Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 marzo 2017, n. 5278

Esposizione all'amianto - Contribuzione - Rivalutazione - Presentazione della domanda amministrativa

 

Fatti del processo

 

Con ricorso alla Corte di Appello di Firenze del 7.5.2010 il ricorrente E.B. chiedeva la revocazione della sentenza della stessa Corte in data 21-27.4.2009 (nr. 587/2009), con la quale, in accoglimento dell'appello dell'INPS, era stata dichiarata la decadenza dalla azione giudiziaria per l'accertamento del diritto dell'assicurato alla rivalutazione dei contributi accreditati ex art. 13 comma 8 L. 257/1992.

Deduceva la sussistenza di un errore di fatto revocatorio: la sentenza era fondata sull'erroneo presupposto della presentazione della domanda amministrativa all'INPS per la rivalutazione dei contributi in data 9.4.1996 laddove la domanda proposta in tale data non era quella all'INPS ma la domanda all'INAIL per il rilascio della certificazione di esposizione all'amianto.

La domanda amministrativa, invece, non era stata mai presentata sicché la azione giudiziaria avrebbe dovuto essere dichiarata improponibile e non già respinta.

La Corte territoriale, con sentenza del 26-30.11.2010 (nr. 1510/2010), rigettava la domanda di revocazione.

Rilevava che la circostanza della presentazione della domanda amministrativa in data 9.4.1996 era stata accertata nella sentenza impugnata in ragione delle allegazioni contenute nello stesso ricorso introduttivo della lite, nel quale il ricorrente dichiarava di «avere inoltrato apposito richiesta in data 9.4.1996 di accredito di tali contributi figurativi» nonché della condotta processuale delle parti.

In particolare l'INPS, che in primo grado aveva dedotto la assenza della domanda amministrativa e la improponibilità della domanda, aveva proposto appello unicamente in punto di intervenuta decadenza dalla azione giudiziaria, dando così per ammessa la circostanza della presentazione della domanda amministrativa allegata nel ricorso introduttivo della lite.

Soltanto nel giudizio di revocazione il lavoratore per la prima volta dichiarava di non avere mai presentato domanda all'INPS.

La decisione impugnata non era fondata sull'erroneo esame di un documento di causa ma sui principi processuali in tema di oneri di allegazione, di contestazione, di specificità dei motivi di gravame, decadenze processuali per la modifica delle allegazioni e la introduzione di nuove allegazioni; la revocazione richiedeva, invece, che un fatto decisivo assunto in sentenza fosse pacificamente escluso in causa.

Per la Cassazione della sentenza ricorre E.B., articolando tre motivi.

Resiste l'INPS con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha dedotto - ai sensi dell'articolo 360 co. 1 nr. 5 cpc - omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Ha dedotto che la statuizione impugnata dava per accertati fatti tutt'altro che pacifici.

La sentenza affermava essere «noto» che la domanda di accredito dei contributi fosse quella proposta all'INPS; in realtà non vi era un fatto noto giacché la domanda di accredito della contribuzione figurativa ben poteva essere presentata all'INAIL in vista dell'ottenimento della certificazione propedeutica alla successiva domanda all'INPS, come nella specie avvenuto.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunziato - ai sensi dell'articolo 360 co.1 nr. 5 cpc - omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Ha dedotto che la sentenza, piuttosto che compiere un giudizio revocatorio, aveva articolato una nuova motivazione circa la avvenuta presentazione della domanda amministrativa, sostitutiva della motivazione della sentenza revocanda.

3. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto - ai sensi dell'articolo 360 co.1 nr. 3 cpc - violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'articolo 395 nr. 4 cpc.

La censura investe la statuizione secondo cui la presentazione della domanda amministrativa era stata accertata anche in forza della condotta processuale delle parti e dei principi in tema di allegazione e contestazione dei fatti nel processo nonché di specificità dei motivi di impugnazione.

Il ricorrente ha esposto che la sentenza revocanda si limitava ad affermare la avvenuta presentazione nell'anno 1996 della domanda amministrativa, senza esplicitare la motivazione, poi svolta soltanto nella sentenza sulla domanda di revocazione.

