Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 luglio 2017, n. 17293

Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) - Tassazione superfici operative - Applicabilità

 

Esposizione dei fatti di causa

 

1. La società P. s.p.a. impugnava la cartella di pagamento relativa alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani emessa dal comune di Anagni per l'anno 2004. La commissione tributaria provinciale di Frosinone accoglieva il ricorso con sentenza che era riformata dalla commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, sul rilievo che la contribuente, pur producendo rifiuti speciali, per i quali era tenuta allo smaltimento in proprio, era altresì tenuta al pagamento della tassa in relazione ai locali ed aree di deposito che erano di norma superfici operative e, quindi, tassabili, essendo destinate all'immagazzinamento dei prodotti finiti.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a quattro motivi illustrati con memoria. Resiste il Comune di Anagni con controricorso pure illustrato con memoria.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza, violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., in quanto la CTR ha omesso di pronunciarsi sulla questione relativa al fatto che la cartella di pagamento era stata emessa senza previa notifica dell'avviso di accertamento.

4. Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza, violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., in quanto la CTR ha omesso di pronunciarsi in ordine alla questione inerente il fatto che essa ricorrente provvedeva allo smaltimento dei rifiuti speciali in proprio e non era, quindi, tenuta al pagamento della tassa o, comunque, era tenuta al pagamento in misura ridotta.

5. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza, violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., per aver la CTR omesso di pronunciarsi in ordine alla non assimilabilità dei rifiuti industriali prodotti a quelli urbani, con conseguente insussistenza del presupposto impositivo.

6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 3 e 5, cod. proc. civ., in quanto la CTR ha errato nel ritenere che il tributo fosse dovuto poiché la società era iscritta nei ruoli Tarsu del comune di Anagni da diversi anni. Invero l'autonomia dell'obbligazione tributaria fa sì che il debito maturi in ciascun anno solare, per il che è irrilevante la circostanza che per anni precedenti la società abbia pagato la tassa.

 

Esposizione delle ragioni della decisione

 

1. Osserva la Corte che il primo ed il quarto motivo di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. Essi, pur prescindendo dai profili di inammissibilità derivanti dall'essere stati formulati con riguardo a diversi profili elencati dall'art. 360 cod. proc. civ., sono infondati. Invero la Corte di legittimità ha già affermato il principio, al quale questo collegio intende conformarsi, secondo cui, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), l'art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993, attribuisce ai Comuni la facoltà eccezionale, non suscettibile di applicazioni estensive, di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo sulla base dei ruoli dell'anno precedente, tenendo conto dei dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, sicché, salvo il caso di omessa denuncia o incompleta dichiarazione da parte del contribuente, non occorre la preventiva notifica di un atto di accertamento (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22248 del 30/10/2015). Ne consegue che l'iscrizione a ruolo della Tarsu per l'anno 2004 e la conseguente emissione della cartella non necessitavano della previa notifica di avviso di accertamento, considerata l'avvenuta iscrizione a ruolo per gli anni precedenti.

2. Il secondo e terzo motivo vanno parimenti esaminati congiuntamente riguardando la medesima questione. La Corte di legittimità ha già affermato il principio secondo cui "In tema di tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, dalla determinazione della superficie tassabile, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 3, sono escluse le porzioni di aree dove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, ivi compresi quelli derivanti da lavorazioni industriali (del D.P.R. n. 915 del 1982, art. 2) - allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori dei rifiuti stessi in base alle norme vigenti - ma non anche i locali e le aree destinati all'immagazzinamento dei prodotti finiti, i quali rientrano nella previsione di generale tassabilità, a qualunque uso siano adibiti, posta dall'art. 62, comma 1, prima parte. Non assume rilievo, infatti, il collegamento funzionale con l'area produttiva, destinata alla lavorazione industriale, delle aree destinate all'immagazzinamento dei prodotti finiti, come di tutte le altre aree di uno stabilimento industriale, tra cui quelle adibite a parcheggio, a mensa e ad uffici, non essendo stato previsto tale collegamento funzionale fra aree come causa di esclusione dalla tassazione neanche dalla legislazione precedente l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 507 del 1993 (Cassazione civile, sez. trib., 18 dicembre 2003, n. 19461). La contribuente non ha fornito alcuna prova in ordine alla effettiva delimitazione delle aree in cui si sarebbero prodotti solo rifiuti speciali (come invece sarebbe stato suo onere), principio, quest'ultimo pienamente conforme alla giurisprudenza della Corte secondo cui "In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62 nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, per tali dovendosi intendere, D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, ex art. 2 fra l'altro, quelli "derivanti da lavorazioni industriali". Su tale disciplina deve ritenersi che non abbia inciso la L. 22 febbraio 1994, n. 146, art. 39, la quale ha assimilato i rifiuti "speciali" a quelli urbani, e, pertanto, i luoghi specifici di lavorazione industriale, cioè le zone dello stabilimento sulle quali insiste il vero e proprio opificio industriale, vanno considerate estranee alla superficie da computare peri il calcolo della tassa in questione. L'onere della prova circa l'esistenza e la delimitazione delle zone anzidette, esentate dalla tassa, spetta a chi ritiene di averne diritto, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato" (Cass. n. 16864 del 20/07/2009; Cass., n. 12749 del 2/9/2002 ed altre).

3. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la contribuente a rifondere al comune le spese processuali che liquida in euro 1.500,00 oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.