Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 aprile 2018, n. 9902

Precedente licenziamento nullo per vizio di forma - Successivo recesso datoriale - Legittimità - Indagini investigative - Materiale probatorio

Fatti di causa

 

La Corte di appello di Roma aveva riformato la sentenza del Tribunale di Roma dichiarativa della illegittimità del licenziamento intimato da A.P. Italia SRL a M.M., dichiarando invece legittimo il recesso datoriale e respingendo le originarie domande del lavoratore.

La Corte territoriale aveva ritenuto infondata la eccezione di tardività del licenziamento, specificando che, pur essendo intervenuto in precedenza altro licenziamento nullo per vizio di forma, al quale era seguita la reintegrazione del dipendente ed il successivo recesso datoriale oggetto dell'attuale giudizio, ed essendo comunque trascorsi solo due mesi e mezzo tra il primo ed il secondo licenziamento, alcuna ipotesi di rinuncia alla cessazione del rapporto o di inerzia rispetto a questo era evincibile nel comportamento datoriale e dunque alcuna tardività. La Corte riteneva altresì che, se pur eventualmente viziato il rapporto informativo redatto dalla agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro, le prove testimoniali raccolte in giudizio avevano attestato che il M. nelle giornate del 28 e 29 giugno 2011 non era uscito di casa per svolgere le dovute attività di informatore farmaceutico e le visite ai medici nelle zone di Carbonia ed Oristano, che aveva invece dichiarato di avere svolto.

Il M. ha impugnato la sentenza affidandola a 8 motivi di censura ed a successiva memoria.

La società A.P. srl ha resistito con controricorso depositando anche successiva memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1)-I primi 4 motivi di censura riguardano tutti, sotto differenti angoli visuali e norme ritenute violate, la relazione ispettiva redatta dalla agenzia investigativa. Tutti i motivi risultano inconferenti, poiché la Corte di appello ha centrato la sua decisione non sulla relazione ispettiva, (per la quale sono stati eccepiti vizi formali di carenza di produzione dell'incarico investigativo, pur superati dalla Corte in quanto tardive eccezioni), ma sulle dichiarazioni del teste B., che aveva svolto le indagini investigative.

La Corte ha infatti ritenuto sufficienti tali dichiarazioni a formare il convincimento circa la non attendibilità delle indicazioni del M. sui medici visitati ed incontrati nei giorni in discussione. Rispetto a tale ragione della decisione risultano quindi privi di rilievo tutti i motivi inerenti i verbali investigativi e le modalità di conferimento dell'incarico.

2)-Con il quinto motivo viene denunciata l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio già oggetto di discussione delle parti, con riferimento all'art. 360, n. 5, c.p.c., con riguardo alla presenza del M. , il giorno 28.6.2011, all'interno della propria abitazione. Il ricorrente ha dedotto che rispetto a tale circostanza, di fondamentale importanza, alcun cenno è stato fatto nella motivazione della Corte territoriale.

Il motivo risulta infondato perché smentito dalle argomentazioni utilizzate dalla Corte, presenti nelle pagine 5 e 6 della impugnata sentenza, facenti riferimento alle dichiarazioni del teste B. circa la possibilità ( esclusa) che il M. potesse essere uscito di casa nel giorno in questione.

3)-Il sesto motivo denuncia la violazione dell'art. 111 comma 6 della Costituzione e dell'art. 132 comma 2 e 4 c.p.c., in relazione all'art. 360,n. 4 c.p.c., con riferimento alla mancata effettiva analisi del rapporto di servizio e delle testimonianze rese. Si tratta di una censura relativa alla valutazione del materiale probatorio, rispetto alla quale risulta lamentata la omessa e/o errata valutazione, e, quindi, in definitiva una doglianza che riguarda il merito della controversia non proponibile in questa sede di legittimità. Il motivo è inammissibile.

4)-Anche il settimo motivo si invoca una differente valutazione del materiale probatorio, questa volta fornito dal lavoratore per attestare il compimento dell'attività lavorativa e quindi le visite presso i medici nei giorni in discussione. Anche in tal caso la Corte territoriale ha esercitato il suo vaglio e la sua valutazione sui documenti in questione chiarendo che nei moduli in questione risultano inserite dai medici visitati solo la firma ed il proprio timbro, mentre la data è inserita da soggetto comunque differente, in ipotesi anche lo stesso M.. Si tratta all'evidenza di un giudizio di merito non inficiato da alcuna violazione di legge, in quanto anche il richiamato D.Lgs n. 219/2006 all'art. 125, nel disporre le modalità delle richieste - campioni medici, non fornisce prova certa che tali modelli siano effettivamente compilati dai medici e solo da loro, e non costituisce quindi criterio di certezza, la cui violazione è stata denunciata dal ricorrente.

Il motivo è infondato

5)-Con l'ultimo motivo si denuncia la violazione dell'art. 7 legge n. 300/70, degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento all'art. 360, n.3 c.p.c., con riguardo alla mancata tempestività della contestazione. In particolare il ricorrente denuncia la valutazione della tardività effettuata, a suo dire, non in concreto, rispetto ai fatti contestati ed alla possibilità di azionare la difesa del lavoratore rispetto agli stessi, ma in astratto con riguardo al fatto che quattro mesi potrebbero essere considerati un breve lasso temporale. Il ricorrente rileva che il ritardo della contestazione ha impedito ai testi escussi di ricordare più efficacemente le circostanze oggetto della prova testimoniale.

Deve rilevarsi che nella valutazione della eccepita tardività il Giudice d'appello ha svolto una attenta analisi sulla concreta situazione di fatto anche con riferimento al reiterato licenziamento ed al necessitato tempo intercorso tra il primo recesso (affetto da vizio di forma) ed il secondo ; ha richiamato l'orientamento di questa Corte sulla assenza di tardività nel secondo licenziamento, (Cass. 5226/2011), ed ha quindi escluso, in concreto, qualunque incidenza negativa del fattore tempo sul diritto di difesa del lavoratore, essendosi trattato di un ritardo limitato a soli due mesi e mezzo.

La valutazione espressa risulta quindi coerente con i principi consolidati di questa Corte con riguardo alla relatività del concetto di immediatezza ed esente dai vizi denunciati. Il ricorso deve essere rigettato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 5.000,00 per compensi professionali ed E. 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15%e accessori come per legge.

Ai sensi dell'art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.