Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 gennaio 2019, n. 1384

Inps - Cartella esattoriale - Verbale di accertamento - Disconoscimento del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d'appello di Catania, con sentenze, non definitiva e definitiva, rispettivamente del 20 dicembre 2012 e del 19 marzo 2013, in parziale accoglimento del gravame svolto dalla s.r.l. CO.DO.R, dichiarava non dovuti i crediti portati dalla cartella esattoriale opposta e pretesi dall'INPS, in virtù di verbale di accertamento dell'11 dicembre 2001, maturati in data anteriore al 15 febbraio 1997, e i crediti derivanti dal disconoscimento del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa intercorso con S.S.; applicava, alle violazioni accertate, il regime sanzionatorio previsto, ratione temporis, dal legge n. 662 del 1996 e dalla legge n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. B, per l'evasione; infine, con sentenza definitiva e all'esito di accertamento peritale, dichiarava legittima l'iscrizione a ruolo di cui alle cartelle opposte, limitatamente alla somma di euro 196.647,79.

2. La Corte di merito riteneva:

- nuova la censura, non dedotta in primo grado, di inidoneità, agli effetti interruttivi della prescrizione, della comunicazione del verbale del 2001 ad iniziativa dell'Ispettorato del lavoro, perché non sollevata in primo grado neanche all'esito dell'eccezione di interruzione della prescrizione svolta dall'INPS e, comunque, infondata per costituire il verbale redatto congiuntamente dall’Ispettorato del lavoro, dagli ispettori dell'INPS e dell'INAIL e dalla Polizia Tributaria, con espressa richiesta dei crediti derivanti dalle violazioni accertate, atto di costituzione in mora idoneo a interrompere la prescrizione, a norma dell'art. 2943 cod.civ.;

- trattandosi di crediti inerenti il periodo dal 1996 in poi, trovava applicazione la prescrizione quinquennale, conseguendone la prescritti dei crediti per contributi IVS e SSN fondati su tale verbale e portati dalla cartella opposta, scaduti ed esigibili in data anteriore al 15 febbraio 1997 (quinquennio anteriore alla data di notifica);

- per i contributi SSN derivanti dal verbale ispettivo consegnato al legale rappresentante in data 19 maggio 1995, e relativo agli anni 1993 e 1994, il predetto verbale, redatto anche da ispettori INPS, costituiva procedura iniziata antecedentemente all'introduzione, con legge n.335 del 1995, della prescrizione quinquennale, con conservazione, pertanto, del precedente regime prescrizionale decennale il cui decorso era stato interrotto con diffida dell'INPS, comunicata a mezzo raccomandata del giugno 2000;

- per i contributi relativi al periodo febbraio, giugno, agosto 1994 (nn. da 65 a 70 della cartella) e contributi aprile 1998, gennaio 2000, febbraio 1997 (nn. da 47 a 51 e da 62 a 64 della cartella), derivanti da modelli DM presentati insoluti dalla società e oggetto di diffida da parte dell'INPS (nelle date: 23 aprile 2002 e 8 novembre 2002), non vi era specifico motivo di appello in ordine all'interruzione della prescrizione;

- escludeva la sussistenza di elementi in ordine al disconoscimento del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con S. e dichiarava non dovuti i relativi contributi pretesi dall'INPS;

- quanto al disconoscimento dei contratti di formazione e lavoro, sarebbe stato onere della società fornire la prova della sussistenza dei presupposti fattuali per il diritto ai relativi benefici contributivi, onere rimasto non assolto, in difetto di prova dell'adibizione dei quattro lavoratori alle mansioni indicate in contratto e della formazione teorica impartita;

- quanto alla posizione di D.M.G., la società non aveva neanche prodotto il contratto di lavoro di apprendistato né fornito prova alcuna della sussistenza del diritto all'agevolazione;

