Conservazione dello stato di disoccupazione: prime indicazioni Anpal

L’Anpal, con circolare del 23 luglio 2019, n. 1, fornisce le prime indicazioni relative alla conservazione dello stato di disoccupazione, in seguito alle innovazioni introdotte dal D.L. n. 4/2019, conv. in L. n. 26/2019.

Come noto, l’articolo 4, comma 15-quater del d.l. n. 4/2019, prevede che "Per le finalità di cui al presente decreto ed ad ogni altro fine, si considerano in stato di disoccupazione anche i lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917". Tale disposizione interviene a sanare una incoerenza che si era venuta a creare con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2015, tra la normativa in materia di stato di disoccupazione per la generalità dei lavoratori (articolo 19), quella considerata ai fini del reddito di inclusione (articolo 3, comma 3, del d.lgs. n. 147/2017) e la normativa in materia di compatibilità della NASpI con i redditi di lavoro dipendente ed autonomo inferiori ai limiti esenti da imposizione fiscale (articoli 9 e 10 del d.lgs. n. 22/2015). In particolare, ai sensi dell’articolo 19 del d.lgs. n. 150/2015, sono considerati disoccupati, coloro che sono privi di impiego e che dichiarano, in forma telematica, al Sistema Informativo Unitario delle politiche del lavoro (SIU), la propria immediata disponibilità (DID) allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il Servizio competente.
Pertanto, il combinato disposto delle due disposizioni citate comporta che sono in "stato di disoccupazione", i soggetti che rilasciano la DID e che alternativamente soddisfano uno dei seguenti requisiti:
- non svolgono attività lavorativa sia di tipo subordinato che autonomo;
- sono lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. n. 917/1986.
Dunque, i soggetti che presentano i citati requisiti sono in stato di disoccupazione e/o possono iscriversi e/o rimanere iscritti al collocamento ordinario e mirato (sia ai fini dell’accesso che del mantenimento dello stato di disoccupazione).
La durata della disoccupazione si computa in giorni, a decorrere da quello di rilascio della DID, fino al giorno antecedente a quello della revoca. Ai fini del computo dei 12 mesi per il disoccupato di lungo periodo è necessario che lo stesso abbia un’anzianità di disoccupazione pari a 365 giorni più 1 giorno. Allo stesso modo, ai fini del computo dei 6 mesi di disoccupazione è necessario che il disoccupato abbia un’anzianità di disoccupazione pari a 180 giorni più 1 giorno.
Ai fine del calcolo dell’anzianità di disoccupazione sono conteggiati tutti i giorni di validità della DID con l’eccezione di quelli di sospensione (si considerano in stato di sospensione il giorno iniziale ed il giorno finale di un rapporto di lavoro).

Ciò premesso, ai sensi dell’articolo 4, comma 15-quater del d.l. n. 4/2019 (introdotto, in fase di conversione), il lavoratore può entrare in stato di disoccupazione (rilasciando la dichiarazione di immediata disponibilità) ovvero conservare lo stato di disoccupazione (in caso di dichiarazione di immediata disponibilità rilasciata precedentemente) anche nel caso in cui svolga un’attività lavorativa il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti. Nel caso del lavoro dipendente, tale reddito è quantificabile, alla luce della normativa vigente, in € 8.145 annui. La valutazione circa il reddito riguarda l’idoneità potenziale del rapporto di lavoro instaurato, a produrre nell’anno un reddito superiore alla soglia suddetta. Va quindi considerata, indipendentemente dalla durata prevista del rapporto di lavoro, la retribuzione annua imponibile ai fini IRPEF (quindi al netto dei contributi a carico del lavoratore) di riferimento. Il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro provvede ad effettuare i relativi calcoli a partire dalla retribuzione lorda comunicata, scomputandone i contributi a carico del lavoratore.
Come disposto dall’articolo 19, comma 3, del d.lgs. n. 150/2015, lo stato di disoccupazione è sospeso in caso di rapporto di lavoro subordinato di durata fino a 6 mesi.
Relativamente al rapporto tra l’istituto della sospensione e della conservazione dello stato di disoccupazione per il lavoratore subordinato, al momento dell’avvio di un rapporto di lavoro dipendente, la sospensione scatta unicamente se non vi è conservazione dello stato di disoccupazione come sopra specificato. Tale valutazione sarà fatta automaticamente dal sistema informativo unitario per le politiche del lavoro al momento della instaurazione del rapporto di lavoro.
In caso di inizio di una attività di lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato (incluso il contratto di apprendistato), lo stato di disoccupazione si sospende fino ad un massimo di 180 giorni. Il computo dei 180 giorni è riferito al singolo rapporto di lavoro anche qualora il lavoratore abbia attivato più rapporti di lavoro nel corso dello stesso anno: pertanto nel caso in cui il lavoratore instauri un contratto di lavoro con un nuovo datore di lavoro, anche senza soluzione di continuità, il periodo di sospensione ricomincia a decorrere.
Qualora il contratto di lavoro in questione termini, per qualsivoglia motivazione, prima che siano decorsi i 180 giorni, la persona interessata ritorna in stato di disoccupazione e l’anzianità della disoccupazione ricomincia a decorrere dal momento della fine della sospensione.
Il termine della sospensione (così come la sospensione stessa) è accertato d’ufficio e il lavoratore interessato non ha alcun onere di comunicazione nei confronti del servizio competente.
Decorsi i 180 giorni continuativi dall’inizio dell’attività lavorativa, se il contratto è ancora in vigore, l’interessato decade dallo stato di disoccupazione se la retribuzione prospettica annua è superiore ai 8.145 €.

