Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 marzo 2017, n. 5452

Previdenza - Contributi assicurativi - Esercizio di attività in forma di impresa ad opera di commercianti, artigiani o coltivatori diretti - Contemporaneo esercizio di attività autonoma - Doppia contribuzione

 

Fatti di causa

 

Con sentenza del 9.3 - 22.6.2010, la Corte d'appello di Milano, accogliendo in parte l'impugnazione di D.M.P. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che gli aveva respinto la richiesta di accertamento dell'insussistenza dell'obbligo di iscriversi alla Gestione commercianti in aggiunta a quella separata in cui era già inserito, ha parzialmente riformato tale decisione, dichiarando la legittimità dell'iscrizione alla Gestione Speciale Commercianti e condannando l'Inps al rimborso della contribuzione versata alla Gestione separata sino al 2007, pari ad euro 10.056,099, oltre quella versata successivamente, il tutto maggiorato degli interessi legali.

La Corte territoriale, dopo aver accertato la fondatezza dell'appello in ordine alla dedotta impossibilità della coesistenza dell'iscrizione sia alla Gestione separata che a quella dei commercianti, ha rilevato, però, che l'Inps aveva fornito la prova del fatto che l'attività prevalente dell'appellante era stata quella esecutiva di svolgimento del lavoro aziendale rispetto a quella professionale di semplice amministrazione della società, per cui era legittima l'iscrizione del medesimo alla Gestione commercianti. Da ciò discendeva l'obbligo dell'Inps di restituire i versamenti già effettuati dal D. alla Gestione separata.

Per la cassazione della sentenza ricorre l'Inps con un solo motivo.

Resiste con controricorso D.M.P., il quale deposita, altresì, memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1. Osserva la Corte che va preliminarmente affrontata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal controricorrente con riferimento all'art. 12, comma 11, del D.L. 31.5.2010, n. 78, così come modificato in sede di conversione dall'art. 1, comma 1, della legge 30.7.2010 n. 122, nella parte in cui tale norma stabilisce che l'art. 1, c. 208, I. n. 662/96 si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all'assicurazione prevista per l'attività esercitata in modo prevalente, sono quelle attività esercitate in forma d'impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, con esclusione dell'applicazione del suddetto principio ai rapporti lavorativi per i quali è obbligatoria l'iscrizione alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. La denunziata incostituzionalità della norma in esame è prospettata dal controricorrente con riferimento sia all'art. 117, co. 1, Cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, come interpretata dalla C.E.D.U., sia agli artt. 3, 24, co. 1, 102 e 111, co. 2, della Costituzione.

2. Si rileva, al riguardo, che tale questione è stata già risolta dalla Corte Costituzionale (C. Cost., sent. n. 15 del 2012) che ha stabilito che "non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 12, comma 11, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122 - il quale dispone che <<L'art. 1, comma 208 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all'assicurazione prevista per l'attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d'impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell'INPS. Restano, pertanto, esclusi dall'applicazione dell'art. 1, comma 208, legge n. 662/1996 i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l'iscrizione alla gestione previdenziale di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335>> - sollevata in riferimento agli articoli 3, 24, primo comma, 102, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. In primo luogo, non sussiste violazione dell'art. 3 Cost., poiché l'opzione ermeneutica prescelta dal legislatore non ha introdotto nella disposizione interpretata elementi ad essa estranei, ma le ha assegnato un significato riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario, cioè ha reso vincolante un dettato comunque ascrivibile al tenore letterale della disposizione interpretata, come l'opzione ermeneutica seguita dalla giurisprudenza di merito formatasi in epoca anteriore all'entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010 ed anche nella sezione lavoro della Corte di cassazione. Quanto agli altri profili di censura prospettati con riferimento all'art. 24, primo comma, Cost. (sarebbe violata l'effettività del diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi), all'art. 102 Cost. (sarebbe violata l'integrità delle attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria), all'art. 111, secondo comma, Cost. (sarebbe violato il principio di parità delle parti processuali): 1) il richiamo all'art. 24 Cost. non è pertinente, perché l'intervento legislativo censurato non incide su diritti processuali, bensì opera sul piano sostanziale e, dunque, non vulnera il diritto alla tutela giurisdizionale, a presidio del quale la norma costituzionale invocata è posta; 2) non sussiste violazione dell'art. 102 Cost. perché, sulla base delle argomentazioni esposte nel punto che precede, l'intervento legislativo deve ritenersi legittimo, mentre non è configurabile a favore del giudice <<una esclusività dell'esercizio dell'attività ermeneutica che possa precludere quella spettante al legislatore, in quanto l'attribuzione per legge ad una norma di un determinato significato non lede la potestas iudicandi, ma definisce e delimita la fattispecie normativa che è oggetto della potestas medesima>>; 3) del pari non sussiste violazione dell'art. 111, secondo comma, Cost., perché - fermo il punto che l'incidenza di una norma interpretativa su giudizi in corso è fenomeno fisiologico - detta norma non interferisce sull'esercizio della funzione giudiziaria e sulla parità delle parti nello specifico processo, bensì pone una disciplina generale ed astratta sull'interpretazione di un'altra norma e, dunque, si colloca su un piano diverso da quello dell'applicazione giudiziale delle norme a singole fattispecie. Deve, altresì, escludersi la dedotta violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 6 CEDU, in quanto la norma censurata si è limitata ad enucleare una delle possibili opzioni ermeneutiche dell'originario testo normativo, peraltro già fatta propria da parte consistente della giurisprudenza di merito e di quella della Corte di cassazione che, secondo l'orientamento più recente, si è uniformata alla soluzione prescelta dal legislatore, soluzione che ha superato una situazione di oggettiva incertezza, contribuendo così a realizzare principi d'indubbio interesse generale e di rilievo costituzionale, quali sono la certezza del diritto e l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge."

