Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 gennaio 2017, n. 800

Licenziamento disciplinare - Illegitimità - Reintegra - Trasferimento per ragioni tecnico-produttive - Rifiuto di riprendere prestazione in altra sede

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza depositata il 12.3.14 la Corte d'appello di Campobasso rigettava il gravame di Poste Italiane S.p.A. contro la sentenza del Tribunale della stessa sede che, dichiarato illegittimo il licenziamento disciplinare intimato il 6.7.07 ad A. S., la aveva condannata a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro, con le conseguenze economiche di cui all'art. 18 legge n. 300/70.

Tale licenziamento disciplinare era stato intimato a cagione del rifiuto del dipendente di riprendere servizio in una sede (Cerignola) diversa da quella (Termoli) presso la quale era stato ordinato il ripristino del rapporto di lavoro da altra precedente sentenza (n. 46/2007 del Tribunale di Campobasso) sul presupposto della nullità del termine a suo tempo pattuito nel contratto di lavoro stipulato fra le stesse parti per il periodo 4.6-30.9.2001.

Per la cassazione della sentenza della Corte di merito ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a sei motivi.

A. S. resiste con controricorso.

Le parti depositano memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1.1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 e 2697 c.c., dell'Accordo Quadro 29.7.04 e dell'art. 37 CCNL del 2003, atteso che il datore di lavoro, anche in presenza d'un ordine giudiziale di reintegra o di riammissione in servizio del lavoratore, conserva il diritto di disporne ex art. 2103 c.c. il trasferimento altrove ove ne sussistano ragioni tecnico-produttive; nel caso di specie - prosegue il ricorso - la società aveva comunicato al Centro per l'Impiego di Campobasso che A. S. era comunque assunto a tempo indeterminato a Termoli, ma in forza di apposita procedura prevista dal cit. Accordo Quadro era stata verificata l'assenza di posti disponibili in tale sede (eccedentaria dal punto di vista del personale impiegatovi), di guisa che la società aveva disposto il trasferimento del lavoratore a Cerignola. Pertanto, il dipendente non poteva sollevare l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. e rifiutare il trasferimento.

1.2. Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 416 e 112 c.p.c., avendo la Corte territoriale respinto l'appello di Poste Italiane nonostante che A. S. non avesse contestato i dati, offerti dalla società, relativi alle sedi disponibili e a quelle eccedentarie.

1.3. Il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell'Accordo Quadro 29.7.04 e del verbale di accordo del 15.10.04, che - sostiene la ricorrente - non  hanno natura dispositiva dei diritti del lavoratore, ma semplicemente regolamentano le modalità di esercizio del potere datoriale di procedere al trasferimento dei propri dipendenti.

1.4. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1460, 2104 e 2105 c.c. e dell'art. 51 CCNL del 2003, per avere la sentenza impugnata considerato giustificata l'eccezione di inadempimento sollevata dal lavoratore a fronte della sua destinazione a Cerignola, vuoi perché la società non era stata inadempiente (ma si era limitata ad esercitare il proprio potere organizzativo), vuoi perché, comunque, ove mai si fosse ravvisato un inadempimento datoriale, la reazione del lavoratore sarebbe stata sproporzionata.

1.5. Con il quinto motivo ci si duole di violazione dell'art. 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sulle istanze istruttorie avanzate da Poste Italiane.

1.6. Con il sesto motivo si lamenta violazione dell'art. 112 c.p.c. nella parte in cui l'impugnata sentenza non si è pronunciata sulle eccezioni di aliunde perceptum e percipiendum e sulla richiesta di convertire il licenziamento, intimato per giusta causa, in uno per giustificato motivo soggettivo.

2.1. Il primo motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa S.C. (cfr., ex aliis, Cass. n. 11927/13; Cass. n. 27844/09; Cass. n. 14142/02; Cass. n. 12123/02) l'ottemperanza del datore di lavoro all'ordine giudiziale di reintegrazione implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente illegittimamente licenziato, la cui riammissione in servizio deve quindi avvenire nel luogo e nelle mansioni originarie. È, però, possibile per il datore di lavoro disporne il successivo trasferimento ad altra unità produttiva, purché ciò sia giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

Ne consegue che il trasferimento del lavoratore al di fuori di tali condizioni, integrando un inadempimento contrattuale da parte del datore di lavoro, è nullo e giustifica, sia quale attuazione dell'eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c. sia in considerazione dell'inidoneità a produrre effetti da parte degli atti nulli, il rifiuto del dipendente di assumere servizio nella sede diversa cui sia stato destinato.

D'altronde - è appena il caso di aggiungere - reintegrare un dipendente nel posto di lavoro non si esaurisce nel mero reiscriverne il nominativo nel libro  unico del lavoro (LUL), ma nel farlo tornare nella postazione di lavoro, all'interno dell’azienda, che ricopriva prima di essere licenziato.

Ciò detto, dalla sentenza impugnata non risultano i necessari accertamenti affinché possa valutarsi come legittima o meno l'eccezione di inadempimento sollevata dall'odierno controricorrente.

Tali accertamenti riguardano: l'essere stato A. S. inizialmente riammesso (come sostiene Poste Italiane) o non presso la sede di Termoli e il ricorrere o meno della prova delle ragioni tecniche, organizzative e produttive del suo successivo trasferimento a Cerignola.

In assenza di tali verifiche non è possibile stabilire a priori - come, invece, ha fatto la sentenza impugnata - la legittimità o l'illegittimità della condotta aziendale e, di conseguenza, l'illegittimità o la legittimità dell'eccezione di inadempimento sollevata ex art. 1460 c.c. dal lavoratore.

2.2. L'accoglimento del primo motivo assorbe la disamina delle restanti censure.

3.1. In conclusione, va accolto il primo motivo, con assorbimento delle restanti censure. Per l'effetto, si cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bari, che dovrà accertare se A. S. era stato materialmente riammesso nell'originario posto di lavoro di Termoli e, in caso di risposta affermativa, se il suo successivo trasferimento a Cerignola era assistito da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo, dichiara assorbite le restanti censure, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bari.