Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 luglio 2018, n. 18994

Tributi - Agevolazioni - Credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate - Investimenti di pubblicità - Insegna, cartellonistica ed altri mezzi pubblicitari - Beni agevolabili

 

Ritenuto in fatto

 

1. La società V.R & figli srl propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 470/9/2010 con la quale la commissione tributaria regionale di Napoli, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l'avviso di recupero del credito di imposta, concesso, a suo tempo, a norma dell'art. 8 legge 388/2000; di cui la società aveva usufruito per l'anno di imposta 2006, fondato sulla ritenuta inapplicabilità della agevolazione all'investimento relativo alla realizzazione di opere di ristrutturazione di immobile condotto in locazione dalla medesima società, nonché ai "costi di pubblicità".

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che: - i beni oggetto di agevolazione, in quanto realizzati su proprietà di terzi, non "possono avere una propria autonomia funzionale ed essere utilizzati a prescindere dal bene al quale accedono" e, dunque, non consentono di usufruire del credito di imposta; - non sono agevolabili le spese relative alla fattura n. 164 del 24.07.2001, in quanto relative a costi di pubblicità da considerarsi come investimenti immateriali.

Resiste con controricorso l'agenzia.

 

Considerato che

 

2. Il ricorso assume la violazione o falsa applicazione degli artt. 6 commi 1 e 2 L. 388/2000 e dell'art. 2424 c.c., nonché dell'art. 1 delle Preleggi, dell'art. 1 della L. 2000/212 ex art. 360 n. 3, ed infine la violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c., sotto il profilo della omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata.

3. Il primo motivo è parzialmente fondato, assorbito il secondo relativo alla violazione dello Statuto del contribuente.

L’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 prevede che "per nuovi investimenti si intendono le acquisizioni di beni strumentali nuovi di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 61 e 68, esclusi i costi relativi all'acquisto di "mobili e macchine ordinarie di ufficio" concernenti i "coefficienti di ammortamento", destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nelle aree territoriali di cui al comma 1, per la parte del loro costo complessivo eccedente le cessioni e le dismissioni effettuate nonché gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta, relativi a beni d'investimento della stessa struttura produttiva".

Il credito d'imposta previsto dall'art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per i soggetti titolari di reddito d'impresa che, nel periodo ivi indicato, abbiano effettuato nuovi investimenti, spetta, dunque, per i beni, materiali e immateriali, che siano nuovi e fiscalmente ammortizzabili ai sensi degli artt. 67 e 68 (oggi 103 e 104) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Cass. 2013/28535) e che abbiano natura strumentale rispetto all'esercizio dell'impresa, in applicazione del criterio del rapporto di inerenza previsto dagli art. 75 (ora 109) e 121 bis (ora 164) del D.P.R. n. 917 del 1986 (Cass. 1691/2016).

Inoltre, come la stessa Amministrazione ha esposto nella Risoluzione n. 55/2003, la circostanza che le spese siano riferite a beni detenuti a titolo diverso dalla proprietà non esclude, in linea di principio, che le stesse possano rilevare ai fini dell'agevolazione in questione, occorrendo verificare il loro corretto trattamento contabile.

Ne deriva che, se si tratta di spese incrementative che si riferiscono a beni che non hanno una loro autonoma funzionalità rispetto al bene a cui accedono, e come tali devono essere classificate civilisticamente nell'attivo dello stato patrimoniale come immobilizzazioni immateriali, esse fiscalmente rientrano nella disciplina dell'art. 14, comma 3 e come tali non possono rilevare ai fini dell'agevolazione di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8, costituendo non beni autonomi, ma, stante l'accessione a beni altrui, meri costi deducibili (nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio).

In sostanza, la sola circostanza che l'opera sia realizzata su bene altrui non è decisiva," a condizione che i relativi costi possano essere contabilizzati tra te immobilizzazioni materiali, in quanto il bene, avendo una sua autonoma funzionalità ed individualità, a prescindere da quello di terzi a cui accede, al termine del periodo di locazione o di comodato può essere rimosso ed utilizzato separatamente dall'investitore".

3. Analogamente, questa Corte ha stabilito il principio che gli investimenti consistenti in spese incrementative di beni non di proprietà dell'impresa, che li utilizza in virtù di un contratto di locazione o di comodato, possono ugualmente beneficiare della agevolazione, alla condizione che si tratti di opere che hanno una loro individualità ed autonoma funzionalità, che al termine del periodo di locazione o di comodato possano essere rimosse dall'utilizzatore e possano trovare impiego a prescindere dal bene a cui accedono, e siano iscritte in bilancio tra le "immobilizzazioni materiali" (art. 67, oggi 102, del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917); viceversa, qualora si tratti di spese incrementative di beni di proprietà di terzi, utilizzabili dall'impresa a titolo di locazione o comodato, che non sono separabili dai beni di terzi ai quali accedono e non hanno una autonomia funzionale, essi devono essere iscritti nel bilancio tra le "altre immobilizzazioni immateriali", ai sensi dell'art. 74 comma 3 D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (vigente ratione temporis) e non sono agevolabili trattandosi di costi, e non di beni (Cass. n. 12303/2018; Cass. n. 20814 del 2017; n. 20814/2017; n. 15572/2016; Cass. n. 28535/2013; Cass. n. 14980 del 2014).

