lscrizione alla gestione commercianti e "facere sostanzialmente gestorio"

L'attività svolta dal socio amministratore non è da includere in quelle per cui è prevista l'iscrizione alla Gestione Commercianti laddove emerga dall'istruttoria espletata che si tratti di un "facere sostanzialmente gestorio" proprio di chi ricopre il ruolo di socio ed amministratore della società, essendo assente la prova dell'esercizio abituale e prevalente dell'attività d'impresa oggetto della società (Cassazione, ordinanza n. 18281/2019).

La Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado e rigettato l'appello dell'INPS contro la sentenza che aveva dichiarato il soggetto non tenuto al pagamento della contribuzione alla gestione commercianti in relazione alla attività prestata in favore della società di cui era socio amministratore, con riferimento ad alcune cartelle esattoriali opposte.
L'Inps è ricorso per la cassazione della sentenza articolando un unico motivo. L’Istituto lamenta, in sostanza, che la sentenza abbia errato in quanto, senza considerare la natura non interpretativa del DL. n. 78 del 2010 (che ha reso possibile la doppia iscrizione), ha ritenuto che il socio si fosse limitato all'esercizio di attività meramente <gestoria> all'interno dell'azienda sociale, laddove l'attività svolta, per quanto riferito dalla stessa sentenza, era stata connotata dal coordinamento di dipendenti e collaboratori e dal rapporto con banche e principali clienti e fornitori.
Secondo la Cassazione il motivo è però infondato. La sentenza ha affermato, in punto di diritto, che l'attività svolta dal soggetto non è da includere in quelle per cui è prevista l'iscrizione alla Gestione Commercianti in quanto dall'istruttoria espletata è emerso che l’interessato abitualmente non partecipava costantemente al lavoro aziendale in quanto restava assente per giorni e, comunque, non aveva una postazione propria o un ufficio all'interno dell'azienda; pertanto, ad avviso della Corte di merito, l'attività svolta non valicava i limiti della funzione trattandosi di un "facere sostanzialmente gestorio" proprio di chi ricopre il ruolo di socio ed amministratore della società, essendo assente la prova dell'esercizio abituale e prevalente dell'attività d'impresa oggetto della società.
Si desume, dunque, l'assenza dell'obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi concretamente valutati ed accertati dal giudice di merito e non da mere presunzioni.
Sul piano previdenziale, infatti, secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di cassazione, qualora il socio amministratore di una società a responsabilità limitata partecipi al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, ha l'obbligo di iscrizione alla gestione commercianti, mentre, qualora si limiti ad esercitare l'attività di amministratore, deve essere iscritto alla sola gestione separata, operando le due attività su piani giuridici differenti, in quanto la prima è diretta alla concreta realizzazione dello scopo sociale, attraverso il concorso dell'opera prestata dai soci e dagli altri lavoratori, e la seconda all’esecuzione del contratto di società sulla base di una relazione di immedesimazione organica volta, a seconda della concreta delega, alla partecipazione alle attività di gestione, di impulso e di rappresentanza (Cass. 10426/2018).
Ciò conferma l'indirizzo consolidato secondo cui presupposto imprescindibile per l'iscrizione alla gestione commercianti è la prova, in conformità a quanto previsto dalla legge n. 662 del 1996, art. 1 comma 203, dello svolgimento di un'attività commerciale (Cass. Sez. Lav. n. 3835 del 26.2.2016; Cass. n. 5210 del 2017) con carattere di abitualità e prevalenza. In particolare, tale carattere va inteso con riferimento all'attività lavorativa espletata dal soggetto stesso in seno all'impresa, al netto dell'attività eventualmente esercitata in quanto amministratore, indipendentemente dal fatto che il suo apporto sia prevalente rispetto agli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali); tale accezione del requisito della "prevalenza" meglio si attaglia alla lettera dell'art. 1, comma 203, della I. n. 662 del 1996, volto a valorizzare l'elemento del lavoro personale, ed alla sua "ratio", includendo nell'area dI applicazione della norma tutti i casi in cui l'attività del socio, ancorché abituale e prevalente rispetto al resto delle sue attività, non possa essere ritenuta preponderante rispetto agli altri fattori produttivi dell'impresa.
E’ compito del giudice di merito accertare la sussistenza dei requisiti di legge per tale coesistenza, nonché l'assolvimento dell'onere probatorio a carico dell'ente previdenziale, ai cui fini assumono rilevanza la complessità dell'attività, la presenza di dipendenti o collaboratori, la loro qualifica e le mansioni svolte. La sentenza impugnata non si è discostata da tali principi ed ha congruamente verificato che la concreta partecipazione del socio amministratore all'attività commerciale svolta dalla società, in concreto, non rivestiva i caratteri dell'abitualità e prevalenza di cui sopra per cui la censura non intacca la decisione ed il ricorso va rigettato.