- la quantificazione, con il verbale del 2001, dei contributi dovuti per indebita fiscalizzazione derivava dall'aver la società applicato il regime dei benefici previsti per le imprese industriali, pur essendo impresa inquadrata nel ramo terziario, e per l'erogazione ai dipendenti di retribuzioni inferiori ai minimi contrattuali, rilievo, quest'ultimo, avverso il quale non era stato svolto alcun mezzo di gravame, conseguendone, per il valore assorbente della mancata erogazione delle retribuzioni minime previste dal CCNL, il rigetto dell’opposizione sul diritto al recupero degli sgravi indebiti;

- quanto al preteso erroneo inquadramento al fine di godere di sgravi e della fiscalizzazione degli oneri sociali, la società, che gestiva supermercati, nessuna prova aveva fornito di avere svolto anche attività riconducibile al settore manifatturiero-industriale;

- il motivo relativo all'erronea quantificazione delle differenze retributive costituiva motivo nuovo;

- quanto al regime sanzionatorio applicabile, correttamente l'INPS aveva applicato il regime sanzionatorio di cui alla legge n. 662 del 1996 alle violazioni accertate con verbale del 1995, e a seguito di denunce anteriori al 30 settembre 2000 e, per le violazioni accertate con il verbale del 1° dicembre 2001, il regime sanzionatorio introdotto dalla legge n. 388 del 2000, artt. 116, comma 8, lett. B;

- quanto alla fattispecie di evasione, vi rientrava la denunzia di rapporti fittizi qualora tale denunzia falsa fosse espressione di un intento fraudolento, e cioè della volontà di occultare i reali rapporti di lavoro al fine di usufruire di sgravi contributivi non spettanti e, nella specie, l'omissione contributiva si era concretizzata nell'ambito di un disegno unitario posto in essere dalle società del gruppo Despar, attraverso il quale i medesimi lavoratori venivano assunti a turno dalle varie società del gruppo con fittizi contratti di formazione e lavoro, al fine di evadere la contribuzione dovuta, con evidente intento doloso;

3. Avverso tale sentenza ricorre la s.r.l. CO.DO.R, con ricorso affidato a sette censure, cui ha resistito, con controricorso, l'INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a.; la s.p.a. Riscossione Sicilia, già Montepaschi Serit s.p.a.) è rimasta intimata.

 

Ragioni della decisione

 

4. Con i motivi di ricorso la parte ricorrente deduce: violazione degli artt. 2697, 2943, 2938 cod.civ., degli artt. 112, 421, 427 cod.proc.civ., dell’art. 3 legge n. 335 del 1995, per avere la Corte di merito erroneamente attribuito validità di atto interruttivo della prescrizione alla notifica del verbale ispettivo effettuata dal solo ispettorato del lavoro, in riferimento a crediti contributivi vantati dall'INPS, in difetto di prova del conferimento d'incarico al predetto ispettorato per tale adempimento e in difetto di una dichiarazione dell'ente previdenziale di voler beneficiare della notifica del verbale ai predetti fini interruttivi (primo motivo); omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere omesso di esaminare documentazione attestante le modalità dell'attività formativa e le attività svolte dalla società I.S.M., su mandato di Despar Italia, di supporto formativo alle società associate, quale la società CO.DO.R (terzo motivo); violazione degli artt. 112 e 421 cod.proc.civ., per la ritenuta novità del motivo di appello che, per essere incentrato sul numero di occupati inferiore a otto dipendenti, fin dal 1998, costituiva mera difesa e non già eccezione in senso tecnico (terzo motivo); violazione dell’art. 116, comma 8, lett. a) legge n. 388 del 2000, dell'art. 2697 cod.civ. e dell'art. 116 cod.proc.civ., per la mancanza, nella specie, della prova dell'intenzione specifica di non versare contributi e dell'intento di evadere l'obbligo contributivo (quarto motivo); omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere omesso di considerare la formazione ricevuta dai lavoratori frequentando corsi tenuti dalla I.S.M. su mandato della Despar (quinto motivo); violazione dell'art. 116, comma 10, legge n. 388 del 2000, per avere trascurato di considerare, agli effetti della disciplina sanzionatoria applicata, l'oggettiva incertezza connessa a contrastanti interpretazioni e orientamenti giurisprudenziali o amministrativi (sesto motivo); violazione del comma 15, del già richiamato art. 116, per aver trascurato di considerare la riduzione delle sanzioni civili prevista dalla predetta disposizione in caso di mancato pagamento per fatto doloso del terzo, ipotesi ricorrente nella specie, come documentato da sentenza penale di condanna per rapina aggravata e furti sistematici nei confronti del supermercato della società ricorrente, dovendo pertanto ridursi le sanzioni nella misura degli interessi legali (ultimo motivo).

5. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

6. L’eccezione di inidoneità interruttiva della notificazione del verbale ispettivo, formulata in sede di gravame, è stata esaminata dalla Corte di merito e dunque non vale saggiarne l'ingresso, irrituale o meno, nel processo.

7. Il verbale dell'11 dicembre 2001, redatto e sottoscritto, fra gli altri, da rappresentante dell’Ispettorato del lavoro e dagli ispettori dell'Inps e dell'INAIL, recante analitica e distinta ripartizione delle accertate omissioni di competenza di ciascun ente, esprime la chiara volontà dell'Inps, attraverso la sua notificazione, sia pure a cura dell'Ispettorato del lavoro, di far valere la pretesa al pagamento dei suddetti contributi, con effetto interruttivo, a norma dell'art. 2943 cod.civ. (in termini, v. Cass. 30 maggio 2014, n. 12211).

8. L'ipotesi è palesemente diversa da quella del verbale ispettivo del solo Ispettorato del lavoro, privo di efficacia interruttiva della prescrizione del credito contributivo, siccome atto posto in essere da un soggetto (Ispettorato del lavoro) diverso dall'Ente impositore (Inps), secondo il condiviso insegnamento di questa Corte, richiamato dalla parte ricorrente (Cass. 28 maggio 2013, n. 13218; Cass. 31 luglio 2009, n. 17849), che non costituisce, tuttavia, precedente pertinente nel caso di specie, diverso per la ragione illustrata.

9. I crediti relativi al verbale in questione, attinenti a periodo dal 1996 in poi, sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale, come correttamente ritenuto dalla Corte di merito che ha reputato prescritti tutti i crediti, per contributi IVS e SSN, fondati su tale verbale e portati dalla cartella oggetto di impugnazione maturati, e cioè scaduti ed esigibili, in data anteriore al 15 febbraio 1997, quinquennio anteriore alla data di notifica.

10. Del pari va rigettata la censura che avversa la ritenuta conservazione del regime prescrizionale decennale in riferimento ai contributi, per gli anni 1993 e 1994, derivanti dal verbale ispettivo del 19 maggio 1995 consegnato al legale rappresentante.

11. Invero, tra le «procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente», agli effetti della conservazione del regime di prescrizione decennale (art. 3, comma 10, legge n. 335 del 1995) rientra il verbale di accertamento per il recupero dell'evasione contributiva, sicché, in relazione a tale iniziativa dell'Inps, i crediti azionati restano assoggettati al termine decennale di prescrizione (v., fra le altre, Cass. 7 gennaio 2009, n. 46).

12. In ordine alle censure che investono, per vizio di motivazione, i contratti di formazione e lavoro e la relativa statuizione della Corte di merito, vale rilevare l'inadeguatezza della doglianza, alla stregua del novellato art. 360, co. 1, n. 5 cod.proc.civ. (v. Cass., Sez.U. 7 aprile 2014, n. 8053), non ravvisandosi omissione di alcun fatto storico, per avere la Corte di merito scrutinato e argomentato la posizione dei lavoratori assunti con contratti di formazione e lavoro e chiarito, in ordine alla ripartizione dell'onere probatorio, incombente sulla società, di fornire la prova della sussistenza dei presupposti fattuali per il diritto ai relativi benefici contributivi, che detto onere era rimasto inadempiuto, in difetto di prova dell'adibizione dei quattro lavoratori alle mansioni indicate in contratto e della formazione teorica impartita.

