Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 aprile 2018, n. 9842

Fallimento - Imposte indirette - IVA - Dichiarazioni fiscali - Accertamento - Crediti

Fatti di causa

 

La s.r.l. I. Trasporti, successivamente fallita, chiese con la dichiarazione presentata per l'anno d'imposta 1998 il rimborso di un credito Iva maturato negli anni precedenti e in corso di fallimento il curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, cedette parte del credito pro soluto all'odierno controricorrente. M. F. propose istanza di rimborso del credito e impugnò il successivo silenzio-rifiuto dell'Amministrazione.

L'Agenzia, peraltro, costituendosi in giudizio, obiettò di avere in precedenza comunicato alla cedente la sospensione del rimborso, in ragione della pendenza di altri debiti della società nei confronti del fisco e specificò che il provvedimento di sospensione non era stato impugnato.

La Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso.

Quella regionale ha respinto il successivo appello dell'Agenzia. Allo scopo, ha anzitutto fatto leva sulla circostanza che l'istanza di rimborso era stata proposta da soggetto diverso da quello gravato dalle pendenze tributarie evocate dall'Ufficio; ha poi aggiunto che l'intervenuta autorizzazione degli organi fallimentari inducesse a ritenere che tali pendenze, peraltro non provate dall'Agenzia, fossero in realtà inesistenti; ha quindi concluso che, se anche vi fossero, le pendenze sarebbero comunque riconducibili alla procedura concorsuale e non già al cessionario istante.

Contro questa sentenza propone ricorso l'Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi, cui il contribuente reagisce con controricorso, che illustra con memoria.

Sollecitato il contraddittorio sulla rilevanza della nota, notificata al cessionario dall'Agenzia in corso di giudizio, con la quale lo si informava della «improcedibilità della richiesta per la presenza di carichi pendenti sorti in data antecedente alla dichiarazione di fallimento», le parti e il pubblico ministero hanno depositato ulteriori memorie.

 

Ragioni della decisione

 

1.- Col primo motivo di ricorso l'Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21 del d.lgs. n. 546/92, là dove la Commissione tributaria regionale ha ritenuto dovuto il rimborso sebbene fosse divenuto definitivo il provvedimento di sospensione di esso, notificato sia al fallimento cedente, sia al cessionario e da nessuno impugnato.

1.1.- Irrilevante è in lite la circostanza che il fallimento cedente non abbia impugnato il provvedimento in questione.

È difatti pacifico tra le parti che:

- la richiesta di rimborso è stata proposta dal curatore del fallimento della s.r.l. I. Trasporti con la dichiarazione Iva per l'anno d'imposta 1998, presentata il 1 marzo 1999;

- la cessione dì parte del credito vantato dalla società fallita a M. F. risale al 23 maggio 2001;

- la cessione è stata notificata al fisco, debitore ceduto, il successivo 31 maggio;

- il provvedimento di sospensione del rimborso in ragione dell'affermata esistenza di controcrediti vantati dall'erario nel confronti della società sin da epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento, che risale al 1997, è stato notificato al curatore in data 21-23 ottobre 2002;

- M. F. ha proposto istanza di rimborso del credito di cui è titolare in data 19 aprile 2005.

Pacifico tra le parti è, quindi, che la notificazione del provvedimento di sospensione sia avvenuta al solo curatore del fallimento, che ancora vantava una residua parte del credito originario, e che ciò sia successo in epoca successiva a quella cui rimonta la notificazione del contratto di cessione del credito.

1.2.- Queste circostanze di fatto escludono per conseguenza che la condotta inerte dal fallimento si possa riverberare in danno del cessionario.

La cessione del credito, lasciando inalterati i termini e le modalità del rapporto sostanziale da cui il credito trae origine, comporta che il debitore ceduto diventa obbligato verso il cessionario allo stesso modo in cui lo era nei confronti del suo creditore originario (Cass. 13 dicembre 2013, n. 27884).

1.3.- Il cessionario acquista soltanto i diritti rivolti alla realizzazione del credito ceduto, tra i quali rientrano le azioni dirette all'adempimento della prestazione e, quindi, l'azione di rimborso rivolta al fisco creditore. Ma queste azioni, avendo origine derivativa, sono trasmesse al cessionario nel medesimo regime che le contrassegnavano in testa al cedente.

Di qui la conseguenza che il debitore ceduto, ossia, nel caso in esame, il fisco, potrà opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente. Tra esse vanno sì comprese quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione o anche posteriori al trasferimento, purché, però, anteriori all'accettazione della cessione o alla sua notificazione o alla sua conoscenza di fatto (Cass. 17 gennaio 2001, n. 575).

Laddove, nel caso in esame, il fatto sul quale punta la ricorrente, ossia la definitività del provvedimento di sospensione per l'inerzia del curatore, si è prodotto successivamente anche alla notificazione al fisco dell'intervenuta cessione del credito.

