Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 aprile 2017, n. 10306

Ricorsi per Cassazione - Inammissibilità - Tardiva notifica - Responsabilità del notificante - Ingiustificata la ripresa del procedimento notificatorio

Fatti di causa

1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza dell'8 maggio 2012, in parziale riforma della sentenza resa dal locale Tribunale, ha dichiarato il diritto di S.L. ad essere iscritto al fondo di previdenza aziendale CRAIPI con decorrenza dal 30 ottobre 1989 ed ha condannato la RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a. all'apertura di un conto individuale con le stesse modalità vigenti nel 1989 nonché al versamento della relativa somma di € 10.247,59. 2. Per la cassazione della sentenza hanno proposto distinti ricorsi la RAI s.p.a. e la CRAIPI - Cassa di Previdenza - fondo pensione per i dipendenti RAI sulla base di tre motivi. S.L. ha resistito con controricorso, eccependo la tardività delle impugnazioni.

Le parti ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1. Preliminarmente occorre delibare, in ragione del suo carattere processualmente dirimente, l'eccezione di inammissibilità dei ricorsi per cassazione, sollevata dalla difesa del controricorrente sostenendo che gli stessi "risultano tardivamente notificati per imperizia e negligenza dei soggetti notificanti" oltre l'anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata (scadenza del termine in data 8 maggio 2013).

Occorre premettere che S.L., nel proporre appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 15138/2008, aveva conferito procura agli avvocati D.D.R. e F.P. ed aveva eletto domicilio nel loro studio in Roma alla via (...).

Successivamente si era costituito, quale nuovo difensore, l'avvocato R.B., presso il quale il L. aveva eletto domicilio in Roma alla Via (...).

La Corte di Appello di Roma, nella intestazione della sentenza relativa alla parte L. S., ha erroneamente indicato il domicilio eletto in "Roma, via (...), presso lo studio dell'avv. R.B., che lo rappresenta e difende come da mandato in atti" e poi, nella motivazione, ha indicato che per mero errore materiale il nome del difensore era stato "indicato come avv. B. laddove i difensori sono gli avv.ti D.D.R. e F.P.".

I ricorrenti in data 7 maggio 2013, il giorno precedente la scadenza del termine ultimo per impugnare, hanno richiesto la notificazione degli atti a S.L., sia presso lo studio dell'Avv. R.B., in Roma alla Via (...), sia presso lo studio degli Avv.ti D.D.R. e F.P., sempre in Roma alla Via (...). Entrambe le notifiche non sono andate a buon fine, avendo l'ufficiale giudiziario accertato che lo studio associato D.R. - P. si era trasferito da oltre due anni e che in via Oslavia l'avv. B. "risultava totalmente sconosciuto anche al portiere dello stabile". Il procedimento notificatorio veniva, quindi, rinnovato con richiesta del 14 maggio 2013 ed i ricorsi venivano notificati il 15/16 maggio sia all'avv. D.R., in Roma alla Via (...), sia all'avv. B., in Roma alla via (...).

2. L'eccezione di parte controricorrente è fondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte "qualora la notificazione dell'atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l'onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di richiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l'esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie" (Cass. S.U. 24 luglio 2009 n. 17352).

E' stato successivamente ribadito che, ai fini della tempestività della proposizione del ricorso per cassazione, il principio secondo cui la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, per il notificante, al momento della consegna del medesimo all'ufficiale giudiziario è applicabile solo qualora l'eventuale tardività della notifica possa essere addebitata esclusivamente a errori o all'inerzia dell'ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante, con la conseguenza in casi siffatti la data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario non può assumere rilievo, non potendosi ritenere neppure giustificata la ripresa del procedimento notificatorio (Cass. n. 2320 del 2011, che ha dichiarato inammissibile il ricorso notificato a difensore cancellato dall'albo "stante l'agevole consultazione di tale albo, attuabile anche per via informatica e telematica"; v. pure Cass. S.U. n. 3818 del 2009 e n. 7607 del 2010; di notificazione - non andata a buon fine per cause indipendenti dalla volontà del notificante" parla Cass. n. 3356 del 2014).

