Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 giugno 2017, n. 15686

Imposte indirette - IVA - Accertamento - Dichiarazione dei redditi - Premi impegnativa

Fatti di causa

In esito a verifica condotta nei confronti della s.p.a. A.M.I., i verbalizzanti riscontrarono che questa società emetteva nei confronti delle società concessionarie di spazi pubblicitari, tra le quali la s.r.l. C. Holding, fatture aventi come oggetto "premi impegnativa", che assoggettava ad Iva con l'aliquota del 20%. Di rimando, le società concessionarie, e quindi anche la s.r.l. C. Holding, ricevute le fatture, le contabilizzava, detraendo gli importi dell'iva. L'Ufficio ha qualificato i "premi impegnativa" come cessioni di danaro a titolo gratuito, in quanto tali non assoggettabili ad Iva ed ha per conseguenza rettificato la dichiarazione Iva per l'anno 2005 presentata dall'odierna ricorrente. La contribuente ha impugnato il relativo avviso di accertamento, ottenendone l'annullamento dalla Commissione tributaria provinciale. Quella regionale ha invece accolto l'appello dell'Agenzia, considerando che il contratto stipulato tra la società e la s.p.a. A.M.I. non prevede alcun obbligo di fare, non fare o di permettere, tale da individuare controprestazione alcuna a carico di quest'ultima. A tanto ha aggiunto che la società non ha adeguatamente documentato le proprie deduzioni e che, anzi, l'omesso svolgimento di attività da parte della A.M.I. è avvalorato dalla dichiarazione rilasciata dal suo legale rappresentante. Contro questa sentenza propone ricorso la contribuente per ottenerne la cassazione, che articola in otto motivi, cui l'Agenzia risponde con controricorso.

 

Diritto

 

1.- Col secondo, col quinto e col settimo motivo, da esaminare congiuntamente perché propongono la medesima censura, la società si duole, ex art. 360, 1° co., n. 4, c.p.c., della nullità della sentenza perchè carente di motivazione. In particolare, col secondo motivo si duole dell'omessa motivazione in ordine all'avvenuto espletamento da parte della A. ed in proprio favore, di attività d'intermediazione; col quinto, della carenza di motivazione in ordine all'irrilevanza della dichiarazione rilasciata da un soggetto terzo e col settimo della carenza di motivazione in ordine all'applicazione della ritenuta a titolo d'acconto. Le medesime censure sono poi dedotte a fondamento di altrettanti vizi di motivazione, proposti col terzo, col quarto e col sesto motivo.

Per un verso, le sezioni unite di questa Corte hanno già  chiarito che la mancanza della motivazione -in cui si risolve l'apparenza di essa- si configura quando la motivazione manchi del tutto, nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l'enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione, oppure la motivazione formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., sez.un., n. 8053/14 e n. 19881/14). Per altro verso, hanno stabilito che la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall'art. 54 del d.l. n. 83/12, conv. con I. n. 134/12, dev'essere interpretata come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione, rimanendo esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass., sez.un., n. 8053 e 8054/14, nonché, tra varie, sez.un. 19881 del 2014). In particolare, l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra varie, Cass., ord. n. 2498/15 e ord. n. 13448/15); per altro verso (Cass. n. 11892/16), il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non è inquadrabile nel paradigma dell'art. 360, 1 comma, n. 5, c.p.c.

1.1.-La complessiva censura si rivela per conseguenza inammissibile:

- sul fronte dell'esistenza della motivazione, il giudice d'appello ha argomentato la propria decisione, considerando che i premi in questione non costituiscono il corrispettivo di alcuna prestazione, adducendo a sostegno dichiarazioni riportate nel processo verbale di constatazione ed escludendo la rilevanza dei documenti esibiti dalla contribuente;

- sul fronte della consistenza della motivazione, le censure proposte finiscono col contestare la sufficienza degli argomenti e  la rilevanza di elementi istruttori, ponendo questioni oggi precluse in base al nuovo testo dell'art. 360, 1 co., n. 5, c.p.c., ratione temporis applicabile, visto che la sentenza impugnata è stata depositata in data 23 aprile 2013. A tanto va aggiunto che il sesto motivo di ricorso, dietro lo schermo del vizio di motivazione, denuncia una violazione di legge.

2.- L'irretrattabilità dell'accertamento che ne deriva rifluisce anche sull'illegittimità del primo motivo di ricorso, col quale la contribuente lamenta, ex art. 360, 1 co., n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 633/72, là dove il giudice d'appello ha escluso lo svolgimento in suo favore di una prestazione d'intermediazione da parte della A.M.I..

Ciò perché il motivo postula ricostruzioni in fatto incompatibili con quella accertata in sentenza, traducendosi nella rilettura degli atti processuali, inibita a questa Corte.

3.- Inammissibile è l'ultimo motivo di ricorso, col quale, ex art. 360, 1 co., c.p.c., n. 5, c.p.c., la società si duole dell'omesso esame del fatto controverso costituito dalla neutralità dell'imposizione ai fini dell'Iva.

Anzitutto, il motivo scherma una violazione di legge e non già in vizio di motivazione. Ad ogni modo esso è comunque infondato. Ciò in quanto, se non ne esistono i presupposti, non è possibile esercitare il diritto di detrazione, per impossibilità giuridica del suo oggetto, giacchè la detrazione concerne l'imposta assolta in quanto dovuta. Il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l'imprenditore dall'Iva dovuta o pagata nell'ambito di tutte le sue attività economiche, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all'Iva (principio granitico, per l'espressione del quale vedi, tra varie, Corte giust. 22 giugno 2016, causa C-267/15, Gemeente Woerden, punto 32 e, nella giurisprudenza interna, sempre tra varie, Cass. 15 maggio 2015, n. 9942). D'altronde, si è anche sottolineato (vedi Cass. 5 settembre 2014, n. 18764), è di per sé irrilevante la circostanza che sia stato corrisposto un tributo, in quanto il contribuente ha l'obbligo di corrispondere l'imposta prevista dalla legge e non quella scelta in base a considerazioni soggettive. In particolare, ha precisato la Corte di giustizia, i principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che non ostano a che il destinatario di una fattura si veda negare il diritto a detrarre l'imposta sul valore aggiunto a monte a causa dell'assenza di un'operazione imponibile effettiva, e ciò al fine di eliminare alla radice il rischio di perdita di gettito fiscale; né tali principi ostano ad una valutazione differente della necessità della effettiva sussistenza di una cessione di beni o di una prestazione di servizi per quanto riguarda l'emittente della fattura ed il destinatario di questa (Corte giust. 31 gennaio 2013, causa C- 643/11, LVK-56 EOOD, e 31 gennaio 2013, causa C-642/11, Stroy trans EOOD).

4.- Il ricorso va quindi respinto e le spese seguono la soccombenza.

Sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R.n. 115/02.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibili i restanti, condanna la contribuente a pagare le spese, che liquida in euro 3000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115/02.