2.- Altresì pacifico tra le parti è, peraltro, che:

- l'Agenzia, costituendosi in primo grado nel giudizio scaturito dall'impugnazione da parte del cessionario del silenzio-rifiuto opposto alla propria istanza di rimborso, ha eccepito di aver notificato al curatore il provvedimento di sospensione, che ha allegato in copia alle proprie controdeduzioni;

- successivamente, tuttavia, ossia in data 4 ottobre 2006, l'Agenzia ha indirizzato anche al cessionario nota, che, in base al ricorso, era determinata dall'istanza di rimborso da quest'ultimo proposta, e consisteva nell'<<informare...-circa- l'improcedibilità della richiesta per la presenza di carichi pendenti sorti in data antecedente alla dichiarazione di fallimento...»; di tale nota e della sua comunicazione al cessionario l'Agenzia ha dato conto in appello, come si evince dal relativo stralcio trascritto in ricorso, che trova rispondenza nel testo integrale trascritto in controricorso.

M. F. riconosce di aver ricevuto la nota e riconosce altresì che il suo contenuto consisteva nella rappresentazione dei carichi pendenti a carico della I. Trasporti (così a pag. 5 del controricorso), ma sostiene che essa consistesse in una mera sollecitazione rivolta al fallimento cedente, che seguitava ad essere titolare di parte del credito originario, inviata a lui per mera conoscenza;

- a ogni modo, non emerge che la nota sia stata impugnata.

3.- Le parti con le memorie depositate ex art. 384, 3°  comma, c.pc.. dibattono natura e significato della nota, sui quali non raggiungono conclusioni condivise.

Occorre in conseguenza che si proceda al relativo accertamento, inibito nel giudizio di legittimità, che riguarderà anche i profili di possibile frizione col diritto unionale sui quali il contribuente fa leva in memoria.

Ciò perché, qualora si accerti che la nota abbia comportato l'affievolimento, sia pur temporaneo, del diritto di credito del cessionario (secondo le precisazioni rese da Cass., sez. un., 7 febbraio 2002, n. 1733 e 4 novembre 2002, n. 15382; 11 novembre 2011, n. 23601; cfr. anche Corte cost. n. 67 del 1972), la si sarebbe dovuta impugnare, per la sua idoneità a inibire il rimborso sino a quando non siano estinti i controcrediti vantati dall'Amministrazione (arg. da Cass. 23 marzo 2016, n. 5723 e ord. 1 luglio 2015, n. 13548). Per conseguenza, la sua mancata impugnazione potrebbe travolgere il giudizio in esame, che pur sempre concerne l'impugnazione del precedente silenzio-rifiuto.

3.1.- In base a consolidato orientamento di questa Corte, difatti, qualora l'Amministrazione, anche dopo il formarsi del silenzio-rifiuto sull'istanza di rimborso del contribuente, interrompa la propria inerzia, notificando a quest'ultimo un provvedimento di rigetto, anche parziale, dalla data di tale notificazione inizia a decorrere il più breve termine decadenziale per l'impugnazione del provvedimento di rigetto, ex artt. 19 e 21 del d.lgs. n. 546/92; di modo che va escluso che il contribuente possa proseguire la controversia già introdotta con l'impugnazione del silenzio-rifiuto (Cass., ord. 6 giugno 2014, n. 12791; 13 marzo 2015, n. 5065).

Tale indirizzo non può che riverberarsi sulle sorti dell'odierna controversia, in quanto, in applicazione di esso, si può prospettare la sopravvenuta carenza d'interesse a resistere.

Qualora, difatti, il giudice del rinvio accerti che la nota equivalga alla sospensione del rimborso, non impugnata e quindi non eliminata dal mondo giuridico, sarebbero destinati a permanerne gli effetti, che appunto, si è visto, inibiscono il rimborso sino all'estinzione dei controcrediti vantati dall'Amministrazione.

Le questioni sull'esistenza dei controcrediti e sull'opponibilità di essi al cessionario non verrebbero in tal caso in rilievo, giacché se ne sarebbe dovuto discutere in seno al giudizio avente a oggetto la sospensione del rimborso.

Sicché sarebbe soltanto l'estinzione dei controcrediti a determinare il verificarsi del <<presupposto per la restituzione», contemplato dall'art. 21, u.c., del d.lgs. n. 546/92, a partire dal quale inizierebbe a decorrere il termine biennale per la proposizione della domanda di restituzione da tale disposizione previsto.

3.2.- Né le osservazioni sviluppate dal pubblico ministero in relazione alle ipotizzate violazioni del principio della parità delle parti nel processo e di effettività del diritto alla tutela giurisdizionale riescono a minare l'orientamento di questa Corte sopra specificato.

La soluzione indicata, che richiede apposita impugnazione del provvedimento sopravvenuto, propizia proprio l'effettività del diritto alla tutela giurisdizionale, in quanto ascrive rilevanza alla condotta successiva dell'Amministrazione, che, superando il silenzio-rifiuto precedente, finisce col modificare l'assetto delle relazioni tra le parti, al quale anche il piano della tutela giurisdizionale si deve conformare.

4.- Il primo motivo va in conseguenza accolto, con assorbimento dei restanti due, che concernono la violazione e falsa applicazione dell'art. 38 - bis del d.P.R. n. 633/72, dell'art. 5 del d.l. n. 70/88, come convertito, e dell'art. 1248 c.c. (secondo motivo), nonché l'insufficienza della motivazione in ordine alla rilevanza dell'autorizzazione del giudice delegato (terzo motivo).

4.1.- La sentenza va cassata per il profilo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, che svolgerà gli accertamenti sopra indicati.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata per il profilo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.