Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 febbraio 2017, n. 4766

Gestione Commercianti - Iscrizione - Requisiti - Versamento della contribuzione - Accertamento ispettivo

 

Rilevato:

 

che, con sentenza del 31.3.2015, la Corte di appello di Bologna confermava la decisione del Tribunale di Ravenna, che aveva accolto la domanda proposta da C. S. e G. A. escludendone l'obbligo relativo al versamento della contribuzione di pertinenza della Gestione Commercianti, accertato in sede ispettiva in relazione alla qualità dei predetti di soci della s.n.c. Autofficina C. di C. S. & C, per essere l’attività svolta limitata alla riscossione dei canoni di locazione relativi al bene immobile di proprietà della società; che avverso tale sentenza l'INPS in proprio e nella qualità epigrafata ha proposto ricorso affidato ad unico motivo, al quale hanno opposto difese il C. e la G., con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio.

 

Considerato

 

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

che viene denunziata violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, commi 202, 203 e 208 I. 662/96, assumendosi: che, contrariamente a quanto sostenuto nella impugnata sentenza il socio di una società in nome collettivo, illimitatamente responsabile, è per ciò stesso, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, tenuto alla iscrizione nella Gestione Commercianti perché l'esercizio dell'attività commerciale in modo abituale e prevalente era "in re ipsa", ossia immediatamente e direttamente correlato all'essere socio con poteri di gestione della società; che l'attività di riscossione di canoni di locazione di immobile, rientrando in quella più ampia di gestione del patrimonio immobiliare, aveva natura commerciale; che il giudizio di prevalenza richiesto dalla legge n. 662/1996 è di natura endogena, ossia deve essere compiuto solo in relazione alle vicende interne della società, senza che assumano alcun rilievo altre ed ulteriori attività espletate dal socio al di fuori della attività sociale, nella specie non provate, che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso; che, infatti, presupposto imprescindibile per l'iscrizione alla gestione commercianti è che sia provato, in conformità a quanto previsto dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1 comma 203, che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1 (requisiti previsti per ritenere l'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali), lo svolgimento di un'attività commerciale che, nella specie, risulta essere stato escluso con un accertamento in fatto da parte della Corte del merito supportato da una motivazione adeguata ed immune dai denunciati vizi (è stata ritenuta dimostrata la circostanza che la s.n.c. si limita a concedere un bene immobile in locazione); che è stato accertato che la società in nome collettivo non svolgeva alcuna attività diretta all'acquisto ed alla gestione di beni immobili e non svolgeva attività diverse da quella limitata alla riscossione del canone di locazione dell' immobile di cui la società era proprietaria - non diversamente dall'ipotesi in cui più soggetto contitolari di più beni immobili, ricevuti ad esempio per successione ereditaria, diano in locazione gli stessi anziché goderli direttamente - non rilevando la dedotta mancanza di prova idonea ad escludere la presunzione normativa di esercizio di attività imprenditoriale che l'INPS, in contrasto con le regole in tema di ripartizione dell'onere probatorio, collega alla circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella semplice; che tale decisione è in linea con il principio già espresso da questa Corte secondo cui la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un'attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l'attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 dell'11 febbraio 2013);

che, dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di un'attività commerciale, non rileva il contenuto dell'oggetto sociale;

che questa Corte - sia pure con riferimento alle società in accomandita semplice - ha affermato il principio (Cass. n. 3835 del 26 febbraio 2016) secondo cui ai sensi dell’art. 1, comma 203, L. n. 662/1996, che ha modificato l’art. 29 L. n. 160/1975, e dell’art. 3 L. n. 45/1986, in tali società la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall'istituto, prova che, nel caso in esame, secondo i giudici di merito non è stata fornita, essendo emerso che i soci si limitavano a gestire la locazione di un immobile intestato alla società, percependone unicamente i canoni; che, da ultimo, l'orientamento espresso ha ricevuto l'avallo di ulteriore pronuncia di questa Corte che ha confermato i principi enunciati (cfr. Cass. 6.9.2016 n 17643);

che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell'art. 375, n. 5, cod. proc. civ.;

che le spese vanno regolate come da dispositivo, in base al principio della soccombenza;

che sussistono le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 quater, dPR 115 del 2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna l'INPS al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 2700,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15 %.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art.13, comma 1 bis, del citato D.P.R.