13. Del resto la censura, sia pur evocando una pretesa formazione impartita, nulla oppone alla ritenuta mancanza di prova dell'adibizione dei lavoratori alle mansioni indicate in contratto e tale proposizione, ormai irretrattabile, rende, inoltre, priva di interesse, e come tale inammissibile, la censura che investe la sola formazione.

14. La censura incentrata, con la deduzione di un error in procedendo, sul computo delle retribuzioni alla stregua di un erroneo contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL commercio fino ad 80 dipendenti), in luogo di diversa contrattazione collettiva nazionale che si assume applicabile nella specie (il CCNL commercio fino a 8 dipendenti), non è conferente con il decisum perché la Corte di merito ha statuito che per l'erogazione ai dipendenti di retribuzioni inferiori ai minimi contrattuali non era stato svolto alcun mezzo di gravame, conseguendone, per il valore assorbente della mancata erogazione delle retribuzioni minime previste dal CCNL, il rigetto dell'opposizione sul diritto al recupero degli sgravi indebiti.

15. Invero, la parte ricorrente, pur riportando il passaggio argomentativo del gravame sulla dedotta applicabilità di quale, fra i contratti collettivi nazionali del commercio, si sarebbe dovuto applicare, nulla dice in ordine alla tempestiva introduzione della questione, nei termini ora svolti, fin dal primo grado al fine di confutare il decisum della Corte di merito.

16. Passando alla disamina dei motivi che censurano il regime sanzionatorio (di evasione), va rilevato, innanzitutto, un difetto di specificità giacché la parte ricorrente non si confronta in alcun modo, per incrinarne la portata, con la decisiva proposizione, e premessa fattuale della decisione, incentrata su un'omissione contributiva concretizzatasi nell'ambito di un disegno unitario posto in essere dalle società del gruppo Despar, attraverso il quale i medesimi lavoratori venivano assunti, a turno, dalle varie società del gruppo, con fittizi contratti di formazione e lavoro, al fine di evadere la contribuzione dovuta, con evidente intento doloso.

17. Quanto alla mancata riduzione delle sanzioni, come previsto dal richiamato art. 116, comma 10, legge n. 388 del 2000, le conclusioni cui è giunta la Corte di merito, muovendo dalla premessa dell'insussistenza di alcun contrasto giurisprudenziale o incertezza in ordine alla misura dei contributi nella specie dovuti, risultano coerenti con la giurisprudenza di questa Corte (v., fra le tante, Cass. 23 giugno 2016, n. 13069), secondo la quale il citato comma 10 pone come premessa per la riduzione delle sanzioni civili, in caso di ritardato o omesso pagamento dei contributi «derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza», l'integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, condizioni queste che non risultano adempiute dalla parte ricorrente.

18. Per finire, viene inammissibilmente enunciato, ed allegato, in sede di legittimità, un fatto doloso del terzo, a suffragio dell'inadempimento dell'obbligazione contributiva (sentenza penale di condanna, in data antecedente alla decisione ora impugnata, nei confronti di terzi, per rapina aggravata e furti reiterati nei confronti del supermercato della società ricorrente), con evidenti profili di novità, non rinvenendosi, di tale circostanza di fatto, alcuna traccia nella sentenza gravata, in carenza, nell'illustrazione della censura, dell'indicazione delle sedi e fasi processuale in cui sarebbe stata introdotta innanzi ai giudici di merito.

19. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza; non si provvede alla regolazione delle spese per la parte rimasta intimata.

20. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 - quater, d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1 - bis.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore dell'INPS, delle spese processuali, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13,comma 1 - quater, d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1 - bis.