3. Con un solo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell'art. 1, commi 203, 207 e 208 della legge n. 662/1996, l'Inps precisa di voler impugnare solo la parte della sentenza che ha ritenuto incompatibile l'iscrizione del D. alla gestione commercianti con quella alla gestione separata prevista dall'art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995.

Secondo l'Inps la questione è, dunque, quella della compatibilità della contemporanea iscrizione presso la gestione commercianti, di cui all'art. 29 della legge n. 1397 del 1960 (così come modificato dall'art. 1, comma 203, della legge n. 662/96) ed alla gestione separata, introdotta dall'art. 2, comma 26, della legge n. 335/95, di un socio amministratore di società a responsabilità limitata che, nel contempo, svolga attività lavorativa all'interno della stessa società.

4. Il ricorso è fondato.

Invero, la legge n. 662 del 1996, art. 1, comma 208 così recita: "Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un'unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell'assicurazione prevista per l'attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente. Spetta all'Istituto nazionale della previdenza sociale decidere sulla iscrizione nell'assicurazione corrispondente all'attività prevalente. Avverso tale decisione, il soggetto interessato può proporre ricorso, entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento, al consiglio di amministrazione dell'Istituto, il quale decide in via definitiva, sentiti i comitati amministratori delle rispettive gestioni pensionistiche".

Sull'interpretazione di tale comma è intervenuto il D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11 convertito nella L. n. 122 del 2010, che così si esprime: - "La L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208 si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all'assicurazione prevista per l'attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d'impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell'Inps. Restano, pertanto, esclusi dall'applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l'iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26".

5. In pratica, questo criterio dell'attività prevalente non opera per i rapporti di lavoro - quelli a carattere autonomo - per i quali è obbligatoriamente prevista l'iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26; disposizione quest'ultima che ha creato una nuova gestione assicurativa nel complesso sistema della previdenza obbligatoria introducendo l'obbligo assicurativo per i lavoratori autonomi. Ha infatti previsto che a decorrere dal 1 gennaio 1996, sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, (Testo Unico delle imposte sui redditi), nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all'art. 49, comma 2, lett. a), del medesimo cit. testo unico e gli incaricati alla vendita a domicilio di cui alla L. 11 giugno 1971, n. 426, art. 36.

6. Quindi la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è molto chiara: l'esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella Gestione separata, che si accompagni all'esercizio di un'attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sé comporti l'obbligo dell'iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l'INPS, non fa scattare il criterio della "attività prevalente"; rimangono attività distinte e (sotto questo profilo) autonome sicché parimenti distinto ed autonomo resta l'obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa. Non opera il criterio "semplificante" (dell'art. 1, comma 208, cit.) e derogatorio - dell'unificazione della posizione previdenziale in un'unica gestione con una sorta di "fictio juris" per cui chi è ad un tempo commerciante ed artigiano (o coltivatore diretto), con caratteristiche tali da comportare l'iscrizione alle relative gestioni assicurative, è come se svolgesse un'unica attività d'impresa - quella "prevalente" - con la conseguenza che unica è la posizione previdenziale, (v. al riguardo Cass. sez. 6 - ordinanza n. 9803 del 2012; in senso conf. v Cass. sez. lav. n. 14331/2012).

Interpretando questo articolato normativo le Sezioni unite, con la sentenza n. 17076 del 2011, hanno affermato il seguente principio di diritto: "In tema di iscrizione assicurativa per lo svolgimento di attività autonome, il D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11 convertito, con modificazioni, nella L. n. 122 del 2010 - che prevede che la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208 si interpreta nel senso che le attività autonome per le quali opera il principio di assoggettamento all'assicurazione prevista per l'attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d'impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell'INPS, mentre restano esclusi dall'applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l'iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, - costituisce norma dichiaratamente ed effettivamente di interpretazione autentica, diretta a chiarire la portata della disposizione interpretata e, pertanto, non è, in quanto tale, lesiva del principio del giusto processo di cui all'art. 6 CEDU, trattandosi di legittimo esercizio della funzione legislativa garantita dall'art. 70 Cost.".(in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 9153 del 6.6.2012 e n. 20519 del 13.10.2015).

Inoltre, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 15 del 23 gennaio 2012 (sopra richiamata), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, sollevata, con ordinanza della Corte d'appello di Genova, in funzione di giudice del lavoro, in riferimento all'art. 3 Cost., all'art. 24 Cost., comma 1, all'art. 102 Cost., all'art. 111 Cost., comma 2, e all'art. 117 Cost., comma 1, in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, n. 848.

7. L'applicazione di questi principi comporta che per M.P.D. sono dovuti entrambi i contributi, tanto quelli da versare alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, quanto i contributi dovuti alla gestione commercianti.

Il ricorso dell'INPS va, quindi, accolto.

Conseguentemente la sentenza deve essere cassata e la controversia può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti, con il rigetto della domanda.

La complessa evoluzione normativa e giurisprudenziale della materia e la situazione di obiettiva incertezza anteriore alla emanazione del D.L. n. 78 del 2010, giustificano la compensazione delle spese dell'intero processo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese dell'intero processo.