Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 settembre 2018, n. 22210

Fallimento - Cooperative e consorzi - Notificazione a mezzo PEC - Quote di contribuzione ai costi di gestione - Crediti d’impresa

Fatti di causa

1. - Con decreto depositato in cancelleria il 13 maggio 2014 il Tribunale di Spoleto accoglieva l'opposizione ex art. 98 I. fall. di S. soc. coop. e ammetteva, in via privilegiata, a norma dell'art. 2751 bis c.c., al passivo del fallimento D.M. soc. consortile a r.I., il credito vantato dall'opponente per complessivi € 967.992,80; lo stesso Tribunale compensava inoltre le spese processuali.

2. - Con un unico motivo di impugnazione ricorre per cassazione contro il detto decreto la curatela fallimentare di D.M..

S. resiste con controricorso e ricorre in via incidentale con una impugnazione fondata pure su di un motivo. Parte ricorrente ha fatto pervenire memoria illustrativa oltre il termine di legge.

 

Ragioni della decisione

 

1. - Il ricorso principale denuncia carenza di motivazione e violazione dell'art. 2751 bis, n. 5 c.p.c.. Rileva l'istante che il credito oggetto di opposizione aveva ad oggetto quote di contribuzione ai costi di gestione per gli anni 2007 e 2008, come si poteva leggere nel decreto impugnato; osserva il ricorrente che il privilegio di cui alla norma citata assisteva non tutti i crediti dell'impresa, ma solo quelli per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti.

Col ricorso incidentale Sigma lamenta la violazione dell'art. 91 c.p.c.. Si duole, in sintesi, della mancata applicazione del principio di soccombenza ai fini della regolamentazione delle spese del giudizio di opposizione.

2. - Il ricorso è anzitutto ammissibile.

Il provvedimento impugnato reca annotazione della cancelleria datata 3 ottobre 2014, in cui si dà atto dell'avvio della notificazione del decreto «a mani» del difensore del fallimento (non essendo stato possibile provvedere alla comunicazione dell'atto stesso a mezzo PEC, risultando il professionista sprovvisto di un indirizzo telematico). Non consta documentazione, allegata al ricorso, dell'intervenuta comunicazione del provvedimento, ma il ricorso per cassazione risulta avviato alla notifica il 31 ottobre 2014. Vero è che il deposito della copia autentica del decreto decisorio dell'opposizione allo stato passivo non corredata della prova  della sua notificazione o della sua comunicazione ex art. 99, ultimo comma, I. fall., quando queste ultime siano state espressamente allegate, determina, per regola, l'improcedibilità del relativo ricorso, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. (Cass. 16 maggio 2016, n. 9987): questo effetto non si determina, tuttavia, ove dalla copia del provvedimento impugnato oggetto di deposito risulti che la cancelleria ha dato corso alla comunicazione, poi conclusasi con successo, nei trenta giorni anteriori all'avvio della notifica del ricorso, dal momento che in tale ipotesi, risultando comprovata la tempestività dell'impugnazione, non é impedita la verifica di essa: attività, quest'ultima, cui è preordinato l'adempimento dell'incombente consistente nel deposito della relazione di notificazione del provvedimento impugnato. In tema, con riguardo a una fattispecie che presenta elementi di similitudine con quella in esame, può del resto menzionarsi la giurisprudenza di questa S.C. che reputa procedibile il ricorso per cassazione nei casi in cui, in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, comunque risulti che la notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2015, n. 18645; Cass. 10 luglio 2013, n. 17066).

La controricorrente ha pure eccepito l'inammissibilità del motivo di ricorso avendo riguardo alla enunciazione della censura, in cui sono cumulati il vizio motivazionale e quello fondato sulla violazione dell'art. 2751 bis, n. 5 c.c.. La deduzione è tuttavia priva di fondamento: il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d'inammissibilità dell'impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l'esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. Sez. U. 6 maggio 2015, n. 9100). Ebbene, per quanto qui rileva, la doglianza incentrata sulla violazione dell'art. 2751 bis, n. 5 c.c. è espressa in modo comprensibile ed esauriente.

Che detta doglianza presenti carattere di novità e sia, quindi inammissibile in sede di legittimità è poi chiaramente escluso giacché della relativa questione si è occupato il giudice dell'opposizione, disattendendo la contestazione svolta, al riguardo, dal fallimento.

3. - La censura in esame, oltre ad essere ammissibile, è poi fondata.

Il Tribunale ha infatti riconosciuto il privilegio senza valutare se la natura dei crediti fatti valere, costituiti per la massima parte da «quote di contribuzione dei costi di gestione», rientrassero nella fattispecie astratta enucleata dalla norma. Va qui ricordato, in particolare, come la previsione di cui al n. 5 dell'art. 2751 bis c.c., che persegue lo scopo di agevolare le cooperative di produzione e lavoro nella realizzazione dei crediti collegati prevalentemente alla prestazione di un'attività lavorativa diretta da parte dei soci, attribuisca il privilegio generale sui mobili a favore non di tutti i crediti delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, ma soltanto - e sul punto la disposizione è insuscettibile di interpretazione analogica (Cass. 26 agosto 2005, n. 17396) - di quelli per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti (Cass. 27 marzo 1995, n. 3592).

4. - La sentenza va quindi cassata.

5. - Resta conseguente assorbito il ricorso incidentale.

6. - Il giudice del rinvio, cui è demandata la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, dovrà fare applicazione del seguente principio di diritto: «L'art. 2751 bis c.c., che persegue lo scopo di agevolare le cooperative di produzione e lavoro nella realizzazione dei crediti collegati prevalentemente alla prestazione di un'attività lavorativa diretta da parte dei soci, attribuisce privilegio generale sui mobili a favore non di tutti i crediti delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, ma soltanto di quelli per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti».

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Spoleto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.