Procedura concorsuale infruttuosa: recupero dell'Iva versata

Con il regime opzionale che consente di rinviare l’esigibilità dell’IVA al momento dell’incasso del corrispettivo, l’imposta diventa comunque esigibile decorso un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, ma tale limite annuale non si applica nel caso in cui il cessionario o il committente, prima del decorso del termine, sia stato assoggettato a procedura concorsuale. (AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 13 giugno 2019, n. 190)

L’istante nel periodo d’imposta 2015 ha optato per la liquidazione dell’IVA secondo la contabilità di cassa. Tale regime, che consente di posticipare l’esigibilità dell’IVA ed il suo versamento al momento dell’incasso del corrispettivo, gli ha permesso di rinviare fino al termine del 2018 il versamento dell’IVA relativa ai corrispettivi che un committente, ammesso alla procedura di amministrazione straordinaria prevista dalla "Legge Marzano", non ha ancora pagato. Tanto premesso, avendo intenzione di applicare, a partire dal 2019, il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 ad 89 della legge del 23 dicembre 2014, n. 190, chiede di chiarire come vada gestita l’IVA finora rimasta sospesa e come eventualmente recuperala laddove le fatture restassero insolute.
L’Agenzia, al riguardo, chiarisce che il regime opzionale di cui all’articolo 32-bis del d.lgs. n. 83 del 2012 consente di rinviare l’esigibilità dell’IVA al momento dell’incasso del corrispettivo, in deroga all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
L’imposta diventa comunque esigibile decorso un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, ma tale limite annuale non si applica nel caso in cui il cessionario o il committente, prima del decorso del termine, sia stato assoggettato a procedura concorsuale.
Con riguardo, invece, al regime forfetario, l’articolo 1, comma 62, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, allo scopo di regolamentare il passaggio da un regime di ordinaria applicazione dell’IVA ad un regime in cui la rivalsa non è esercitata,prevede che nell'ultima liquidazione relativa all'anno in cui è applicata l'imposta sul valore aggiunto è computata anche l'imposta relativa alle operazioni, per le quali non si è ancora verificata l'esigibilità.
Nella stessa liquidazione può essere esercitato, ai sensi degli articoli 19 e seguenti del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il diritto alla detrazione dell'imposta relativa alle operazioni di acquisto effettuate in vigenza dell'opzione di cui all'articolo 32-bis del citato decreto-legge n. 83 del 2012 e i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.
Correttamente, dunque, l’istante ha fatto concorrere l’IVA sospesa negli anni precedenti nell’ultima liquidazione relativa all’anno solare 2018. Ora, laddove all’esito alla procedura di amministrazione straordinaria i corrispettivi dovuti dal committente restino insoluti, l’istante non è legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione ex articolo 26, comma 2, del dPR n. 633 del 1972 per recuperare l’IVA versata e non incassata in quanto il regime forfetario non consente l’esercizio del diritto alla detrazione ai sensi dell’articolo 19 del medesimo decreto. In alternativa, al fine di dare attuazione al principio di neutralità, secondo il quale il contribuente è tenuto a versare solo l’IVA effettivamente incassata, l’istante può presentare istanza di rimborso ex articolo 30-ter del dPR n. 633 del 1972, secondo cui Il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
Al riguardo si evidenzia che il presupposto per la restituzione è costituito dalla definitività del piano di riparto finale, a seguito della scadenza del termine per l’opposizione dei creditori, da cui risulta l’infruttuosità della procedura.