Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1362

Accertamento - Riscossione - Cartella esattoriale - Iscrizione a ruolo - Condono

 

Fatti di causa

 

in data 04.03.2008, Equitalia Nomos Spa notificava a D'A. A., quale Incaricato per la riscossione dell'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Montebelluna, la cartella esattoriale n. 113 2008 00050745 42 riportante la richiesta di pagamento delle rate di condono successive alla prima, non onorate dalla contribuente e dovute all'Erario ex art. 9, L. n. 289 del 2002, per i periodi d'imposta dal 1997 al 2001 inclusi, nonché per l'anno 2002, in base all'art. 2, comma 44, L. n. 350 del 2003, per un importo complessivo di Euro 12.067,88.

Nel dettaglio, la cartella notificata conteneva l'iscrizione a ruolo della seconda e terza rata del condono richiesto per via telematica tramite intermediario, essendo stata versata dalla contribuente solo la prima, per un importo di Euro 3.000,00. Inoltre, relativamente all'anno d'imposta 2002, veniva richiesto il pagamento del saldo in linea capitale di Euro 935,96, oltre agli interessi sulla seconda rata in quanto versata in ritardo (il 18.10.2004 anziché entro il 21.06.2004), alle sanzioni sulla seconda e terza rata, da versarsi entro il 16.09.2004, ed agli interessi di legge per un totale, in relazione a quell'anno, di Euro 1.579,86.

Avverso l'atto impositivo la contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, chiamando in causa anche l'Incaricato per la riscossione, ed adduceva la nullità della cartella di pagamento per molteplici vizi, quali l'omessa sottoscrizione del responsabile del procedimento, l'erroneità dell'iscrizione a ruolo e la carenza di motivazione. Inoltre, sosteneva di non aver mai presentato le domande di condono e di non aver conferito alcun incarico agli intermerdiari, Dott. I. V. o Rag. G. G., di predisporre per suo conto le istanze di definizione delle pendenze tributarie mediante una delle modalità di condono di cui alla L. n. 289 del 2002. Soggiungeva di aver avuto notizia dei pagamenti effettuati per suo conto, soltanto perché sul proprio conto corrente risultavano addebitati tre modelli F24 riferiti al condono, ma affermava di non aver mai apposto le firme neppure in calce a tali modelli. Chiedeva, pertanto, l'annullamento della notificata cartella esattoriale e formulava domanda di rimborso degli importi versati con F24, oltre interessi di legge.

Si costituiva in giudizio l'Agenzia delle Entrate contrastando le difese articolate da controparte. In particolare, l'Ufficio affermava il proprio difetto di legittimazione passiva con riguardo alle contestazioni riferibili all'operato dell'Incaricato per la riscossione, mentre nel merito sosteneva che il mandato conferito all'intermediario di provvedere alla trasmissione telematica della dichiarazione di condono, si risolveva in un atto privato, suscettibile di produrre effetti soltanto fra le parti che lo avevano posto in essere, e che tale rapporto non fosse opponibile all'Amministrazione finanziaria, soggetto terzo in buona fede, in quanto la ricezione delle domande di condono era avvenuta regolarmente ed aveva prodotto i propri effetti, sicché in assenza di prova contraria ex art. 2697 cod. civ., le deduzioni svolte dalla contribuente dovevano ritenersi irrilevanti.

La Commissione Tributaria Provinciale di Treviso rigettava il ricorso della contribuente, sia per quanto concerne le contestazioni relative ai vizi propri della cartella sia per quanto riguarda la pretesa tributaria.

A. D'A. impugnava la decisione, criticando i Giudici di primo grado per non aver tenuto conto del difetto di motivazione della cartella di pagamento, la quale non conteneva, a suo avviso, l'esatta indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che avrebbero legittimato l'iscrizione a ruolo. La contribuente lamentava, inoltre, che l'impugnata Commissione Tributaria Provinciale avesse errato nella ripartizione dell'onere della prova, perché competeva all'Amministrazione finanziaria dimostrare che il credito vantato fosse sorto in base ad un presupposto idoneo a giustificarlo. Censurava, infine, l'omessa pronuncia in ordine al disconoscimento delle dichiarazioni di condono presentate in via telematica all'Amministrazione finanziaria, ritenendo che fossero prive di efficacia probatoria, in quanto lei non le aveva sottoscritte e l'Ufficio, comunque, avrebbe dovuto proporre istanza di verifica.

L'Ente impositore si costituiva in sede di gravame e, rispondendo ad ogni contestazione ex adverso formulata, rinnovava le argomentazioni già proposte nel precedente grado di giudizio.

All'udienza del 25.01.2001 la Commissione Tributaria Regionale emetteva ordinanza a mezzo della quale, ritenuta la necessità di acquisire copia cartacea della dichiarazione di condono, disponeva che l'Agenzia delle Entrate producesse la documentazione richiesta nel termine di 90 giorni dal provvedimento stesso. L'Ufficio depositava memoria con la quale affermava di non avere la disponibilità di quanto richiesto, sottolineando che le dichiarazioni erano state trasmesse, come consentito dalla legge, in via telematica e che, pertanto, la prova della loro ricezione è rappresentata dalla attestazione rilasciata dal sistema informatico dell'Agenzia delle Entrate.

L'adita Commissione, con sentenza n. 105 del 27.09.2011, accoglieva il gravame proposto dalla contribuente ed annullava la cartella di pagamento impugnata.

