Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 giugno 2016, n. 12214

Licenziamento - Indennità sostitutiva della reintegrazione - Tutela reale - Diritto di opzione

 

Svolgimento del processo

 

1. - Nell'ambito di un giudizio di opposizione a precetto, intimato dal dipendente G.F. nei confronti della C.C.I. Srl, la Corte di Appello di Firenze ha ritenuto non dovute le somme richieste dal lavoratore a titolo di retribuzioni globali di fatto maturate anche nel periodo intercorrente fra l'esercizio dell'opzione per l'indennità sostitutiva della reintegrazione, effettuata in data 8 novembre 1998, e la corresponsione di tale indennità sostitutiva, avvenuta il 16 settembre 2003.

2. - Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il F. con due motivi. La società ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato affidato a tre motivi; ha anche depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

3. - Con il primo motivo di impugnazione si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 18, commi 4 e 5, I. n. 300 del 1970, sostenendo che il danno da risarcire in caso di licenziamento illegittimo e di esercizio del diritto di opzione va commisurato alle retribuzioni che sarebbero maturate fino al giorno del pagamento dell'indennità sostitutiva e non fino alla data in cui il lavoratore ha operato la scelta.

La censura non può trovare accoglimento.

Sufficiente rammentare il principio di diritto espresso da Cass. SS.UU. n. 18353 del 2014, dal quale il Collegio non ravvisa ragione per discostarsi, secondo cui "in caso di licenziamento illegittimo, ove il lavoratore, nel regime della cosiddetta tutela reale (nella specie, quello, applicabile "ratione temporis", previsto dall'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nel testo anteriore alle modifiche introdotte con la legge 28 giugno 2012, n. 92), opti per l'indennità sostitutiva della reintegrazione, avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 18, quinto comma, cit., il rapporto di lavoro, con la comunicazione al datore di lavoro di tale scelta, si estingue senza che debba intervenire il pagamento dell'indennità stessa e senza che permanga - per il periodo successivo in cui la prestazione lavorativa non è dovuta dal lavoratore né può essere pretesa dal datore di lavoro - alcun obbligo retributivo" (conf.: Cass. n. 9765 e n. 20317 del 2015).

4. - Con il secondo mezzo di gravame, in subordine, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 18, commi 4 e 5, I. n. 300 del 1970, e degli artt. 1218, 1224 e 1284 c.c., assumendo che nella cifra da corrispondere al F. "andavano considerati gli interessi e la rivalutazione monetaria da costui maturati dalla data dell'esercizio dell'opzione al pagamento effettivo dell'indennità sostitutiva della reintegra", somma da considerarsi "già incorporata nel precetto azionato".

Il motivo dunque si fonda sull'assunto che l'importo per accessori maturato su di una certa sorte capitale era già dettagliato nell'originario precetto.

Il motivo, così come formulato, è inammissibile per violazione del disposto di cui all'art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c., in base al quale l'impugnazione per cassazione deve contenere "la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda".

Il requisito di natura contenutistica (v. Cass. SS. UU. n. 28547 del 2008) per essere assolto postula sia che il documento venga specificamente indicato nel ricorso, sia che si dettagli in quale sede processuale risulti prodotto, "poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove nel processo è rintracciabile" (cfr. Cass. SS. UU. n. 7161 del 2010).

Il doppio onere della localizzazione e della trascrizione ha avuto seguito nella giurisprudenza successiva (tra le altre v. Cass. n. 6937 del 2010; Cass. sez. VI n. 4220 del 2012).

In particolare, circa l'indicazione della sede processuale ove i documenti risultino prodotti, è stato sovente ribadito che è al riguardo necessario che si provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l'esame (Cass. n. 8569 del 2013) con precisazione (anche) dell'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (v. Cass. n. 12239 del 2007; Cass. n. 26888 del 2008; Cass. n. 22607 del 2014).

Quanto poi alla trascrizione dei contenuti si è detto in generale che "l'onere di specificazione non concerne solo il cd. contenente, cioè il documento o l'atto processuale come entità materiale, ma anche il cd. contenuto, cioè quanto il documento o l'atto processuale racchiudono in sé e fornisce fondamento al motivo di ricorso. Sotto questo profilo l'onere di indicazione si può adempiere trascrivendo la parte del documento su cui si fonda il motivo o almeno riproducendola indirettamente in modo da consentire alla Corte di cassazione di esaminare il documento o l'atto processuale proprio in quella parte su cui il ricorrente ha fondato il motivo, sì da scongiurare un inammissibile soggettivismo della Corte nella individuazione di quella parte del documento o dell'atto su cui il ricorrente ha inteso fondare il motivo" (in termini: Cass. n. 22303 del 2008; conformi: Cass. n. 2966 del 2011; Cass. n. 15847 del 2014; Cass. n. 18024 del 2014).

Anche ove non si vogliano pretendere pedisseque riproduzioni integrali, chi fonda il ricorso per cassazione su uno o più documenti ha quanto meno l'onere di indicare nell'atto "il contenuto rilevante del documento stesso" (Cass. n. 17168 del 2012).

Mancando nel motivo la specificazione del contenuto del precetto su cui esso si fonda, come pure l'indicazione del luogo processuale dove il documento sia reperibile ai fini del giudizio di legittimità, la censura risulta inammissibile, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificarne il fondamento sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso diretto agli atti del giudizio di merito (tra le tante: Cass. n. 8569 del 2013; Cass. n. 3158 del 2003; Cass. n. 12444 del 2003; Cass. n. 1161 del 1995).

5. - Conclusivamente il ricorso principale deve essere respinto, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Tenuto conto che il ricorso per cassazione è stato proposto prima che le Sezioni Unite di questa Corte risolvessero il contrasto di giurisprudenza di cui alla questione sollevata con il primo motivo di impugnazione le spese si compensano.

Infine, poiché il ricorso principale risulta nella specie azionato in data 8 giugno 2013 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall'art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.