in data 24-10-2005 della somma di € 10.350,00, smobilizzo in data 4-7-2005 della somma di € 15.998,00. Se, infatti, il contribuente avesse conseguito ricavi maggiori rispetto a quelli dichiarati non avrebbe contratto mutui e finanziamenti, né avrebbe alienato terreni, né avrebbe provveduto a disinvestire i propri risparmi. Tali documenti dimostrano le gravi difficoltà economiche della ditta nel periodo oggetto di verifica.

2.1.Il secondo motivo, che va esaminato preliminarmente per ragioni logiche, è fondato.

2.2.Invero, costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato quello per cui la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è "ex lege" determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli "standards" in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L'esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli "standards" al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli "standards", dando conto dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all'invito (Cass., sez.un., 18 dicembre 2009, n. 26635; Cass., 20 lugio 2017, n. 21754).

2. 3.Tuttavia, nella specie, il contribuente ha indicato analiticamente tutta una serie di elementi probatori idonei, in astratto, a confutare i risultati emersi dagli studi di settore, costituiti da: bilancio societario relativo all'anno 2005, atti pubblici di alienazione di due terreni, sottoscrizione nel 2004 di un mutuo per € 50.000,00, riscatto in data 10-5-2005 di una polizza personale di € 15.418,0, smobilizzo in data 18-5-2005 della somma di € 10.493,00, sottoscrizione di un contratto di finanziamento per € 25.000,00 in data 17-10-2005, smobilizzo in data 24-10-2005 della somma di € 10.350,00, smobilizzo in data 4-7-2005 della somma di € 15.998,00.

La Commissione regionale, invece, ha omesso del tutto di esaminare la documentazione che risulta decisiva per la soluzione della controversia, incorrendo, quindi, nel vizio di cui all'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., nella nuova formulazione di cui al d.l. 83/2012.

La Commissione, infatti, si è limitata laconicamente ad affermare che "sussistono più elementi oltre alla antieconomicità della gestione dell'impresa che inducono a ritenere fondato l'operato dell'Ufficio", quindi con una motivazione meramente apparente ed apodittica, senza la doverosa analisi degli elementi decisivi addotti dal contribuente per dimostrare che le risultanze degli studi di settore non potevano essere applicate alla concreta realtà aziendale dell'impresa da lui gestita.

3.Il primo motivo è manifestamente infondato.

3.1. Infatti, per questa Corte, in tema di accertamento standardizzato mediante parametri e studi di settore, il termine previsto dall'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che deve necessariamente intercorrere tra il rilascio al contribuente del verbale di chiusura delle operazioni (accessi, ispezioni o verifiche eseguite nei locali destinati all'esercizio dell'attività) e l'emanazione del relativo avviso di accertamento, non è applicabile, essendo già prevista, a pena di nullità, una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e l'interlocuzione del contribuente prima dell'emissione dell'accertamento (Cass., 7960/2014; Cass., 30370/2017; Cass., 12020/2018).

4. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Commissione regionale del Molise, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo; rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione regionale del Molise, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.