Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 marzo 2017, n. 7182

Prestazioni assistenziali - Pensione di vecchiaia - Opposizione al decreto ingiuntivo INPS - Procura alle liti conferita all'estero

 

Fatti del processo

 

La Corte d'appello di Roma con la sentenza impugnata ha rigettato l'impugnazione proposta da L. R. nei confronti dell'I.N.P.S. avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 3 aprile 2008. Il Tribunale aveva definito il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei confronti dell'INPS per ratei di pensione di vecchiaia ed interessi dichiarando inammissibile il ricorso per decreto ingiuntivo per mancanza di valida procura alle liti.

Riteneva la Corte territoriale, confermando le motivazioni del primo giudice, che la procura alle liti conferita all'estero fosse nulla essendo priva tanto della legalizzazione della firma quanto della formalità della <apostille>.

Avverso tale sentenza L. R. ricorre per cassazione con un motivo. L'I.N.P.S. ha depositato procura.

La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1. Questioni preliminari.

1.1. L. R. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. nella quale ha affermato la tesi secondo cui, nonostante " il libello introduttivo" sia stato azionato in forza di procura notarile croata non munita di <apostille>, tale circostanza sarebbe stata sanata per effetto dell'ingresso della repubblica Croata nell'Unione Europea, avendo l'Italia aderito alla Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987 con legge n. 106/1990.

Inoltre ha avanzato istanza di annullamento della sentenza impugnata in riferimento alla mancata applicazione, da parte della Corte d'appello, del disposto dell'art. 182 c.p.c. alla fattispecie in esame, richiamando la recente giurisprudenza di questa Corte in materia di inesistenza o di mancata produzione in giudizio del negozio rappresentativo; in caso contrario, ha fatto istanza di rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374 c.p.c. in relazione all'applicazione del disposto dell'art. 182 secondo comma c.p.c., come modificato dall'art. 46 comma 2 della legge n. 69/2009, anche ai giudizi iniziati prima del 4 luglio 2009, ovvero che il procedimento venga riunito a quello in relazione al quale era stata emessa ordinanza di rimessione alle Sezione Unite n . 1081/2016.

1.2. Tutte le richieste contenute nella memoria, diverse dalla prospettazione dello ius superveniens costituito dagli effetti derivanti dall'ingresso della Repubblica croata tra i paesi dell'Unione europea che attiene al motivo di ricorso, devono ritenersi inammissibili in quanto legate alla valutazione di un motivo di ricorso per cassazione (violazione dell'art. 182 c.p.c. nella formulazione introdotta con I. n. 69/2009) non presente nel ricorso per cassazione proposto dalla parte, neanche attraverso la semplice prospettazione delle questioni priva di esplicita intitolazione. Nel giudizio civile di legittimità, con le memorie di cui all'art. 378 c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l'atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie, non è possibile specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non siano state adeguatamente prospettate o sviluppate con l'atto introduttivo, e tanto meno, dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito (tra le tante, Cass. SSUU 11097/2006, Cass. 18195/2007; Cass. 26670/2016).

2. Con l'unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 83 cod. proc. civ. e della legge n. 1253 del 1966. Lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto necessaria la legalizzazione da parte di autorità consolare italiana laddove, come nella specie, la procura sia stata conferita da notaio in paese aderente alla convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 ed altresì che abbia ritenuto nulla procura sulla base della posteriorità della <apostille>.

2.1. Afferma la parte ricorrente di produrre, unitamente al ricorso per cassazione, "la procura munita di apostille". Detta procura, però, non risulta riportata nel ricorso medesimo, né è indicata tra gli atti che si affermano depositati in questa sede di legittimità. Peraltro non sarebbe possibile attribuirvi un effetto sanante posto che le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente ribadito che il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'art. 125 cod. proc. civ., (Cass., S.U., n. 13431 del 2014; Cass. n. 9464 del 2012). Inoltre, nella sentenza da ultima citata le Sezioni Unite hanno precisato che tale regola mantiene valore anche dopo la modifica degli artt. 83 e 182 cod. proc. civ., introdotta dalla L. n. 69 del 2009.

2.2. Sostiene, inoltre, la parte ricorrente che la Corte territoriale abbia errato nel ritenere necessaria la legalizzazione da parte di autorità consolare italiana laddove, come nella specie, la procura sia stata conferita da notaio in paese aderente alla convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 ed altresì che abbia ritenuto nulla la procura sulla base dell'assenza della <apostille>.

