Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 giugno 2019, n. 16738

Tributi - Operazioni di importazione - Dichiarazione doganale - Rettifica - Diritti doganali - Dazi antidumping

 

Rilevato che

 

- quanto al procedimento RG n. 4813/2014, con sentenza n. 42/03/2013 depositata il 25 settembre 2013 e notificata in data 13 dicembre 2013, la Commissione tributaria regionale della Liguria, accoglieva l'appello della I. s.r.l., in persona del legale rappresentante prò tempore, nei confronti dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore prò tempore, avverso la sentenza n. 159/01/2010 della Commissione tributaria provinciale di Genova che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l'atto di contestazione n. 31345 con il quale l'Agenzia delle dogane - sulla base di un previo avviso di rettifica della dichiarazione doganale con recupero di diritti doganali e interessi- aveva irrogato sanzioni in relazione ad operazioni di importazione - effettuate dalla contribuente negli anni 2006/2007- di accessori per tubi dichiarati di origine "India" e risultati, a seguito di verifica dell'OLAF, di origine cinese, con indebita applicazione del trattamento preferenziale di origine India ed evasione anche del dazio antidumping di cui al Regolamento (CE) n. 964/2003;

quanto al procedimento RG n. 22284/2014, con sentenza n. 41/03/2013, depositata il 25 settembre 2013, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Liguria, rigettava l'appello proposto dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore prò tempore, nei confronti di I. s.r.l., in persona del legale rappresentante prò tempore, avverso la medesima sentenza n. 159/01/2010;

- in punto di fatto, dalle sentenze di appello emerge che: 1) avverso l'atto di contestazione delle sanzioni n. 31345, la I. s.r.l. aveva proposto ricorso dinanzi alla CTP di Genova deducendone l'illegittimità derivata in forza dei vizi - per violazione degli artt. 52, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972, 12, comma 7 della legge n. 212 del 2000, 11 del d.lgs. n. 374 del 1990, per omessa notifica alla detta società del processo verbale di revisione dell'accertamento e lesione del diritto di difesa; falsa applicazione dell'art. 220, par. 2, lett. b) del CDC, stante la buona fede della contribuente - che inficiavano, a suo avviso, l'avviso di rettifica dell'accertamento emesso per il recupero dei dazi evasi (oggetto di separato ricorso) nonché l'illegittimità per vizi propri dell'atto impugnato, quale la violazione dell'art. 303 del d.P.R. n. 43 del 1973 e della disciplina in tema di continuazione di cui all'art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997; 2)la CTP di Genova, con sentenza n. 159/1/10 aveva accolto parzialmente il ricorso della contribuente, rilevando la sussistenza, nella specie, dei presupposti di cui all'art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997; 3) avverso la sentenza della CTP, nel procedimento RG n. 4813/14, aveva proposto appello la società contribuente chiedendo la declaratoria di invalidità derivata dell'atto di contestazione e, nel procedimento RG n. 22284/2014, l'Ufficio, chiedendo la conferma integrale dell'atto di contestazione delle sanzioni; 4) aveva controdedotto, nel procedimento R.G. n. 4813/14, l'Ufficio chiedendo la conferma integrale dell'atto di contestazione delle sanzioni, e, nel procedimento RG n. 22284/2014, la società contribuente chiedendo l'annullamento integrale dell'atto di contestazione delle sanzioni;

- in entrambe le sentenze, la CTR in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) l'atto di contestazione impugnato era nullo per invalidità derivata dall'atto presupposto di rettifica dell'accertamento, in quanto applicandosi nell'ordinamento interno i principi espressi in tema di contraddittorio dalla sentenza Sopropè della Corte di Giustizia, l'art. 11 comma 2 d.lgs. n.374/1990, nella parte in cui consentiva all'Ufficio doganale di avvisare il contribuente sulla revisione dell'accertamento, fissando un termine di 15 giorni, faceva nascere un vero e proprio obbligo dell'Amministrazione al contraddittorio preventivo; 2) tale vizio era da considerarsi assorbente;

