Provvedimenti illegittimi e ingiustificati: escluso l'intento persecutorio

11 sett 2019 La Corte di Cassazione, con ordinanza del 5 settembre 2019, n. 22288, ha affermato che, i reiterati provvedimenti disciplinari non sempre hanno un intento persecutorio, ingiurioso od offensivo, anche se poi giudicati per varie ragioni illegittimi in sede giudiziale.

Nella specie, un lavoratore con ricorso al giudice Tribunale di primo grado esponeva di aver lavorato alle dipendenze di una banca con la qualifica di funzionario dal 1971 al 7 novembre 2000, allorquando aveva rassegnato le dimissioni per giusta causa. Nel corso degli anni aveva operato con la massima diligenza e professionalità, contribuendo in modo rilevante allo sviluppo dell'agenzia da lui retta, tanto da ottenere la qualifica di "ottimo". Lamentava che gli ultimi tre anni del rapporto si erano rilevati per lui assai stressanti a causa di una serie di reiterati provvedimenti, illegittimi e ingiustificati, adottati dalla direzione generale e sostanzialmente approvati dagli organi deliberativi della banca, tutti impugnati dinanzi al giudice del lavoro e conclusisi, nella fase cautelare, favorevolmente. In particolare, sosteneva che tali provvedimenti (trasferimenti, contestazioni disciplinari, esoneri dal servizio, ed altri) erano frutto di un disegno complessivo finalizzato alla sua emarginazione ed estromissione dall'azienda, cosa in effetti avvenuta con dimissioni rassegnate per giusta causa. Deduceva che ciò gli aveva causato danni patrimoniali (perdita di chances) e non patrimoniali alla salute. Il Tribunale rigettava la domanda. La Corte d'appello riteneva, in sintesi, che i vari provvedimenti (disciplinari e non) adottati dalla banca, seppur risultati in gran parte illegittimi, non avevano carattere offensivo e trovavano comunque fondamento in obiettive circostanze che ne giustificavano l'adozione.
La Corte ha osservato che dalle sentenze del tribunale invocate non emergeva alcun intento persecutorio ma solo che i provvedimenti adottati dalla datrice di lavoro non furono considerati legittimi; in tale contesto, che esclude un intento meramente persecutorio, la sentenza impugnata ha accertato che il trasferimento del gennaio 2008 aveva interessato una pluralità di titolari di Agenzia, inserendosi in un più vasto programma di riorganizzazione aziendale, che lo stesso odierno ricorrente non evidenzia adeguatamente contrastare col dedotto giudicato.
In sostanza, pur prendendo atto che i vari provvedimenti gestionali erano stati giudicati illegittimi, la sentenza impugnata ha escluso un intento persecutorio, neppure rinvenuto nelle sentenze di primo grado, necessario ai fini della configurazione del dedotto mobbing.
La sentenza impugnata ha dunque escluso che i provvedimenti denunciati avessero carattere persecutorio, ingiurioso od offensivo, basati su fatti non pretestuosi - anche se poi giudicati per varie ragioni illegittimi in sede giudiziale - escludendo correttamente una giusta causa di dimissioni.