Contratti stagionali nel settore radio televisivo: i chiarimenti del Ministero

Il Ministero del lavoro conferma la possibilità di fare ricorso a contratti di lavoro stagionali anche nel settore radiotelevisivo per specifici spettacoli o serie di spettacoli, ovvero di programmi radiofonici e/o televisivi, nel rispetto di quanto previsto al punto 49 del d.P.R. n. 1525/1963, nonchè la possibilità per la contrattazione collettiva di settore di individuare ulteriori ipotesi di attività stagionali rispetto a quelle già indicate dal citato d.P.R., alle quali non si applicano i limiti sui contratti di lavoro subordinato a termine (Interpello n. 6/2019).

Il chiarimento del Ministero del lavoro giunge a seguito dei dubbi avanzati dalla Confindustria Radio Televisioni. L’istante, in primo luogo, chiede se nell’attuale ordinamento sia consentita l’assunzione con contratto di lavoro stagionale di personale artistico, giornalistico, impiegatizio e/o operaio addetto a singoli spettacoli o serie di spettacoli consecutivi di durata prestabilita, secondo l’ipotesi prevista dal n. 49 dell’elenco allegato al d.P.R. n. 1525 del 1963, ai fini della stipulazione di contratti di lavoro stagionali nel settore radiotelevisivo.
In proposito, si rileva che l’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015 stabilisce che la disposizione in materia di pause tra contratti a termine non trova applicazione nei confronti delle attività stagionali individuate da apposito decreto ministeriale, nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi. Il medesimo comma stabilisce che, nelle more dell’adozione di tale decreto, continuino a trovare applicazione le disposizioni del d.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525, il quale tra l’altro al punto 49 richiama le attività concernenti "la preparazione e produzione di spettacoli per il personale non menzionato nella lett. e) dell’articolo 1 della legge 18 aprile 1963, n. 230 addetto ai singoli spettacoli o serie di spettacoli consecutivi di durata prestabilita".
Con risposta ad interpello n. 6/2014, il Ministero del lavoro aveva già precisato, sia pure con riferimento al quadro normativo definito dal previgente decreto legislativo n. 368/2001, che la finalità della disciplina contenuta nella legge n. 230 del 1962 e nel d.P.R. n. 1525 del 1963 è stata quella di implementare le ipotesi di apposizione del termine nello specifico settore dello spettacolo, sia per il "personale artistico e tecnico della produzione di spettacoli", sia per il personale diverso come, ad esempio, il personale operaio e impiegatizio. Il Ministero confermava inoltre la possibilità di fare ricorso a contratti di lavoro stagionali anche nel settore radiotelevisivo per specifici spettacoli o serie di spettacoli, ovvero di programmi radiofonici e/o televisivi, nel rispetto di quanto previsto al punto 49 del d.P.R. n. 1525 del 1963.
Circa il secondo quesito inerente alla possibilità che il vigente ordinamento consenta alla contrattazione collettiva di individuare ulteriori ipotesi di stagionalità, in aggiunta a quelle attualmente previste dal d.P.R., sempre con precedente interpello (n. 15/2016) è stato precisato che il rinvio operato dal comma 2 dell’articolo 21 avviene in "sostituzione" dell’emanando decreto ministeriale e non anche delle ulteriori ipotesi di esclusione individuate dalla contrattazione collettiva alla quale, così come in passato, è demandata la possibilità di integrare il quadro normativo. Pertanto, rimane confermata la possibilità per la contrattazione collettiva di settore - da intendersi come "i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria" - di individuare ulteriori ipotesi di attività stagionali rispetto a quelle già indicate dal d.P.R. n. 1525 del 1963, alle quali non si applicano i limiti sui contratti di lavoro subordinato a termine come, in particolare, quelli previsti agli articoli 19, comma 2, 21, commi 01 e 2 e 23, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015.