- in entrambi i procedimenti, avverso le sentenze della CTR, l'Agenzia delle dogane propone separati ricorsi per cassazione affidati a due motivi, cui resiste, con rispettivi controricorsi, la società contribuente;

- nel procedimento RG n. 22284/2014, con ordinanza di questa sezione del 5 febbraio 2019 la causa veniva rinviata a nuovo, per la trattazione congiunta alla causa RG n. 4813/2014, pendente dinanzi alla sezione 6°-5° di questa Corte;

- in entrambi i procedimenti, I. s.r.l., ha depositato memoria illustrativa ex art. 380bisl c.p.c.;

- i ricorsi sono stati rifissati in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375, secondo comma, e dell'art. 380-bis.l cod. proc. civ., introdotti dall'art. 1 -bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.

 

Considerato che

 

- preliminarmente va disposta la riunione del procedimento R.G. n. 22284/2014 a quello RG n. 4813/14, traendo origine le due sentenze impugnate della CTR della Liguria (n. 41/03/13 e n. 42/03/2013 pronunciate dal medesimo Collegio e depositate entrambe il 25 settembre 2013) dalla impugnativa della medesima sentenza della CTP di Genova n. 159/1/2010 relativa al medesimo atto di contestazione di sanzioni n.31345;

- in entrambi i procedimenti, con il primo motivo, l'Agenzia delle dogane denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c., per avere la CTR omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame con cui l'Ufficio aveva dedotto la violazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997, non sussistendo, nel caso di specie, né l'ipotesi del concorso di violazioni formali di cui al comma 1, né quella della progressione tra violazioni, di cui al comma 2, né tantomeno, trattandosi di un tributo istantaneo, quella della ricorrenza di un "periodo di imposta" di cui al comma 5, cit.;

- in entrambi i procedimenti, con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 11 del d.lgs. n. 374 del 1990, per avere la CTR erroneamente ritenuto l'atto di contestazione delle sanzioni in questione affetto da invalidità derivata dell'atto presupposto, per essere l'obbligatorietà del contraddittorio preventivo imposta anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia europea C-349/2007 "Sopropè", senza considerare che l'art. 11 cit., nella versione ratione temporis, tutelava già il diritto al contraddittorio in modo pieno e anticipato, consentendo l'instaurazione di un contenzioso in sede amministrativa nel quale far valere le proprie ragioni mediante l'istituto della controversia doganale (artt. 66, 70, 76 d.P.R. n.43/73). Peraltro, la sentenza Sopropè non aveva sancito un diritto al contraddittorio astratto, semmai richiedendo l'accertamento in concreto che la mancata concessione di un termine alla parte contribuente abbia inciso sulla possibilità del contribuente di essere concretamente e utilmente sentito dalle autorità doganali;

- quanto al procedimento RG n. 4813/2014, preliminarmente, questo Collegio rileva l'inammissibilità - peraltro, eccepita nel controricorso- dei ricorso per tardività della notifica;

- questa Corte, a sezioni unite, già con la sentenza n. 17352 del 2009, ripercorrendo le posizioni emerse progressivamente nella giurisprudenza negli anni precedenti, aveva affermato esplicitamente il principio secondo il quale "In tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie";

- sul concetto di "termine ragionevolmente contenuto" entro il quale dovesse essere ripresa la procedura notificatoria, sono nuovamente intervenute, con un recente arresto, le Sezioni Unite (n. 14594 del 2016), secondo le quali "In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare ¡I limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa";

- l'attività del richiedente, quindi, da "onere" passa a "dovere", così chiarendo definitivamente il contenuto dei compiti del notificante; inoltre viene quantificato il termine "ragionevolmente contenuto", che viene determinato - in una prospettiva ordinaria (tenuto conto che, in fondo, si tratta di rinnovare una sola delle attività per le quali il termine complessivo è riconosciuto) - nella metà dei termini ex art. 325 c.p.c., ossia, per quanto concerne il ricorso per cassazione, in trenta giorni. È conservata invero, né poteva essere diversamente, la facoltà per l'interessato di dimostrare che tale dilazione è insufficiente in ragione di circostanze eccezionali, della cui prova resta onerato (Cass. n. 5974 del 2017);

