Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 luglio 2019, n. 18556

Ricollocazione al lavoro disposta in sede giurisdizionale - lnidoneità del lavoratore ad espletare tutte le mansioni disponibili - Accertamento del medico competente - Idoneità a svolgere solo alcune attività per cui era necessaria una diversa organizzazione del lavoro nel reparto - Licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore - Obbligo di previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi - Onere finanziario proporzionato alle dimensioni dell'impresa e nel rispetto delle condizioni di lavoro degli altri di lavoratori

 

Fatti di causa

 

1. Con la sentenza n. 857 del 2017 la Corte di appello di Torino, per quello che interessa in questa sede, in riforma della pronuncia n. 2130 del 2016 emessa dal Tribunale della stessa città, ha dichiarato la legittimità del licenziamento, intimato con lettera del 17.3.2014, dalla G. spa a F.D.M. per giustificato motivo oggettivo in quanto, in funzione di una ricollocazione al lavoro disposta in sede giurisdizionale, il medico competente aveva accertato l'inidoneità del lavoratore ad espletare tutte le mansioni disponibili.

2. A fondamento della decisione, dopo avere disposto una nuova consulenza tecnica medico-legale, la Corte territoriale ha rilevato che il lavoratore era stato ritenuto permanentemente inidoneo a svolgere ogni mansione nei reparti di montaggio, stampaggio metallico, rifilatura flessibile ed integrale, schiumatura flessibile ed integrale in situ, mentre, quanto al reparto stampaggio, il D.M. era stato ritenuto idonea a svolgere solo alcune attività che, però, avrebbero richiesto una diversa organizzazione del lavoro nel reparto in funzione delle patologie e limitazioni da cui era affetto; ne conseguiva che tale esigenza si sarebbe configurata come una indebita ingerenza nell'insindacabile valutazione di carattere organizzativo rimessa al datore di lavoro e tutelata dall'art. 41 della Costituzione. Inoltre, è stato precisato che una siffatta interferenza avrebbe aggravato la posizione dell'intero gruppo degli altri addetti allo stampaggio termoplastici.

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione F.D.M. affidato a tre motivi.

4. Ha resistito con controricorso la G. spa.

5. Le parti hanno depositato memorie.

 

Ragioni della decisione

 

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo si denunzia, ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 3 e 5 della legge n. 604 del 1966, con riferimento anche a quanto previsto dall'art. 41 Cost. e dall'art. 30 della legge n. 183 del 2010, ovvero l'erronea sussunzione della fattispecie concreta nella norma astratta in concreto applicata, per avere la Corte territoriale ritenuto legittimo il licenziamento nonostante fosse stato accertato che il lavoratore era stato dichiarato idoneo ad operare esclusivamente sulle presse automatiche nel reparto stampaggio materie plastiche e che questa circostanza non avrebbe avuto ripercussioni sull'organizzazione del lavoro all'interno dell'azienda.

3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 17 e 28 D.Igs. n. 81 del 2008, anche in relazione all'interpretazione delle clausole elastiche di cui agli artt. 1175 e 1375 cc e 2722 e 2725 cc, perché la Corte territoriale, pur condividendo il percorso motivazionale del CTU che aveva concluso per l'idoneità del D.M. al lavoro, erroneamente se ne era discostata senza risolvere le contraddizioni nell'interpretazione del Documento Valutazione Rischi 2013, predisposto dalla società, del cd. metodo check list OCRA e senza rilevare l'inammissibilità/nullità delle dichiarazioni testimoniali rese dal medico competente e dal RSPP in sede di giudizio di primo grado.

4. Con il terzo motivo si sostiene, ai sensi dell'art. 360 n. 4 cpc, la nullità della sentenza per violazione delle norme di cui agli artt. 112 e 115 cpc, nonché degli artt. 132 n. 4 cpc e 118 disp. att. cpc, per essersi pronunciata la Corte territoriale su problemi organizzativi che non solo non avevano mai costituito oggetto di controversi tra le parti, ma non erano stati neppure allegati e provati dalla parte che ne avrebbe avuto interesse.

5. Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione logico-giuridica, presentano profili di infondatezza e di inammissibilità.

6. Sono infondate le censure formulate in ordine alle prospettate violazioni di legge, atteso che la impugnata sentenza è conforme ai principi espressi da questa Corte (Cass. 26.10.2018 n. 27243; Cass. 19.3.2018 n. 6798), cui si intende dare seguito, secondo i quali in tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, sussiste l'obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro -purché comportanti un onere finanziario proporzionato alle dimensioni e alle caratteristiche dell'impresa e nel rispetto delle condizioni di lavoro dei colleghi dell'invalido- ai fini della legittimità del recesso, in applicazione dell'art. 3 comma 3 bis del D.Igs. n. 216 del 2003, in recepimento dell'art. 5 della Direttiva 2000/78/CE secondo una interpretazione costituzionalmente orientata e conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5.

7. Nella fattispecie, la Corte di merito ha vagliato che l'unico reparto, presso cui il D.M. avrebbe potuto svolgere attività lavorativa in relazione alle limitazioni funzionali accertate, era quello del reparto "stampaggio materie plastiche" ma tale assegnazione avrebbe richiesto una diversa organizzazione del lavoro nel reparto stesso (che avrebbe rappresentato una indebita ingerenza nell'insindacabile valutazione rimessa al datore di lavoro e tutelata dall'art. 41 Cost.) e avrebbe determinato, altresì, un aggravamento della posizione dell'intero gruppo degli altri addetti allo stampaggio termoplastici, tenuti alla rotazione su postazioni più impegnative, con il conseguente maggior rischio a loro carico.

8. Correttamente, quindi, la sentenza impugnata ha escluso la possibilità di riutilizzare, in relazione al contesto lavorativo accertato, il D.M. in altre mansioni o in altri reparti.

9. Sono inammissibili, invece, le doglianze finalizzate ad ottenere una rivisitazione della valutazione delle risultanze istruttorie che, costituendo accertamenti in fatto, sono riservati al giudice di merito e sono insindacabili in sede di legittimità se sorretti, come nel caso di specie, da argomentate motivazioni (Cass. 7.4.2003 n. 5434; Cass. n. 10484/2001; Cass. 21684/2005), in quanto la Corte territoriale ha fatto proprio il giudizio di inidoneità del D.M. espresso dal CTU sulla base delle emergenze probatorie specificamente indicate e condivise.

10. Il terzo motivo è, infine, infondato.

11. In punto di diritto deve sottolinearsi che il giudice di appello non viola il disposto degli artt. 112, 115 e 345 cpc allorché esamini questioni non specificamente proposte o sviluppate le quali, però, siano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi di gravame e, come tali, comprese nel thema decidendum del giudizio (cfr. in termini Cass. n. 8604/2017; Cass. n. 1377/2016).

12. Nel caso in esame, le difficoltà organizzative e i rischi per gli altri lavoratori del reparto, presso cui il D.M. avrebbe potuto essere assegnato, non costituivano questioni nuove ed estranee alla controversia perché la loro valutazione, incidente sulla vicenda de qua, rappresentava un passaggio ineludibile nel giudizio sulla legittimità del licenziamento, tanto più perché esse rivestano un ruolo decisivo e necessario nella verifica dell'attività di controllo della condotta del datore di lavoro, come precisato dai precedenti di legittimità sopra richiamati.

13. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

14. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

15. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie della misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13..