Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 novembre 2016, n. 22933

Contratti a tempo determinato in somministrazione - Impugnazione - Decadenza - Data di decorrenza

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza n. 519/2014, depositata il 17/12/2014, la Corte di appello di Brescia respingeva il gravame di S.W. avverso la sentenza del Tribunale di Mantova, che aveva accolto l'eccezione di decadenza proposta dall'utilizzatrice C. soc. coop. p.a. in relazione ai contratti a tempo determinato in somministrazione stipulati dal ricorrente con la società A. S.p.A. nel periodo dal 4/7/2011 al 19/12/2012, sul rilievo che il termine (di sessanta giorni) per l'impugnazione, introdotto dall'art. 32 I. n. 183/1984 (ndr art. 32 I. n. 183/2010), dovesse ritenersi decorrente dall'1/1/2012, ai sensi del comma 1 bis dello stesso art. 32.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il lavoratore con due motivi; ha resistito C. con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione degli artt. 12 e 14 disp. prel. c.c. in relazione all'art. 32, comma 4, I. 4 novembre 2010, n. 183, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto decorrente il termine di sessanta giorni, stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione, dalla scadenza del contratto di somministrazione anziché dalla data di formale comunicazione al lavoratore della cessazione del rapporto.

Con il secondo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione dell'art. 11 disp. prel. c.c. in relazione all'art. 32, comma 1 bis, I. n. 183/2010, il ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto che il termine per l'impugnazione dovesse computarsi a decorrere dall'1/1/2012, con conseguente decadenza del lavoratore dal relativo potere stante l'avvenuta trasmissione della lettera contenente l'impugnativa soltanto in data 17/4/2013: assume, al riguardo, che la disposizione, di cui al comma 1 bis, dovrebbe essere interpretata nel senso che è posticipato (all’1/1/2012) non solo il computo del termine di decadenza ma l'intero nuovo regime introdotto dalla I. n. 183/2010, così da ritenere non assoggettati ad esso i contratti a termine in somministrazione stipulati anteriormente al 31/12/2011.

Il ricorso deve essere respinto.

Quanto al primo motivo, si deve preliminarmente rilevare che l'odierno ricorrente ha chiesto in giudizio che venisse accertata e dichiarata - ai sensi dell'art. 27, comma 1, del d. Igs. n. 276/2003 - la nullità dei (cinque) contratti di somministrazione stipulati a decorrere dal 4/7/2011 e succedutisi negli anni 2011 e 2012, con la conseguente costituzione di un rapporto di lavoro direttamente in capo all'impresa utilizzatrice.

Ne deriva che la fattispecie dedotta è costituita da contratti di somministrazione a tempo determinato, i quali, come tutti i contratti con predeterminazione di una data scadenza, cessano al maturare del termine senza bisogno di recesso alcuno.

Non si vede, pertanto, come si possa far decorrere il termine di decadenza, di cui all'art. 6 I. n. 604/1966, da una comunicazione che per legge non è necessaria; né una tale necessità può desumersi dalla norma di cui all'art. 32, comma 4, lettera d) I. n. 183 cit., che non ha previsto in capo all'utilizzatore l'onere di comunicare la scadenza del rapporto, sicché deve ritenersi che l'estensione alle ipotesi di cui alla lettera d), fra cui la somministrazione irregolare, delle disposizioni dell'art. 6 I. n. 604/1966, come modificato dal co. 1 del medesimo articolo 32, non includa la decorrenza del termine "dalla ricezione" di una comunicazione in forma scritta, strettamente e unicamente connessa al licenziamento.

In tal senso si è già pronunciata questa Corte con la recente sentenza n. 2420/2016, alla quale, pertanto, si ritiene di dover dare continuità.

Quanto al secondo motivo, ne è ugualmente palese l'infondatezza.

Ed invero la norma di cui al comma 1 bis dell'art. 32, la cui ratio ispiratrice si rinviene nell'opportunità di assicurare ai lavoratori e ai loro difensori un periodo di tempo per l'adeguamento alla nuova e più rigorosa disciplina, che espone il dipendente licenziato all'onere di ben due diversi termini di decadenza, dispone esclusivamente il differimento (al 31/12/2011) del termine di impugnazione del licenziamento, come è reso evidente dall'inciso "relative al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento" con portata delimitativa delle disposizioni di cui all'art. 6, co. 1°, della I. 15 luglio 1966, n. 604.

Ne consegue che i rapporti di somministrazione, conseguenti ai contratti stipulati il 4/7, il 22/8 e il 21/11/2011, in quanto sorti successivamente all'entrata in vigore della I. n. 183/2010, risultano interamente soggetti al nuovo regime delle decadenze dalla stessa introdotto, dovendosi intendere differito (e decorrente dall'1/1/2012) il solo termine per l'impugnazione.

Risulta, quindi, esente da censure la sentenza impugnata laddove la Corte territoriale, confermando la pronuncia di primo grado, ha accertato che l'impugnazione è avvenuta con lettera spedita il 17/4/2013 e conseguentemente rilevato l'avvenuta decadenza dell'appellante dal relativo potere.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Il ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non è tenuto, nonostante il rigetto dell'impugnazione, al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (cfr., fra le altre, Cass. 2 settembre 2014 n. 18523).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 3.500,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.