In ossequio al principio di non colpevolezza della prima notificazione è stato affermato che, qualora la notificazione dell'atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l'onere di richiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, sempreché il notificante fornisca la prova che il mancato perfezionamento della prima notifica non gli sia addebitabile (Cass. n. 19060 del 2015: nella specie, la S.C. ha ritenuto essere stato proposto il ricorso per cassazione oltre il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c., non avendo la parte prodotto, al fine di dimostrare l'assenza della sua responsabilità, la cartolina di ritorno della prima notifica, effettuata a mezzo posta e non andata a buon fine; in precedenza v. Cass. n. 18074 del 2012; Cass. n. 20830 del 2013).

L'orientamento ha ricevuto ulteriore e recente avallo dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. 15 luglio 2016, n. 14594) che, nello stabilire il principio per il quale al fine di conservare gli effetti collegati alla richiesta della prima notificazione occorre riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., ha ribadito in premessa che la condizione per la conservazione di tali effetti è che la originaria notificazione non sia andata a buon fine "per ragioni non imputabili al notificante".

Se ne desume, come peraltro neanche contestato dalle parti ricorrenti, che in tanto può valere la ripresa del procedimento notificatorio anche oltre la scadenza del termine di impugnazione sempre che il mancato esito positivo della prima notificazione sia esente da ogni colpa del notificante.

Reputa il Collegio che invece nella specie non è sostenibile che l'errore nella prima notificazione sia esclusivamente dipeso dalle errate indicazioni contenute nella sentenza impugnata.

Invero, proprio nell'atto in cui, allo scadere del termine ultimo per impugnare, il difensore si appresta ad attivare il procedimento notificatorio destinato ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, sussiste l'onere, corrispondente alla diligenza professionale richiesta, di individuare esattamente, con l'attenzione dovuta alla rilevanza dell'attività che si compie, nei confronti di chi e dove debba essere effettuata la notificazione, senza confidare esclusivamente nelle indicazioni contenute nella sentenza.

Anzi, proprio la circostanza che la Corte territoriale nella motivazione della sentenza aveva dato atto di un errore commesso nella intestazione, errando nuovamente ed indicando come difensori gli avv.ti D.R. e P., la contraddittorietà di tali indicazioni avrebbe dovuto indurre i soccombenti ad una maggiore cautela, curando con particolare accortezza l'individuazione del soggetto al quale la notificazione doveva essere indirizzata ed il luogo nel quale la stessa doveva compiersi, elementi peraltro agevolmente verificabili.

In proposito, di recente questa Corte (cfr. Cass. n. 26189 del 2016), proprio in tema di notificazione delle impugnazioni, ha ribadito l'onere di diligenza a carico delle parti circa l'effettività del domicilio del difensore al quale viene indirizzato l'atto di impugnazione, onere al quale corrisponde l'assunzione da parte del notificante del rischio dell'esito negativo della notifica richiesta in un domicilio diverso da quello effettivo, stante la sufficienza delle annotazioni previste nell'albo professionale a soddisfare le esigenze processuali di conoscenza del domicilio del procuratore in ambito locale (nel caso all'attenzione di quel Collegio il notificante aveva consegnato all'ufficiale giudiziario l'atto di appello da notificare al procuratore di controparte l'ultimo giorno utile e senza aver controllato all'albo l'eventuale modifica, poi effettivamente verificatasi, del suo domicilio rispetto a quello risultante dall'atto introduttivo del giudizio di primo grado).

3. Conclusivamente entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, stante il passaggio in giudicato della sentenza non impugnata nei termini.

Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater occorre dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ciascuno dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili entrambi i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento del 50% delle spese del giudizio di legittimità liquidate per l'intero in complessivi euro 6.100,00, di cui euro 100 per spese, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ciascuno dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.