4. Ebbene, le opere di ristrutturazione ed impianti realizzate dalla prefata società sull'immobile condotto in locazione sono riconducibili alla voce delle immobilizzazioni immateriali, non potendosi ad esse riconoscere quella autonomia funzionale che le distingue dalle spese incrementative, e vanno, quindi, escluse dall'agevolazione in quanto meri costi; ciò anche se l'impresa ne trae un'utilità che non si esaurisce in un solo periodo, ma che si protrae, quale beneficio economico, lungo l'arco temporale di più esercizi.

5. Diverso è il discorso per gli investimenti per la pubblicità.

Secondo la risoluzione dell'Agenzia - circolare n. 41/E, paragrafo 6.22 - le spese di pubblicità, in quanto non rappresentano beni suscettibili di una autonoma tutela giuridica (come l'avviamento), non raffigurando una qualità dell'azienda, costituirebbero meri costi da iscriversi in bilancio nelle immobilizzazioni materiali e pertanto esclusi dall'agevolazione.

In particolare, i beni agevolabili strumentali - destinati ad essere utilizzati dall'imprenditore per più esercizi - oltre al requisito della novità, devono avere la caratteristica di essere ammortizzabili fiscalmente.

Nel caso di specie, i beni acquistati con la fattura n. 164/2001, in quanto strumentali rispetto all'esercizio dell'impresa, in applicazione del criterio del rapporto di inerenza previsto dagli artt. 109 e 164 del DPR 917/1986 (secondo la procedura che consente di ripartire nel tempo il costo del cespite e che riflette la residua possibilità di utilizzazione del bene), sono anche ammortizzabili ex art. 102 DPR cit, in ragione dell'utilità in astratto che ne può derivare anche per gli esercizi successivi a quello in cui tali spese sono state sostenute, atteso che le spese di pubblicità possono determinare utilità che si propagano nei successivi esercizi, al pari di quelle di impianto ed ampliamento. In conclusione, anche le spese di pubblicità possono essere ritenute costi pluriennali ammortizzabili, nel caso in cui non esauriscano rapidamente i loro effetti, come nel caso di specie, potendo l'utilità derivante dall'acquisto dei beni in questione protrarsi anche negli anni successivi; le spese di pubblicità, pur essendo beni aventi finalità di pubblicità e propaganda, necessarie per informare i potenziali consumatori sulle caratteristiche dei prodotti, perseguono, difatti, lo scopo d'incrementare la produttività aziendale e possono determinare utilità che si propagano nei successivi esercizi (Cass. n. 18072/2016: In applicazione di tale principio, la S.C. ha riconosciuto il credito d'imposta per l'acquisto di targhe ed insegne, da considerare beni strumentali, inerenti e fiscalmente ammortizzabili).

Infine, non può dubitarsi dell'amovibilità dei beni che qui ci occupa, i quali risultano autonomi rispetto all'immobile di terzi cui accedono (Cass. n. 20814/2017; Cass. n. 15979/2017; Cass. n. 15572/2016; Cass. n. 21813 del 6/7/2016; Cass. n. 28535/2013; Cass. n. 21411/2012).

6. La sentenza impugnata non si è correttamente conformata ai principi di diritto enunciati, avendo escluso il diritto al credito di imposta anche per quegli investimenti (come l'acquisto di una insegna luminosa, cartellonistica ed altri mezzi pubblicitari, come da fattura n. 164/01 riportata per autosufficienza in ricorso) che in quanto amovibili rientrano nelle altre immobilizzazioni materiali, agevolabili ex art. 8 cit.

6. Il terzo motivo come sopra rubricato non è stato illustrato dall'ente ricorrente, il che impedisce di comprendere quali passi del contenuto della motivazione siano stati attinti dalla censura.

Il ricorso deve essere pertanto accolto con riferimento al primo motivo; assorbito il secondo; inammissibile il terzo.

Sussistono i presupposti, tenuto conto della reciproca parziale soccombenza e dell'evoluzione giurisprudenziale in materia di spese pubblicitarie, per compensare le spese dell'intero giudizio

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso limitatamente agli investimenti di pubblicità di cui alla fattura n. 164 del 24.07.2001;

cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente limitatamente a tali investimenti;

Compensa le spese dell'intero giudizio.