Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 maggio 2019, n. 13629

Tributi - Cessione d’azienda - Esercizio di tabaccheria - Determinazione della plusvalenza - Deducibilità tassa di concessione governativa e utili corrisposti agli associati in virtù di contratto di associazione in partecipazione

Rilevato che

Con sentenza n. 188/28/2012, depositata il 31 dicembre 2012, non notificata, la CTR della Lombardia accolse l'appello principale proposto dall'Agenzia delle Entrate nei confronti del sig. L.C., respingendo nel contempo l'appello incidentale proposto dal contribuente, avverso la sentenza resa tra le parti dalla CTP di Milano, che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento per l'anno 2004, con il quale era stata rettificata la plusvalenza derivante da due cessioni di azienda, aventi ad oggetto esercizio di tabaccheria, realizzate nell'anno 2004, con conseguente ripresa a tassazione della maggiore IRPEF dovuta.

La CTR ritenne fondato l'appello principale dell'Ufficio avverso la sentenza di primo grado nella parte in cui quest'ultima aveva riconosciuto la deducibilità, ai fini del calcolo del valore delle cessioni di azienda, dalla residua parte della tassa di concessione governativa, ancora da ammortizzare, affermando che il relativo costo era già stato considerato dalla stesso contribuente nel calcolo della plusvalenza; rigettò invece l'appello incidentale del contribuente volto al riconoscimento della deducibilità degli utili corrisposti agli associati in virtù di contratto di associazione in partecipazione, in mancanza di documentazione idonea a comprovare gli asseriti pagamenti in esecuzione del contratto medesimo.

Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L'Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine di partecipare all'eventuale udienza di discussione.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 19 della I. 22 dicembre 1957, n. 1293, che prevede, per quanto qui interessa, che le rivendite speciali di generi di monopolio sono affidate a privati in appalto o gestione di durata non superiore a nove anni.

Il ricorrente rileva che, costituendo la tassa di concessione governativa all'uopo dovuta mero costo non altrimenti recuperabile, se ne deve ammettere la deduzione, per la quota residua, non ancora ammortizzata al tempo delle cessioni, pari ad Euro 31.602,41 che va conseguentemente a ridurre l'entità della plusvalenza come invece determinata dall'Ufficio.

2. Analoga contestazione è svolta dal ricorrente, nell'ambito del secondo motivo, con riferimento alla denuncia di violazione degli artt. 68 e 86 del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR) quanto alla determinazione del calcolo della plusvalenza, senza che si sia detratto dal relativo importo il suddetto costo deducibile.

3. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., in relazione all'art. 2549 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato l'appello incidentale del contribuente volto al riconoscimento della deducibilità degli utili corrisposti agli associati in partecipazione, ritenendo non provati gli asseriti pagamenti effettuati in esecuzione del contratto di associazione in partecipazione.

4. I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono inammissibili.

La CTR della Lombardia, con accertamento di fatto non contestato in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. nella sua formulazione applicabile ratione temporis nel presente giudizio, ha affermato che il costo relativo alla parte residua della tassa di concessione governativa non ancora ammortizzata per l'importo di Euro 31.602,00 sia stato già computato dallo stesso contribuente nel totale generale dei beni ammortizzabili pari ad Euro 34.832,46, che costituisce (all'incirca) appunto la somma del detto importo di Euro 31.602,00, del fondo di ammortamento di macchine per ufficio (Euro 388,23), del fondo di ammortamento impianti industriali (Euro 11,31) e del fondo di ammortamento di altri oneri pluriennali (Euro 2.840,51).

La sentenza impugnata, dunque, non ha negato la deducibilità del succitato costo di Euro 31.602,00 in relazione alle disposizioni di legge indicate dal ricorrente in rubrica in ciascun motivo di ricorso, ma ha affermato, con accertamento di fatto non censurato in relazione al vizio di motivazione di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. quale applicabile ratione temporis al presente giudizio, e pertanto non oggetto a tal fine di sindacato da parte di questa Corte, che esso sia già stato calcolato ai fini della determinazione della plusvalenza da cessione di azienda tassabile.

3. Il terzo motivo è anch'esso inammissibile per carenza di autosufficienza.

3.1. Parte ricorrente assume che la deducibilità degli utili corrisposti agli associati in partecipazione, per le annualità sino al 2003, ante riforma dell'art. 109, comma 9, lett. b) del TUIR, secondo cui, con decorrenza dal 1° gennaio 2004 per effetto della modifica introdotta dall'art. 1 del d. Igs. 12 dicembre 2003, n. 344, non è deducibile la remunerazione dovuta «relativamente ai contratti di associazione in partecipazione ed a quelli di cui all'art. 2554 del codice civile allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi», debba essere generalmente riconosciuta (sulla tendenziale riconducibilità delle somme erogate a titolo di partecipazione agli utili in favore dell'associato in partecipazione nei compensi deducibili, nel vigore del d.P.R. n. 597/1973, salvo eccezioni normativamente previste, cfr. Cass. sez. 5, 18 luglio 2014, n. 16454).

3.2. Sennonché è lo stesso ricorrente a menzionare la circolare n. 50/E del 12 giugno 2002 che, riguardo alle condizioni per la deducibilità dei compensi erogati all'associato richiede tra queste, in maniera senz'altro condivisibile, l'indicazione nel contratto di associazione in partecipazione della natura dell'apporto dell'associato e, qualora questo sia costituito da denaro ed altri valori, di elementi certi e precisi comprovanti l'avvenuto apporto.

3.3. Sebbene il contratto di associazione in partecipazione, registrato nel 1999, sia allegato in copia al ricorso per cassazione come facente parte "dei fascicoli dei precedenti gradi", parte ricorrente non indica tempo e luogo della produzione nel giudizio di merito, onde porre la Corte in condizione di valutare se la doglianza formulata in relazione alle denunciate o false applicazioni di norme di diritto sia fondata, per essere stato detto contratto, quale fonte dell'obbligazione di corresponsione degli utili agli associati, ritualmente prodotto nel giudizio di merito, restando quindi irrilevante l'ulteriore doglianza circa la pretesa violazione del principio di non contestazione riguardo alla corresponsione degli utili all'associato.

4. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

5. Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo svolto l'Amministrazione finanziaria difese.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 - quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13.