In violazione dell'articolo 395 nr. 4 cpc la sentenza aveva omesso l'esame del fatto erroneamente supposto nella sentenza impugnata in contrasto con i documenti di causa, e, piuttosto, proposto una nuova motivazione, sostitutiva di quella della sentenza da revocare.

I tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.

La sentenza oggetto della revocazione (sentenza della Corte d'appello di Firenze nr. 587/2009) ha dichiarato la decadenza del B. dalla azione giudiziaria muovendo dalla data da lui stesso precisata nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado e richiamata dall’istituto previdenziale appellante, intesa come data di presentazione della domanda amministrativa ( pagina 5 della sentenza, in fine).

In particolare, nel ricorso originario (ricorso del 20.3.2004) il B. affermava di «avere inoltrato apposita richiesta in data 9.4.1996 di accredito di tali contributi figurativi».

Correttamente, dunque, la sentenza in questa sede impugnata (sentenza della Corte di appello di Firenze nr. 1510/2010 nel giudizio di revocazione) ha affermato che l'errore di fatto dedotto dall'impugnante - il quale allegava che la domanda presentata in data 9.4.1996 non era la domanda amministrativa ma la domanda per il rilascio della certificazione INAIL di esposizione ad amianto -, non configura un errore revocatorio.

Ricorre una ipotesi di revocazione ai sensi dell'art. 395 nr. 4 cod. proc. civ. quando la affermazione di un fatto sia in contrasto con le evidenze di causa e sia dunque il frutto di un errore materiale palese. Quando invece il giudice abbia operato una valutazione degli atti di causa ovvero quando l'errore non sia evidente non vi è un vizio revocatorio ma una attività di valutazione del fatto censurabile unicamente ai sensi dell'art. 360 nr. 5 cod. proc. civ.

In particolare, l’apprezzamento del giudice del merito che abbia ritenuto pacifica e non contestata una circostanza di causa configura un travisamento, denunciabile solo con istanza di revocazione, ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c. qualora sia fondato sulla mera assunzione acritica di un fatto mentre è sindacabile in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, ove si ricolleghi ad una valutazione ed interpretazione degli atti del processo e del comportamento processuale delle parti (in termini: Cass. sez. IlI 14 marzo 2016 nr. 4893; sez. II, 14 novembre 2012, n. 19921; sez. lav., 14 febbraio 1983, n. 1145).

Nella fattispecie di causa il giudice del merito ha interpretato la allegazione del ricorrente di avere presentato «richiesta in data 9.4.1996 di accredito di tali contributi figurativi» nel senso della presentazione a quella data della domanda amministrativa all'INPS.

Trattasi di una attività di valutazione delle dichiarazioni della parte censurabile non sotto il profilo del travisamento del fatto ma del vizio di interpretazione dell'atto processuale e, dunque, di un vizio deducibile unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione ex art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.

La sentenza è dunque immune dalle censure articolate, in punto di diritto, con il terzo motivo di ricorso.

Le censure svolte sotto il profilo del difetto di motivazione con il primo ed il secondo motivo non colgono nel segno.

L'oggetto della denunzia è infatti la mancata sussunzione del vizio denunziato, correttamente inteso nella sentenza impugnata, nella norma di cui all'art. 395 nr.4 cod.proc.civ.

Trattasi di un errore di diritto (e non di un errore sul fatto), rispetto al quale la motivazione svolta nella sentenza impugnata resta priva di rilievo, atteso che in relazione ad una questione la cui soluzione dipende esclusivamente dall'interpretazione ed applicazione di atti normativi la cognizione del giudice di legittimità investe direttamente le disposizioni, senza il «filtro» rappresentato dalla motivazione della sentenza impugnata.

Ciò si argomenta agevolmente dal disposto dell'art. 384, secondo comma, c.p.c., secondo cui ove il giudice del merito abbia correttamente deciso le questioni di diritto sottoposte al suo esame, ancorché difetti la motivazione o questa sia comunque inadeguata, illogica o contraddittoria, la Corte di cassazione ha il potere di sostituirla, integrarla o emendarla, (vedi, per tutte, Cass. 4593/2000, 19/2002; Cass., sez. un., 261/2003).

Il ricorso deve essere pertanto respinto.

Le spese si compensano tra le parti per l'esito alterno del giudizio nelle fasi di merito.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Compensa le spese.