Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 settembre 2017, n. 22382

Riassunzione - Successione di appalti - Clausole contrattazione collettiva - Cooperative sociali di tipo diverso - Ininfluente

 

Fatti di causa

 

Con sentenza in data 20/02/2012 la Corte d'Appello di Ancona, a conferma della sentenza del Tribunale di Fermo n.180/2011, ha dichiarato il diritto alla riassunzione di M. A. M., già dipendente della Cooperativa N. S. (di tipo "B") con mansioni d'impiegata amministrativa presso la Cooperativa Sociale C. M. ONLUS (di tipo "A"). Quest'ultima, dal 2009, era divenuta titolare dell'unico appalto per la gestione integrata dei servizi alla persona presso il Centro diurno denominato "C. d. S.", su incarico dell'Associazione dei Comuni (Ambito Sociale Territoriale 11, costituito dai Comuni di Sant'Elpidio a Mare, Porto S.EIpidio e Monteurano), subentrata alla AUSL.

La Corte d'Appello ha rilevato che la Cooperativa N. S. aveva svolto attività produttive e di commercializzazione dei prodotti senza scopo di lucro, presso lo stesso centro diurno per la riabilitazione e il reinserimento lavorativo dei portatori di handicap, allora denominato "L. S.", fino al 2009, in virtù di convenzione stipulata con l'AUSL; che questa veniva altresì incaricata dell'attivazione di borse lavoro e assistenziali, finalizzate al reinserimento lavorativo dei soggetti protetti; che il rapporto di lavoro della controricorrente era cessato al subentrare della C. M. ONLUS quale nuova concessionaria nella gestione del Centro e in seguito all'assunzione di un'altra dipendente, per lo svolgimento delle mansioni da essa precedentemente svolte.

La Corte d'Appello ha ritenuto, in definitiva, che pur nel cambio soggettivo dell'appaltatore, ricorresse nella specie il presupposto richiesto dall'art. 37, punto b) del contratto collettivo per i dipendenti delle Cooperative Sociali del 26/05/2004, secondo cui, in caso d'invarianza del servizio appaltato il rapporto di lavoro debba intendersi proseguito con la subentrante.

Avverso tale decisione interpone ricorso la Cooperativa Sociale C. M. ONLUS con sette censure illustrate da memoria, cui resiste con tempestivo controricorso M. A. M..

1. Nella prima censura parte ricorrente deduce violazione degli artt. 1324 e 1362 cod. civ. in relazione alla I. n. 381/1991 (artt. 1 e 5), e al Capitolato speciale per la concessione della gestione del Centro Integrato dei Servizi alla persona denominato C. d. S. e del Centro Socio Educativo riabilitativo diurno "L. S.", allegato al Bando di procedura negoziata del 10.11.2008, per avere la Corte d'Appello ritenuto che l'Ente rappresentativo dei Comuni Associati Sant'Elpidio a Mare, Porto S.EIpidio e Monteurano (cd. Ambito Sociale Territoriale n. 11), avesse conferito un appalto per la gestione unificata delle prestazioni in precedenza svolte da due diverse cooperative, con conseguente diretta applicabilità dell'art. 37 punto b) del c.c.n.I. per il personale delle cooperative sociali, in virtù del quale, quando le prestazioni restano invariate, l'azienda subentrante è tenuta a rilevare il personale dipendente dalla precedente.

L'interpretazione dell'art. 8 del Capitolato sarebbe stata, secondo parte ricorrente, pretermessa dal Giudice di seconde cure, in quanto, le prestazioni richieste dai Comuni alla nuova concessionaria oggi ricorrente, consistevano in servizi di carattere sociale, sanitario e rieducativo (art. 1, lett. a) I. n. 381/1991), diversi da quelli oggetto della precedente Convenzione del 1999 tra l'Azienda USL n. 11 e la cooperativa sociale N. S., consistenti nello svolgimento di attività produttive, agricole, commerciali e di servizi.

