Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 settembre 2016, n. 18683

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Appello - Litisconsorzio processuale - Parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado - Necessità

 

Ritenuto in fatto

 

1. L'Agenzia delle Entrate si duole del pronunciamento della CTR Lombadia, che con la sentenza in atti ne ha respinto l'appello ed ha confermato l'annullamento decretato in primo grado di un’iscrizione ipotecaria comunicata alla Immobiliare B. 23 s.r.l. in conseguenza del mancato perfezionamento della domanda da essa presentata ai fini della definizione di un pregresso carico IVA ai sensi dell’art. 12 l. 289/02, non perfezionatasi non avendo la parte provveduto al versamento del saldo nei termini.

La CTR ha affermato che il tardivo pagamento "non comporta la decadenza del beneficio del condono poiché l’art. 12 della legge 289/2002 non prevede una siffatta sanzione e la stessa non può ricavarsi dal sistema normativo della legge in questione" e "comunque" - ha aggiunto - va evidenziato che "l'ufficio, come riconosciuto dallo stesso, deve essere considerato privo di legittimazione passiva e, quindi, l’appello deve essere considerato inammissibile".

Il ricorso erariale si vale di sette motivi, ai quali replica la parte con controricorso.

 

Considerato in diritto

 

2.1. Il ricorso - premesso che non è fondata la prima pregiudiziale di inammissibilità fatta valere dall'intimata intesa a contestare l’interesse ad agire dell'odierna ricorrente per difetto di soccombenza e ciò per l'assorbente considerazione che l'interesse all'impugnazione, ancorché l'impugnante sia privo della legitimatio ad causam, ricorre in capo allo stesso per il solo fatto di essere legittimato al processo e del rigetto dell'eccezione da esso sollevata avanti al primo giudice - deve invece essere definito, sia pure con diversa declaratoria, in accoglimento della seconda pregiudiziale di inammissibilità fatta valere dall'intimata circa la mancata osservanza nella specie delle disposizioni in materia di litisconsorzio. Eccepisce invero la parte che, sebbene il ricorso in prime cure fosse stato da essa proposto notificando il relativo atto tanto all'Agenzia delle Entrate, oggi ricorrente, quanto al concessionario della riscossione Equitalia Esatri, l'Agenzia, soccombente nel giudizio avanti alla CTP, "nel proporre appello avverso la sentenza di primo grado non ha provveduto a notificare l’atto d'appello al concessionario della riscossione Equitalia Esatri che pure era parte nel giudizio di primo grado", di modo che, dovendo il ricorso in appello ex art. 53, comma 2, D.lg. 546/92 essere proposto "nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado", ne consegue che l'odierno ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto la sentenza, non essendo "impugnata in parte qua risulta perciò solo idonea a sopravvivere rendendo carente di interesse l'impugnativa relativa alle altre rationes deciderteli, ancorché gravate dall'impugnante".

2.4. Ora in disparte dalla conferenza degli argomenti che l’eccipiente ha svolto a sostegno della dispiegata pregiudiziale, l'eccezione è fondata e gode peraltro del conforto degli atti (che la Corte è abilitata a consultare quale giudice del fatto processuale), sebbene, come avvertito, gli effetti che si ritraggono dal suo accoglimento sono diversi da quelli auspicati dalla parte.

2.5. E’ invero convinzione più volte affermata dalla giurisprudenza tributaria di questa Corte, sul filo della premessa secondo cui il concetto di causa "inscindibile" (di cui all'art. 331 cod. proc. civ.) va riferito non solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche alle ipotesi di litisconsorzio processuale, che si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, che "anche con riguardo al contenzioso tributario, il litisconsorzio processuale - che determina una inscindibilità delle cause anche in ipotesi in cui non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale - ricorre allorché la presenza di più parti nel giudizio di primo grado deve necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio" (1274/15; 11890/12; 27437/08), con l'ovvia conseguenza che dovendo l’atto di impugnazione, da qualcuna di dette parti proposto, essere notificato, come prescritto dal sopra citato art. 53, comma 2, D.lg. 546/92, a tutte, "laddove ciò non sia avvenuto in relazione ad alcuna di esse, vertendosi in tema di litisconsorzio processuale, il giudice deve disporre l'integrazione del contradditorio con ordinanza da emettere in camera di consiglio, assegnando un termine perentorio per provvedere" (11506/12). Peraltro, diversamente da quanto auspicato dalla controricorrente - e come la Corte ha dianzi chiarito - "l'omessa notifica dell'impugnazione al litisconsorte necessario non comporta l'inammissibilità del gravame (tempestivamente proposto nei confronti dell'altra parte), ma soltanto l'esigenza dell'integrazione del contraddittorio per ordine del giudice e, in mancanza di questo, la nullità dell'intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità" (445/13; 14423/10; 1789/04). In breve, si è ancora precisato, "l'omessa notifica dell'impugnazione ad un litisconsorte necessario non si riflette sulla ammissibilità o sulla tempestività del gravame, che conserva, così, l'effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ma determina solo l'esigenza della integrazione del contradditorio, iussu iudicis, ai sensi dell'art. 331 cod. proc. civ., con la conseguenza che, quando il giudice di appello non abbia disposto l'integrazione del contradditorio, nei confronti di tutte le parti litisconsorti nel giudizio di primo grado che non siano state citate nella fase di gravame, la sentenza non è nulla, ma deve essere cassata con rinvio, perché il giudice di rinvio provveda all'applicazione della disciplina prevista dalla predetta norma di rito" (17269/15; 24089/12; 9977/08).

2.6 Poste queste premesse e stante l'inellutabilità delle conseguenze che ne discendono, preso atto che nella specie l'Agenzia, appellante in secondo grado, ha omesso di notificare il proprio atto di gravame al concessionario della riscossione, quantunque questi fosse stato parte del giudizio di primo grado e avesse perciò acquisito la veste di litisconsorte processuale, in tal modo violando l'art. 53 D.lg. 546/92, e che il giudice d'appello, a sua volta, ha omesso di ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte pretermesso, in tal modo violando l’art. 331 c.p.c., va dichiarata la nullità del giudizio d’appello, l'impugnata sentenza va conseguentemente cassata e la causa va rinviata avanti al giudice a quo perché provveda a termini dell'art. 331 c.p.c.

 

P.Q.M.

 

Pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità del procedimento di secondo grado, cassa l'impugnata sentenza e rinvia avanti alla CTR Lombardia che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.