- nella concreta vicenda, a fronte della sentenza impugnata n. 42/03/2013 notificata in data 13 dicembre 2013 - con conseguente scadenza del termine ultimo per la notificazione del ricorso, ai sensi dell'art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. alla data dell’11 febbraio 2014 - risulta dagli atti: a) che il ricorso per cassazione era stato inoltrato tempestivamente per la notifica, in data 11 febbraio 2014, a I. s.r.l., rapp.ta e difesa dagli avv.ti M. B. e P. P. con domicilio eletto presso lo studio dell'ultimo in Via della Libertà 4/5, Genova, mediante spedizione di copia conforme a mezzo del servizio postale; b) che il plico non era stato ivi consegnato, stante la variazione di indirizzo di studio del domiciliatario; c) che l'Agenzia delle entrate aveva ripreso il processo notificatorio con spedizione, a mezzo posta, del ricorso, in data 1° aprile 2014, a I. s.r.l., rapp.ta e difesa dagli avv.ti M. B. e P. P. presso lo studio dell'ultimo, quale domiciliatario, in Corso Torino 30/18, Genova;

- invero, benché il mancato esito positivo del primo tentativo di notifica, dunque, non sia dipeso da una causa imputabile alla parte richiedente, quest'ultima, tuttavia, non ha dimostrato di avere riattivato la procedura notificatoria entro il trentesimo giorno dalla conoscenza - che costituisce circostanza pur sempre a carico probatorio del notificante e che, dunque, in mancanza di diversa prova deve farsi coincidere con la data di attestata irreperibilità del destinatario (13 febbraio 2014) - dell'esito negativo del primo tentativo di notifica;

- in mancanza di prova da parte dell'Ufficio di circostanze eccezionali, il ricorso va dichiarato inammissibile, stante la spedizione, a mezzo posta, del ricorso, in data 1° aprile 2014, oltre il termine ultimo per la proposizione dello stesso ai sensi dell'art. 325, comma 2, c.p.c.;

-la pronuncia di inammissibilità per tardività del ricorso relativo al procedimento RG 4813/14, facendo passare in giudicato la sentenza della CTR Liguria n. 42/03/2013, preclude il riesame della identica questione di diritto (involgente la verifica della legittimità del medesimo atto sanzionatorio) di cui alla sentenza della CTR Liguria n. 41/03/13, impugnata con ricorso per cassazione nel procedimento riunito RG n. 22284/2014; ciò in base al condivisibile principio di diritto secondo cui: "Qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dell'identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il "petitum" del primo" ( Cass. Sez. 6-2, Ord. n. 11600 del 14/05/2018); peraltro, nella specie, gli effetti preclusivi del giudicato sulla sentenza della CTR n. 40/03/2013, derivano dall'applicazione del principio di diritto per cui "La preclusione del giudicato opera nel caso di giudizi identici - per identità di soggetti, "causa petendi" e "petitum", per la cui valutazione occorre tenere conto dell'effettiva portata della domanda giudiziale e della decisione - ma nei soli limiti dell'accertamento della questione di fatto e non anche in relazione alle conseguenze giuridiche" (Cass. Sez. 5, n. 12763 del 06/06/2014);

- in conclusione, previa riunione dei ricorsi, quanto al procedimento RG 4813/14, va dichiarato inammissibile il ricorso per tardività della notifica, con compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità, stante il consolidamento della giurisprudenza di legittimità sul tema della procedura notificatoria successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione; quanto al procedimento RG 22284/2014, il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse, con compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità avuto riguardo alla peculiarità della concreta vicenda processuale;

 

P.Q.M.

 

Riunisce al ricorso R.G. n. 4813/2014 quello R.G. n.22284/2014;

dichiara inammissibili i ricorsi e compensa integralmente tra le parti le spese dei riuniti giudizi di legittimità;