Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 aprile 2018, n. 12792

Contenzioso tributario - Accertamento - Terreno edificabile - Riclassificazione - Cessione - Plusvalenza

 

Svolgimento del processo

 

1. L'Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi per cassazione avverso la sentenza n. 108/1/11, depositata il 17.10.2011, con cui la Commissione Tributaria Regionale di Venezia Mestre accoglieva l'appello della contribuente sul presupposto della insussistenza degli elementi idonei a suffragare la natura edificabile del terreno accertata in primo grado, sostenendo che dalla certificazione rilasciata dal competente Comune, risultava che all'atto di trasferimento immobiliare del 6.04.2001, il fondo compravenduto ricadeva in zona F ( destinato ad uso pubblico per attrezzature scolastiche, parco giochi) secondo il P.R.G. del comune di San Biagio di Callata, piano decaduto nell'anno 2000 ai sensi dell'art. 2 L. 1187/1968.

2. Deducevano i giudici di appello che anche gli elementi indicati dall'amministrazione finanziaria erano insufficienti a determinare la suscettibilità edificatoria del terreno, atteso che il contenzioso con il comune per la riclassificazione del terreno in zona artigianale si era concluso con sentenza del TAR solo nel 2007 ( successivamente alla cessione) e che la successiva edificazione dell'area da parte dell'acquirente, in virtù di accordi convenzionali con il comune, non era idonea a dimostrare la partecipazione del cedente alle trattative contrattuali.

3. Secondo la ricorrente, i giudici di appello hanno erroneamente negato l'edificabilità dell'area in violazione dell'art. 81 DPR 917/86.

4. Il contribuente resiste con controricorso e deposita memorie ex art. 380 bis c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

5. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 67, comma 1, lett. b) (già art. 81) del d.P.R. n. 917/1986, dell'art. 36 comma 2 D.L. 2006/223; dell'art. 11 co.1 IF9 L. 413 del 1991, degli artt. 1, 2, 4 e 54 DPR 633/72, degli artt. 2, 3, 4 e 9 D.Igs 446/97, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., censurando la sentenza di appello nella parte in cui ha ritenuto inidonei gli elementi indicati dall'Agenzia al fine di dimostrare la suscettibilità edificatoria dell'area, soffermandosi sulla concreta edificabilità del terreno al momento della cessione, trascurando invece di valorizzare la potenzialità edificatoria incidente sul considerevole prezzo di cessione.

6. Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la CTR valutato gli elementi che, ad avviso dell'ufficio, erano sintomatici della potenzialità edificatoria dell'area, come inidonei a dimostrare detta qualità, individuando presumibilmente il "fatto controverso" nella circostanza che la delibera comunale del 25.02.2003 recava anche la nuova destinazione urbanistica dell'area (edificazione successivamente realizzata) già programmata dal 1995 e che nella cessione l'area era individuata come ricadente in zona F.

7. L'ufficio lamenta poi che la CTR non abbia motivato sul fatto che, anche prima della citata delibera, il consiglio comunale aveva deciso di concertare, con la ditta E. srl, una nuova classificazione urbanistica dell'area (in data 7.06.2002), circostanza valorizzata dalla CTP ed omessa dai giudici di appello.

8.La prima censura è fondata, assorbiti gli altri mezzi.

Si può soprassedere sull'eccezione di inammissibilità dei motivi dedotti dalla contribuente, atteso che nell'illustrazione del primo motivo, oltre ad una illegittima istanza di rivalutazione degli elementi fattuali già valutati dai giudici di secondo grado, si invoca il principio che la potenzialità edificatoria di un terreno discende dal suo inserimento nel PRG anche se ancora in itinere o non approvato.

9.La Commissione Tributaria Regionale, come riportato, ha ritenuto il terreno in questione (destinato dal PRG "alla realizzazione di attrezzature scolastiche"), "non ... più utilizzabile a scopo edificatorio" perché: " era inutilmente" decorso il quinquennio di validità del vincolo finalizzato alla realizzazione dell'opera pubblica" e perché la successiva edificazione del fondo non ne implicava la potenzialità edificatoria al momento della cessione.

10.Tali ragioni sono tutte giuridicamente prive di fondamento.

Esse, all'evidenza, costituiscono frutto della confusione tra "jus edificandi" e "jus valutandi" e rivelano, quindi, la loro erroneità per aver fatto discendere indissolubilmente il secondo dal primo: la decadenza del PRG, giusta il principio affermato dalle Sezioni Unite n. 25506/2006, non può costituire motivo idoneo per negare la natura edificatoria dell'area, nonostante la decadenza del PRG.

11. L'utilizzabilità a scopo edificatorio deve essere considerata come qualità derivata al fondo dagli "strumenti urbanistici generali o attuativi", ovverosia dalla sua inclusione in una determinata "zona urbanistica", con conseguente irrilevanza dell'inutile decorso del "quinquennio di validità del vincolo finalizzato alla realizzazione dell'opera pubblica", il quale non ha alcuna influenza perché (Cass., 12 ottobre 2007 n. 21434) tal fatto non determina la regressione dell'area interessata all'eventuale anteriore destinazione agricola.