2.3. Questa Corte, proprio in svariate fattispecie relative a procura rilasciata all'estero al medesimo difensore (Cass. 12449/2015; 7321/2015; 7320/2015), ha affermato in più occasioni che non rileva che all'estero sia stata rilasciata procura notarile, essendosi affermato (Cass. n. 27282 del 14/11/2008; Cass. n. 15777 del 2014) che : "Ai sensi della Convenzione sull'abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata a l'Aja il 5 ottobre 1961 e ratificata dall'Italia con L. 20 dicembre 1966, n. 1253, la dispensa dalla legalizzazione è condizionata al rilascio, da parte dell'autorità designata dallo Stato di formazione dell'atto, di apposita apostille, da apporre sull'atto stesso, o su un suo foglio di allungamento, secondo il modello allegato alla Convenzione, con la conseguenza che, in assenza di tale forma legale di autenticità del documento, il giudice italiano non può attribuire efficacia validante a mere certificazioni provenienti da un pubblico ufficiale di uno Stato estero". In quel caso, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto validità ad una procura alle liti, rilasciata su foglio separato e congiunto all'atto di impugnazione, con certificazione della firma a mezzo di un <Notag Publio dello Stato della California priva della validazione mediante <apostille>. Nello stesso senso Cass. n. 4886/2010. Ed ancora le Sez. U, con ordinanza n. 1244 del 23/01/2004 hanno affermato: "Con riguardo a procura alle liti rilasciata all'estero, il requisito della legalizzazione da parte di autorità consolare italiana (di cui alla L. 4 gennaio 1968, n. 15, art. 15, oggi sostituita dal d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in tema di documentazione amministrativa), non è richiesto ove la procura medesima sia stata conferita a mezzo di notaio in Paese aderente alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, resa esecutiva in Italia con la L. 20 dicembre 1966, n. 1253, poiché il relativo atto, di natura sostanziale, rientra tra quelli per i quali detta Convenzione ha abolito l'obbligo della ricordata legalizzazione, nel senso che oggi è sufficiente la formalità della <apostille>".

2.4. Nel caso di specie, dunque, correttamente la Corte di merito ha ritenuto viziata la procura relativa al ricorso per decreto ingiuntivo posto che la <apostille>, lungi dal risultare, come avrebbe dovuto, apposta sull'atto stesso, o su un suo foglio di allungamento, non era mai stata prodotta. Dunque, il motivo è infondato.

2.5. Da ultimo, va osservata l'infondatezza dell'argomentazione addotta nella memoria ex art. 378 c.p.c. relativa ad una asserita efficacia sanante della nullità della procura relativa al giudizio d'appello per effetto dell'ingresso della Croazia fra i paesi dell'Unione Europea, avvenuto il primo luglio 2013, e della convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987 con cui è stata soppressa la legalizzazione degli atti negli stati membri della Comunità europea. Invero, occorre in proposito ricordare che ai sensi dell'art. 12 I. n. 218/1995 il processo civile che si svolge in Italia e regolato dalla legge italiana. Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui proprio ai sensi della L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 12, la procura alle liti utilizzata in un giudizio che si svolge in Italia, anche se rilasciata all'estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana, la quale, laddove consente l'utilizzazione di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, rinvia al diritto sostanziale quanto alla validità del mandato ed sua alla forma, alla stregua della "lex loci"(Cass., 29 aprile 2005, n. 8933; Cass., Sez. un., 5 maggio 2006, n. 10312; Cass., 25 maggio 2007, n. 12309).

La disciplina relativa all'attività processuale strettamente intesa, come emerge da tali pronunce, appartiene al diritto pubblico ed ha carattere territoriale. Vige, dunque, il principio di irretroattività della legge processuale, dal momento che questa Corte ha affermato il principio (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6099 del 12/05/2000) secondo cui in difetto di esplicite previsioni contrarie, il principio dell'immediata applicazione della legge processuale sopravvenuta ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi all'entrata in vigore della legge stessa, alla quale non è dato incidere, pertanto, sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio del "tempus regit actum", dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere. E', dunque, esclusa la possibilità di ravvisare fonti di regolamentazione della materia differenti da quelle, derivanti dagli specifici accordi internazionali in materia sopra individuati ed applicati nella disamina del motivo di ricorso.

2.6. In definitiva, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo tenendo conto che l'INPS ha espletato attività difensiva partecipando alla sola discussione ed in difetto di idonea dichiarazione di esonero sottoscritta dalla parte ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.