Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 marzo 2017, n. 7133

Lavoro - Comandante del Corpo di Polizia municipale - Indennità di posizione organizzativa - Riconoscimento

 

Fatti di causa

 

La Corte d'Appello di Lecce in data 3/11/2011 ha rigettato il ricorso di C. B., rivolto a ottenere la riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi, con cui veniva ritenuta infondata la propria pretesa al riconoscimento - con ogni conseguenza giuridica ed economica - dell'indennità di posizione organizzativa, per aver svolto, dal febbraio 2001, le funzioni di Comandante del Corpo di Polizia municipale del Comune di Cellino San Marco, in seguito al trasferimento presso altro ente del Comandante titolare.

Avverso la sentenza della Corte d'Appello, la quale ha omesso di pronunciare sulla domanda di condanna all'indennità di P.O. ritenendola domanda nuova, ricorre il B. chiedendo a questa Corte di dichiarare e riconoscere come attuale il proprio interesse ad agire in ordine all'accertamento dello svolgimento delle funzioni e dell'assunzione della responsabilità di Capo del Corpo di Polizia Municipale a partire dal 2001; nonché, accertata l'assunzione, da parte sua delle stesse funzioni, di dichiarare altresì maturato il diritto a percepire l'indennità di posizione organizzativa; e di condannare, infine, il Comune di Cellino San Marco al pagamento in suo favore della indennità di posizione organizzativa a decorrere dal febbraio 2001.

Il ricorrente affida le sue ragioni a un unico motivo.

Resiste con controricorso il Comune di Cellino S. Marco.

La difesa del B. ha depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1° e unico motivo. Omessa pronuncia sulla domanda ai sensi dell'art. 112 cod.proc.civ., e conseguente nullità della sentenza o del procedimento, sotto il profilo dell'art. 360, n. 4 cod.proc.civ.; per contraddittoria motivazione, in riferimento all'art. 360, n.5 cod.proc.civ.

Assume parte ricorrente che la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda di condanna al pagamento dell'indennità di posizione organizzativa, erroneamente ritenendola domanda nuova. Assume ancora che la stessa Corte d'Appello avrebbe omesso di pronunciare, altresì, sull'accertamento del diritto a conseguire la titolarità della posizione di coordinamento che determina l'attribuzione dell'indennità (art. 9 CCNL del Comparto Regioni e Autonomie locali, del 31.3.1999) e del conseguente diritto a percepire la stessa, sul presupposto errato che costituendo, l'accoglimento di tali domande, l'antecedente logico-giuridico di una tutela condannatoria, non accordabile per carenza dell'interesse ad agire del ricorrente, le relative questioni sarebbero divenute non esaminabili.

Il motivo è fondato. Secondo questo Collegio, la Corte territoriale è incorsa nell'equivoco di negare attualità alle pretese accertative del ricorrente per la circostanza che, in seguito al collocamento in quiescenza durante il processo, il B. avesse ritenuto di restringere la "latitudine delle censure opposte alla decisione impugnata", senza tuttavia modificare i capi della domanda originariamente proposta davanti al giudice di prime cure e puntualmente reiterati in appello.

L'omissione non può nemmeno farsi risalire alla circostanza che, cessato il ricorrente dal servizio nel corso del processo, il suo interesse si sarebbe risolto nelle sole pretese condannatorie e non anche in quelle accertative del gravame, poiché nella sentenza non vi è traccia di tale passaggio logico.

Deve, comunque, censurarsi come incoerente e incongrua la motivazione addotta dalla Corte d'Appello, nella parte in cui, sostiene, che una pronuncia di mero accertamento tout court del diritto sottostante sarebbe inidonea a reintegrare la sfera giuridica che si assume lesa, in ragione «...dell'incoercibilità dell'agire della P.A.". Tale argomentazione non può essere accolta, in quanto, diversamente, si verrebbe a negare al giudicato accertativo una funzione satisfattiva dell'interesse ad agire in giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d'Appello di Lecce in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.