La stessa censura è mossa anche dall'altro profilo dell'inadeguatezza e illogicità della motivazione, in merito al fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dalla verifica che le prestazioni richieste dal Capitolato (per gli effetti di cui all'art. 37 punto b) del c.c.n.I. di settore) fossero rimaste effettivamente invariate, rispetto a quelle contemplate nella convenzione fra la cooperativa di tipo B) N. S. e l'Unità sanitaria Locale n. 11.

2. La seconda censura si appunta sul rilievo dell'illogicità della motivazione nell'aver stabilito, la sentenza gravata, l'invarianza delle prestazioni richieste dal capitolato d'appalto così da potersi configurare quella continuità occupazionale tutelata dalla disciplina collettiva in caso di avvicendamento nella gestione dell'appalto (c.d. cambio d'appalto).

Secondo la ricorrente, infatti, lo spazio per affermare l'identità delle prestazioni non sarebbe sussistito, dal momento che nell'ambito delle figure professionali, richieste dall'art. 11 del Capitolato, non risultava ricompresa quella d'impiegato amministrativo, mansione ricoperta dalla controricorrente nel corso del rapporto con la Cooperativa N. S..

Di conseguenza non potendo dirsi tecnicamente avvenuto il subentro della C. M. alla Coop. N. S., mancava qualunque collegamento professionale per affermare quella continuità occupazionale invocata dall'art. 37 punto b) del c.c.n.I. per i dipendenti delle cooperative sociali.

3. La terza censura menziona l'espresso richiamo dell'art. 5, della I. n. 381/1991 da parte della Convenzione (art. 1) per escludere l'identità delle attività tra le due cooperative. Proprio quel richiamo, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto far ritenere al Giudice d'Appello che, essendo condotti in concessione soltanto servizi socio-sanitari e educativi riservati dalla legge alle Cooperative di tipo "B", dall'appalto rimanevano interdetti tutti quei compiti "diversi" riservati alle Cooperative di tipo "A" (attività agricole, commerciali, industriali o di servizi), esattamente coincidenti con quelli svolti in via esclusiva dalla Cooperativa N. S.. Limitandosi le prestazioni oggetto della concessione ai "Servizi sanitari e sociali", la ricorrente ritiene che la volontà unilaterale del Comune concedente, come risultante dalla Convenzione allegata al Bando, escludesse in modo inequivocabile l'affidamento in capo al soggetto subentrante di ogni altra diversa prestazione.

Le prime tre censure devono essere esaminate congiuntamente per la loro intima connessione.

Esse riguardano, infatti, la coerenza argomentativa della sentenza gravata sul punto della natura delle prestazioni oggetto del Capitolato con cui l'Ambito Sociale n. 11 aveva stabilito di unificare l'appalto di servizi poi affidati alla C. M. Onlus.

Le censure, che presentano anche profili d'inammissibilità, in quanto tendono a sollecitare una rivalutazione delle istanze istruttorie inibita nel giudizio di legittimità, risultano altresì infondate.

La Corte d'Appello ha opportunamente considerato ininfluente la diversa qualificazione (Coop. di tipo A e di tipo B) dei soggetti succedutisi nell'ambito del servizio di gestione della struttura socio - sanitaria, ai fini della questione controversa che riguarda le conseguenze del cambio d'appalto nei confronti di lavoratrice dipendente dalla prima concessionaria. Infatti, così come opportunamente affermato nella decisione, l'acquisizione dell'appalto da parte della cooperativa sociale M. Onlus non ha comportato l'automatico venir meno dell’oggetto delle prestazioni facenti capo alla precedente cooperativa (attività sociali di reinserimento lavorativo dei portatori di handicap), ma ha realizzato, di contro, l'affidamento del servizio di natura socio-sanitaria e assistenziale in capo a un unico soggetto, secondo un modello integrato di erogazione dei servizi alla persona, la cui scelta gestionale la legge affida ai Comuni Associati, possibilmente in una con le ASL (d.lgs. n.267/2000 TUEL).