Alla luce del citato articolo 4, comma 15-quater del d.l. n. 4/2019, anche nel caso in cui l’attività svolta sia una attività di lavoro autonomo, il cui reddito imponibile ai fini IRPEF corrisponda a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti, il lavoratore acquisisce o conserva lo stato di disoccupazione. In nessun caso, lo svolgimento di attività di lavoro autonomo dà luogo a sospensione del periodo di disoccupazione. Con riferimento ai limiti reddituali per il conseguimento o la conservazione dello stato di disoccupazione, nell’ipotesi di attività di lavoro autonomo, il limite esente da imposizione fiscale è, nella generalità dei casi, quantificabile in € 4.800 annui.
Fanno tuttavia eccezione i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo che, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, del T.U.I.R. sono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per i quali il limite ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione è di € 8.145 annui.

L’Anpal precisa, infine, che un lavoratore conserva lo stato di disoccupazione in caso di svolgimento di più attività lavorative di diversa tipologia (autonome, parasubordinate, subordinate, occasionali) da cui derivino redditi che non superino in ciascuno dei predetti ambiti i rispettivi limiti di reddito imposti per il mantenimento dello stato di disoccupazione e che il reddito complessivo proveniente dalla somma dalle attività svolte in vari settori sia inferiore a quello massimo consentito dalle norme vigenti per il mantenimento dello stato di disoccupazione (€ 8.145).
Il lavoratore con contratto di lavoro intermittente conserva lo stato di disoccupazione per tutto il periodo del contratto solo nel caso in cui la retribuzione annua prevista sia inferiore al limite esente da imposizione fiscale (€ 8.145 annui). In caso contrario, ai fini della sospensione dello stato di disoccupazione, occorre invece distinguere a seconda che il contratto preveda o meno l’obbligo di risposta da parte del lavoratore, e di conseguenza la corresponsione o meno di una indennità di disponibilità per i periodi di non lavoro di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 81/2015. Nel caso in cui non sia previsto un obbligo di risposta (e quindi una indennità di disponibilità), lo stato di disoccupazione sarà sospeso nei periodi di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre il lavoratore resterà disoccupato nei periodi di non lavoro. Ai fini della sospensione e dell’eventuale decadenza dallo stato di disoccupazione, saranno pertanto computati unicamente i periodi di lavoro effettivo. Qualora il lavoratore intermittente svolga più di 180 giorni continuativi di lavoro effettivo presso il medesimo datore di lavoro decade dallo stato di disoccupazione se la retribuzione annua prospettica è superiore a € 8.145.
Nel caso in cui, invece, sia previsto un obbligo di risposta (e quindi una indennità di disponibilità), lo stato di disoccupazioneè sospeso per tutto il periodo di durata del contratto ove la retribuzione annua prospettiva sia superiore a € 8.145. Qualora la durata effettiva del rapporto di lavoro intermittente superi i 180 giorni il lavoratore decade dallo stato di disoccupazione se la retribuzione annua prospettica è superiore a € 8.145.
Posto che il tirocinio non è un rapporto di lavoro, pur prevedendo un’indennità di partecipazione, una persona che sta svolgendo un’esperienza di tirocinio (in assenza di rapporti di lavoro) potrà rilasciare la DIDonline ed essere considerata in stato di disoccupazione. Allo stesso modo, una persona in stato di disoccupazione, che cominci un’esperienza di tirocinio, mantiene lo stato di disoccupazione.
Coloro che svolgono prestazioni occasionali (articolo 54-bis del d.l. n. 50/2017, conv. con mod. dalla l. n. 96/2017), sono considerati in stato di disoccupazione, giacché i compensi percepiti dal prestatore "non incidono sul suo stato di disoccupato", per espressa previsione normativa.