12. A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11-quaterdecies, comma 16, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell'art. 36, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma 1, lettera b), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev'essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi. La natura edificabile non viene meno, trattandosi di evenienze incidenti sulla sola determinazione del valore venale dell'area, né per le ridotte dimensioni e/o la particolare conformazione del lotto, che non incidono su tale qualità (salvo che siano espressamente considerate da detti strumenti attributive della stessa), essendo sempre possibile l'accorpamento con fondi vicini della medesima zona, ovvero l'asservimento urbanistico a fondo contiguo avente identica destinazione, né a seguito di decadenza del vincolo preordinato alla realizzazione dell'opera pubblica, da cui deriva non una situazione di totale inedificabilità, ma l'applicazione della disciplina delle c.d. " zone bianche" (nella specie quella di cui all'art. 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, applicabile "ratione temporis"), che, ferma restando l'utilizzabilità economica del fondo, in primo luogo a fini agricoli, configura pur sempre, anche se a titolo provvisorio, un limitato indice di edificabilità (Cass. 25676/2008; 11433/2010; n. 24478/2010; 16485/2016; n. 31051/2017).

Come opportunamente sottolineato nelle sopra richiamate sentenze ,"Per la L. 19 novembre 1968, n. 1187, art. 2, comma 1, (abrogato dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 58, a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi del D.L. 20 giugno 2002, n. 122, art. 2, convertito, con modificazioni, in L. 1 agosto 2002, n. 185), invero, "perdono ogni efficacia" ("qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati") unicamente "le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione od a vincoli che comportino l'inedificabilità": la norma, cioè, non commina tout court la perdita di "efficacia" (in conseguenza delle omissioni indicate nella stessa) del c.d. vincolo ma soltanto per quella "parte" delle "indicazioni di piano regolatore generale" che "incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione od a vincoli che comportino l'inedificabilità", per cui "le zone urbanistiche interessate dalla inefficacia del vincolo urbanistico per scadenza del quinquennio, in assenza della pur possibile reiterazione dello stesso - avendo la Corte Costituzionale affermato (sentenze 22 dicembre 1989 n. 575 e 20 maggio 1999 n. 179) esser (excerpta dalla prima) "propria della potestà pianificatoria la possibilità di rinnovare illimitatamente nel tempo i vincoli su beni individuati, purché, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, risulti adeguatamente motivata in relazione alle effettive esigenze urbanistiche" e sempre che "il vincolo" non "venga protratto a tempo indeterminato senza la previsione di indennizzo" (ora considerato dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 39) -, sono soggette alla disciplina delle c.d. "zone bianche", ovverosia alla disciplina "di cui alla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4, u.c." il quale - "ferma restando 'utilizzabilità economica del fondo, in primo luogo a fini agricoli" - "configura" pur sempre, anche se "a titolo provvisorio", un "limitato indice di edificabilità"( v. anche Cass., 1.a, 31 marzo 2008 n. 8384; Cass., 1a, 6 settembre 2003 n. 14333; 6 novembre 1998 n. 11158).

13. Nel caso di specie, per effetto della decadenza del vincolo, che - come sopra ricordato - può essere motivatamente reiterato, il terreno de quo, già incluso dal P.R.G. in zona edificatoria vincolata, conserva tale qualità, sia pure in misura ridotta, trovando applicazione la disciplina dettata dall'art. 9, D.P.R. n. 380 del 2001 (l'art. 4, L. n. 10 del 1977, è stato abrogato dal D.P.R. citato), che fissa i limiti per l'attività edilizia nei Comuni sprovvisti degli strumenti urbanistici generali. E', dunque, corretto parlare di limitate potenzialità edificatorie dell'area per cui è causa, ma è certamente errato sostenere che possa rivivere la situazione anteriore all'imposizione del vincolo, che al contrario è ciò che invece accade nell'ipotesi di annullamento giurisdizionale dei vincoli medesimi, atteso il giudizio di valore insito in tale pronuncia, che determina la reviviscenza con effetto ex nunc della disciplina urbanistica precedentemente in vigore relativamente all'area stessa (cfr. C. Stato, sez. V, 23 settembre 1997, n. 1008, edita). E', infine, appena il caso di osservare che non si applica il regime di cui all'art. 9, D.P.R. n. 380 del 2001, allorquando il piano regolatore generale disciplini espressamente le conseguenze dell'inefficacia e della decadenza dei vincoli, assegnando alle aree interessate una specifica destinazione urbanistica, ma si tratta di ipotesi a cui nessuna della parti in causa ha fatto riferimento negli scritti difensivi.

14. Conclusivamente, in forza dei richiamati principi, si deve affermare che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, ai fini della plusvalenza la decadenza dell'eventuale vincolo non fa venir meno la natura edificatoria delle aree interessate comprese dal PRG in zona di edificabilità urbanistica, mentre le altre circostanze ( peraltro tutte rivelatrici della potenzialità edificatoria del fondo) incidono esclusivamente ai fini della determinazione del loro "valore ... venale in comune commercio".

Tale principio impone di cassare la sentenza impugnata e di rinviare la causa a sezione della stessa Commissione Tributaria Regionale diversa da quella che ha emesso detta decisione affinché riesamini l'appello alla luce di detto principio e scrutini, se del caso, gli ulteriori motivi di impugnazione proposti dalla contribuente, ritenuti assorbiti, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo del ricorso assorbito il secondo;

- cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.