Nella concezione dei servizi sociali integrati, erogati per ambiti territoriali omogenei, le attività socioassistenziali per il reinserimento dei soggetti svantaggiati costituiscono il necessario complemento (e completamento) delle prestazioni sociosA.rie. Pertanto, le doglianze non si rivelano idonee a contrastare la statuizione della Corte territoriale per la quale, ai fini della corretta applicabilità delle norme del contratto collettivo sulla continuità dei rapporti di lavoro nell'ipotesi c.d. di cambio d'appalto, il necessario presupposto non è la qualificazione giuridica delle società che si succedono, bensì l'obiettiva prosecuzione del servizio (integrato).

4. Il quarto motivo contesta la sentenza gravata per aver ritenuto applicabile il punto b) dell'art. 37 del c.c.n.I. che prevede il passaggio diretto della lavoratrice in caso di cambio d'appalto per l'attuazione dell'intero oggetto dello stesso, ponendosi quest'ultimo in logica successione temporale rispetto al cambio di gestione, che fa nascere l'obbligo di assunzione del lavoratore in capo alla subentrante, conclusione che una situazione, realizzatasi soltanto di fatto, non avrebbe tuttavia dovuto, né potuto, legittimare secondo la corretta interpretazione delle norme contrattuali.

Il motivo si appunta altresì sull'erronea valutazione delle prove testimoniali sulla base delle quali la Corte d'Appello ha fondato il suo convincimento circa I’attuazione dell'intero oggetto dell'appalto coincidente con la gestione unificata delle prestazioni svolte in precedenza dalle diverse cooperative.

Il quarto motivo è inammissibile. Esso si limita, infatti, a fornire una diversa ricostruzione dei fatti, contrastante con quella accertata nella sentenza impugnata, e censura il convincimento del giudice di seconde cure difforme da quello auspicato mirando a un riesame nel merito non consentito nel giudizio di legittimità (Cass. n.11892/2016).

5. La quinta censura deduce la nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione (art. 360, n.4 cod. proc. civ.), o, comunque, contraddittorietà della stessa per il medesimo contrasto in relazione all'art. 360, n.5 del codice di rito.

Secondo la ricorrente, la Corte territoriale, pur confermando la conclusione cui era giunto il Tribunale, si sarebbe contraddetta. Il Giudice di prime cure, infatti, aveva condannato la Coop M. Onlus ad assumere la lavoratrice richiamando il punto d) dell'art. 37, il quale prevede la deroga alla continuazione del rapporto col subentrante di cui al punto b), applicata dalla sentenza d'appello, sul presupposto della varianza delle prestazioni tra vecchio e nuovo appaltatore. Il Tribunale aveva ritenuto che il rapporto dovesse continuare applicando ciò che lo stesso punto d) prevede, ossia che "...in caso di modifiche o di mutamenti significativi nell'organizzazione e nelle modalità del servizio da parte del committente..." e qualora il cambio d'appalto comporti rischi per l'occupazione e per le condizioni di lavoro, i lavoratori eccedenti potranno essere adibiti in altri servizi "...anche con orari diversi e in mansioni equivalenti".

La Corte d'Appello, secondo la ricorrente, giungerebbe alle stesse conclusioni del Tribunale partendo da un presupposto antitetico, ossia quello dell'invarianza dei servizi appaltati. Perciò la sentenza gravata sarebbe inficiata da vizio di nullità per contrasto logico tra dispositivo e motivazione.

La quinta censura è infondata.

Prospettata alla stregua dell'error in procedendo, essa si rivela, infatti, generica nell'indicazione degli elementi di fatto idonei a individuare il vizio processuale, limitandosi il ricorrente a contestare alla Corte territoriale un iter logico argomentativo in parte autonomo da quello seguito dal giudice di prime cure, sia pure conducente allo stesso esito (Cass. n. 9888/2016).