Avverso la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale di Venezia- Mestre, ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate, affidandosi a due motivi di ricorso. La contribuente, A. D'A., e l'Incaricato per la riscossione, Equitalia Nomos Spa, non si sono costituiti.

 

Ragioni della decisione

 

1.1. - Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle Entrate lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, del Dpr n. 322 del 1998, e 9, della L. n. 289 del 2002, nonché degli artt. 1325, 1350 e 2230 cod. civ., per avere la Commissione Tributaria Regionale impugnata ritenuto non essere stata fornita la prova della legittimità della pretesa impositiva.

1.2. - L'Ente impositore, mediante il secondo motivo d'impugnazione, che indica di proporre ancora ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., si duole della violazione e falsa applicazione dell'art. 3, Dpr n. 322 del 1998, dell'art. 43 Dpr n. 600 del 1973, nonché dell'art. 2697 cod. civ., verificatasi per avere, la impugnata Commissione Tributaria Regionale, erroneamente ritenuto che l'Agenzia delle Entrate potesse richiedere all'intermediario la prova scritta della presentazione della domanda di condono all'intermediario.

2.1. - 2.2. - Con il primo motivo d'impugnazione la ricorrente Agenzia delle Entrate critica la Commissione Tributaria Regionale per non aver ritenuto "assolto l'onere della prova della piena legittimità della pretesa impositiva poi contenuta nella cartella impugnata" (ric. p. 12), a fronte di due domande di condono regolarmente presentate per via telematica ai sensi dell'art. 3 Dpr n. 322 del 1998, perfezionatesi, per facta concludenzia, per effetto del pagamento della prima rata, cui è stato provveduto con rimessa dal conto corrente della contribuente. Con il secondo motivo di ricorso l'Ente impositore contesta la Commissione Tributaria Regionale, per aver erroneamente ritenuto che l'Agenzia delle Entrate dovesse fornire una prova scritta della domanda di condono contenente la delega della contribuente, se del caso richiedendola all'intermediario che l'aveva trasmessa (Rag. Ga- rioni), mentre la prova del giusto fondamento della pretesa tributaria era già stata fornita. I motivi di ricorso appaiono strettamente connessi, e possono pertanto essere trattati congiuntamente, anche in considerazione della soluzione che appare corretto adottare.

Occorre osservare, innanzitutto, che appare fondato il rilievo dell'Agenzia delle Entrate, secondo cui aveva errato il giudice di secondo grado a domandare ad essa la dimostrazione dell'inesistenza della delega rilasciata dalla D'A. perché, in conseguenza della ricevuta trasmissione telematica delle dichiarazioni di condono, essa Agenzia, evidentemente, non disponeva di alcuna documentazione idonea ad assicurare la prova domandatale, né avrebbe potuto disporne.

Tanto premesso questa Corte, invero, ha già avuto occasione di chiarire, proponendo un orientamento condivisibile e pertanto meritevole di conferma, che "ove sia eccepita una discordanza di dati in sede di gravame avverso la cartella di pagamento, non è l'Amministrazione finanziaria a dover fornire la prova della conformità, ma il contribuente a dover dimostrare la difformità, ai sensi dell'art. 2697, comma 2, c.c., trattandosi di deduzione dell'inefficacia del fatto costitutivo della pretesa tributaria azionata, ed essendo suo onere, in base all'ordinaria diligenza, conservare una copia del modulo cartaceo anche oltre il termine di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973" (cfr. Cass. sez. V, 16.06.2017, n. 15015). Nel caso di specie, peraltro, la contribuente afferma di non disporre della documentazione perché la stessa non è stata mai formata, in quanto lei non aveva rilasciato alcuna delega all’intermediario ai fini della trasmissione della domanda di condono in via telematica. In proposito occorre allora aggiungere che l'obbligo di conservare la copia del modello cartaceo, evidentemente, grava pure sull’intermediario, anche oltre i termini, quadriennale o quinquennale, di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, potendo detto intermediario essere chiamato a rispondere, invero anche in sede penale, dell'eventuale trasmissione di una domanda di condono non autorizzata.

Tanto premesso, la prova scritta richiesta dalla CTR non risulta richiesta dalla legge, e sussistono effettivamente un numero cospicuo di elementi presuntivi univoci, relativi alla reale e personale adesione della contribuente al beneficio, desumibili per facta concludenza. In primo luogo deve tenersi conto della pluralità di pagamenti di rate del condono, tutte effettuate con addebito del conto corrente della D'A., di cui la contribuente non ha domandato il rimborso se non quando è stata chiamata in giudizio a rispondere del mancato pagamento delle ulteriori rate. Inoltre, la contribuente non ha provveduto neppure alla mera allegazione dì aver contestato all'intermediario l'invio non autorizzato della istanza di condono per proprio conto.

Per le ragioni esposte, il primo motivo di ricorso appare fondato e deve essere pertanto accolto. Il secondo motivo di ricorso rimane assorbito.

Alla luce delle osservazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito, l'originario ricorso introdotto da D'A. A. deve essere respinto. Tenuto conto della peculiarità delle questioni affrontate e delle vicende relative alle diverse fasi del giudizio, appare equo dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di lite.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso proposto da D'A. A. e conferma la cartella di pagamento impugnata. Dichiara compensate tra le parti le spese dell'intero giudizio.