Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 aprile 2017, n. 9170

Rapporto di lavoro - Istruttrice di body building - Infortunio - Omissione di misure protettive - Responsabilità

Fatti di causa

Con sentenza del 7 dicembre 2010, la Corte d'Appello di L'Aquila, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Pescara, accoglieva la domanda proposta da V.R. nei confronti di Progetto Fitness Associazione Dilettantistica, avente ad oggetto la condanna di quest'ultima al risarcimento del danno conseguente all'infortunio occorsole mentre, nello svolgimento della sua attività di lavoro quale istruttrice di body building presso la predetta Associazione, utilizzava l'attrezzo ginnico denominato "squat con bilanciere".

La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto regolare la notifica del ricorso in appello effettuata all'Associazione, in persona del suo Presidente, nel domicilio eletto presso gli avvocati, suoi difensori in primo grado; sussistente la responsabilità dell'Associazione datrice per essere l'uso dell'attrezzo comunque consentito anche se non ai principianti, per essere la R., in possesso delle cognizioni necessarie all'uso dell'attrezzo, per non aver la stessa nell'occasione compiuto alcuna imprudenza e per essere l'attrezzo privo delle barre laterali di protezione, idonee ad impedire l'evento, circostanze integranti l'omissione di misure protettive e comunque culpa in vigilando e ravvisabile un danno permanente stimabile nella misura del 10% e risarcibile sulla base della tabelle del Tribunale di Milano aggiornate secondo i criteri di cui alla pronunzia di questa Corte a sezioni unite ed aumentate ai fini della personalizzazione del danno.

Per la cassazione di tale decisione ricorre l'Associazione, affidando l'impugnazione a quattro motivi.

La R. è rimasta intimata.

 

Ragioni della decisione

 

Con il primo motivo, posto sotto la rubrica "Art. 360, n. 5 c.p.c. - Omessa o comunque insufficiente ed erronea motivazione della sentenza circa fatti controversi decisivi per il giudizio , in relazione agli artt. 36, 37 e 38 c.c., 145, 101, 103, 112 e 435 c.p.c.", l'Associazione ricorrente deduce l'incongruità della motivazione circa il rigetto dell'eccezione di improcedibilità del ricorso in appello per essere stato questo erroneamente notificato alla rappresentante legale dell'Associazione nel domicilio eletto in primo grado, che peraltro in quella sede si era costituita in proprio e non in nome dell'Associazione, rimasta contumace.

Nel secondo motivo la medesima censura è prospettata sotto il profilo della violazione delle richiamate norme di legge.

Con il terzo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 2087 c.c., l'Associazione ricorrente deduce la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale per avere questa erroneamente ritenuto la norma in questione applicabile ai rapporti di lavoro autonomo.

Il quarto motivo è inteso a denunciare un vizio di motivazione dell'impugnata sentenza in relazione alla complessiva valutazione del materiale istruttorio.

I primi due motivi, che in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati non avendo l'Associazione ricorrente qui dimostrato la propria mancata costituzione e la conseguente sua contumacia nel giudizio di primo grado, da qui discendendo la legittimità della conclusione cui perviene la Corte territoriale per la quale, in relazione alla costituzione in giudizio dell'Associazione anche in sede di appello, la notifica, effettuata nei confronti del soggetto che, rivestendo il ruolo di rappresentante legale della predetta Associazione costituita ai sensi dell'art. 36 c.c. e dunque non riconosciuta, in primo grado stava in giudizio per conto della stessa, tanto essendo desumibile dalla mancata declaratoria di contumacia dell'Associazione, ha comunque raggiunto lo scopo della costituzione del contraddittorio fra le parti.

Di contro inammissibile risulta il terzo motivo stante la non deducibilità di una simile censura a fronte della mancata contestazione della prospettazione risultante dal ricorso introduttivo del giudizio, da cui emergeva la natura subordinata del rapporto di lavoro in essere tra l'Associazione e la R. in relazione alla quale entrambi i giudici di merito hanno scrutinato la controversia sottoposta al loro vaglio.

Parimenti inammissibile risulta infine il quarto motivo, risolvendosi il denunciato vizio di motivazione nel riproporre l'originaria obiezione per la quale nella palestra era stata vietata l'esecuzione dell'esercizio detto "squat con bilanciere" a corpo libero e che la ricorrente proprio in quanto consapevole di non poter fornire un'assistenza adeguata aveva tenuto un comportamento imprudente ed abnorme, che risulta ampiamente confutata sulla base di argomenti che qui non risultano sottoposti a specifica censura.

Il ricorso va dunque rigettato senza attribuzione delle spese per non aver svolto l'intimata alcuna attività difensiva.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.