La stessa non può accogliersi neanche sotto il profilo del vizio di motivazione sul fatto controverso tra le parti e decisivo per il giudizio, in quanto, per come e prospettata, tende a invocare proprio quel controllo sulla motivazione della decisione d'appello che la legge preclude in via di principio al giudice di legittimità.

Neppure la doglianza arriva a porre in gioco la statuizione del Giudice di seconde cure, che, nel ricondurre la fattispecie all'art. 37, punto b), con motivazione esente da vizi logici e argomentativi ha ritenuto non raggiunta, nell'istruttoria del giudizio di merito, prova della ricorrenza dei presupposti per la cessazione del rapporto di lavoro in capo alla subentrante che l'art. 37, punto d) del c.c.n.I. individua: a) in un mutamento dell'oggetto delle prestazioni in capo alla nuova società così come risultanti dal capitolato d'appalto o dalla convenzione; b) in mutamenti importanti dell'organizzazione e del servizio imposti dal committente e/o nell’introduzione di tecnologie produttive con eventuali ripercussioni sull'occupazione.

6. La sesta censura contesta la sentenza gravata per avere attribuito lo svolgimento di prestazioni socio-sA.rie assistenziali e rieducative a una cooperativa di tipo "B" a cui le stesse erano precluse per legge per essere riservate alle cooperative di tipo "A" (art. 1 I. n.381/1991), al tempo stesso attribuendo alla ricorrente, cooperativa del secondo tipo, prestazioni e servizi diversi, di esclusiva pertinenza delle prime. Da ciò esclude parte ricorrente che la dipendente potesse ottenere il passaggio diretto da una Coop. di tipo "B" come la N. S. a una di tipo "A" come la C. M. Onlus.

La sesta censura è assorbita.

7. La settima censura deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ. e dell'art. 37 punti b) e d) c.c.n.I. per i dipendenti delle cooperative sociali del 26/05/2004, per avere la sentenza ritenute non provate le condizioni per far valere la deroga all'obbligo della riassunzione di cui alla lett. d), dovendo ritenersi assorbita ogni ulteriore questione circa l'obbligo di attivare la procedura di consultazione ivi prevista per collocare la risorsa, divenuta personale eccedente "...in mansioni equivalenti e anche con orari diversi".

La Corte d'Appello, ritenendo insufficiente l'allegazione di un organigramma che riportava puntualmente le figure professionali richieste dal capitolato senza prevedere ruoli di tipo amministrativo come quello ricoperto dalla controricorrente presso la Cooperativa N. S., avrebbe erroneamente accollato l'onere di provare la deroga all'obbligo dell'assunzione alla C. M. e non all'impresa uscente. La mancata considerazione da parte della Corte d'Appello di un tale fatto decisivo e controverso tra le parti avrebbe, pertanto, orientato il giudizio in modo diverso da quello che ci si sarebbe dovuto attendere da una motivazione esente da vizi logico-argomentativi.

Il motivo è infondato.

L'impianto motivazionale della sentenza gravata è sul punto chiaro e coerente. La Corte territoriale non nega aprioristicamente la concreta possibilità che l'unificazione dei servizi di riabilitazione sociosanitaria e di reinserimento lavorativo possa comportare le temute ripercussioni sul piano occupazionale e segnatamente sul mantenimento di rapporti di lavoro, come quello in esame basato su mansioni di tipo amministrativo rendendone superfluo l'esercizio e reale la possibilità di estinzione. Nondimeno, ritiene che non sia emersa prova dell'esistenza dei presupposti per l'operatività della deroga alla continuazione del rapporto di lavoro, avendo valutato che a ciò non si prestasse la sola allegazione di un organigramma che non prevedeva ruoli di tipo amministrativo.

Tale ragionamento appare a questa Corte inattaccabile e, di conseguenza, neanche la settima e ultima censura va accolta.

Conclusivamente il ricorso è infondato e va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento nei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.