Rendita vitalizia per i contributi omessi e prescritti: focus sui profili istruttori dell'istanza

Come noto, la costituzione della rendita vitalizia (art. 13, L. n. 1338/1962) consente, previa esibizione di prove rigorose, di versare un onere a copertura dei periodi di lavoro la cui contribuzione sia stata omessa e non sia recuperabile per il decorso dei termini di prescrizione. Orbene, con circolare n. 78 del 29 maggio 2019, l’Inps fornisce chiarimenti in merito all’istruttoria delle relative istanze, oltre ad un breve riepilogo delle norme che regolano l’istituto.

La costituzione della rendita vitalizia presuppone una omissione contributiva in relazione all’obbligo assicurativo per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS), che non sia più suscettibile di recupero da parte dell’Inps per maturata prescrizione. Oltre che ai rapporti di lavoro subordinato, l’istituto in parola è esteso alle seguenti fattispecie:
- familiari coadiuvanti e coadiutori dei titolari di imprese artigiane e commerciali;
- collaboratori del nucleo coltivatore diretto, diversi dal titolare, e collaboratori dei nuclei colonici e mezzadrili;
- coloro che pur essendo soggetti al regime di assicurazione obbligatoria nella Gestione separata (L. 8 agosto 1995, n. 335), non sono però obbligati al versamento diretto della contribuzione, perché la propria quota è trattenuta e versata direttamente dal committente o associante;
- iscritti alla Cassa per le pensioni degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate, a far data dal 1° gennaio 2020.
Tanto premesso, ai fini della costituzione di rendita vitalizia è necessario che siano presentati documenti di data certa dai quali possa evincersi l’effettiva esistenza del rapporto di lavoro, nonché la sua natura. La documentazione deve essere redatta all’epoca dello svolgimento del rapporto di lavoro o anche in epoca successiva, purché risalente rispetto all’epoca della domanda di rendita vitalizia, tale escludere che la documentazione possa essere costituita allo specifico scopo di usufruire del beneficio. Quale che sia la documentazione (a titolo esemplificativo, libretti di lavoro, benserviti, libri paga, etc.), essa deve avere sempre precisi requisiti di forma e di contenuto, al fine di evitare la costituzione di posizioni assicurative fittizie. In sostanza, l’esistenza del rapporto di lavoro non deve apparire solo verosimile, ma risultare certa. La documentazione, datata e debitamente sottoscritta da colui che ne è l’autore, deve essere completa in ogni sua parte ed integra, priva di abrasioni, alterazioni o cancellazioni. Le dichiarazioni ora per allora non sono idonee a provare l’esistenza del rapporto di lavoro. Il regime probatorio specifico vincola anche il giudice chiamato a decidere sulla sussistenza del diritto del lavoratore ad ottenere la costituzione della rendita vitalizia. Il giudice, infatti, a tali fini, non può verificare l’esistenza del rapporto di lavoro con ogni mezzo di prova, ma può fondare il proprio convincimento solo dietro esibizione di prove documentali di data certa. La documentazione deve essere presentata in originale o copia debitamente autenticata da pubblico ufficiale. Non sono utilizzabili le attestazioni di conformità all’originale redatte dall’interessato, dal datore di lavoro o da altri soggetti privati. È ammessa tuttavia la dichiarazione sostitutiva del fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da una Pubblica Amministrazione o la copia di titoli di servizio siano conformi all'originale (art. 19, D.P.R. n. 445/2000).
L’omissione contributiva va dimostrata però fornendo anche la prova dell’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa nel periodo per il quale si chiede la costituzione della rendita vitalizia, della qualifica posseduta nel periodo e della misura della retribuzione. Fermo restando la prova dell’esistenza del rapporto sulla base di documenti aventi data certa, gli aspetti della durata, continuità della concreta prestazione lavorativa e qualifica, possono essere dimostrati anche con "altri mezzi di prova", tra i quali la testimonianza, purché entro rigidi limiti. Il testimone, cioè, deve rappresentare fatti oggetto della propria percezione diretta e dunque deve anche attestare le ragioni di come sia venuto a conoscenza di tali fatti in modo da offrire elementi di riscontro. Possono essere valutate le dichiarazioni rilasciate da:
- dipendenti di appartenenza regolarmente assicurati nel periodo per il quale rendono testimonianza;
- datore di lavoro;
- familiari che siano titolari o collaboratori nell’impresa nel periodo oggetto di riscatto.
La dichiarazione testimoniale deve essere resa, con piena assunzione di responsabilità (artt. 38 e 47, D.P.R. n. 445/2000), anche di natura penale, dichiarando eventuali rapporti di coniugio, unione civile o convivenza, parentela, affinità, affiliazione, dipendenza con la parte interessata ovvero eventuali interessi nei fatti sui quali rende la propria dichiarazione. In ogni caso, la testimonianza non può essere utilizzata come strumento per provare la retrodatazione dell’inizio o la posticipazione della fine di un rapporto di lavoro, allorquando il documento che ne prova l’esistenza indica in modo non equivoco la data di inizio e fine dello stesso, poiché, altrimenti, sarebbe una prova in contrasto con il documento, di cui annullerebbe dunque l’efficacia probatoria. Quando il documento dell’epoca attesta inequivocabilmente sia la data di inizio sia la data di fine del rapporto di lavoro e il periodo intercorrente fra tali date è completamente scoperto di contribuzione, in via del tutto eccezionale, per tale lasso temporale, è possibile presumere l’omissione contributiva totale e dunque non sono richiesti ulteriori elementi di prova circa lo svolgimento della prestazione lavorativa (cd. principio del vuoto contributivo assoluto).
Nel contesto dell’istruttoria di rendita vitalizia non è comunque possibile riconoscere l’esistenza o la durata di un rapporto di lavoro o della prestazione lavorativa che siano stati già oggetto di disconoscimento in sede ispettiva. Infine, non è ammessa la costituzione della rendita per periodi in cui il preteso datore di lavoro non risulti esistente ed attivo o per periodi in cui il datore di lavoro sia stato cancellato dagli elenchi CD/CM.
I criteri introdotti devono essere applicati a:
- domande ancora giacenti alla data del 29 maggio 2019 (data di pubblicazione della circolare n. 78/2019), oltre che, naturalmente, a quelle presentate in data successiva. Eventuali domande già respinte possono essere riesaminate su richiesta degli interessati presentata nei termini di legge;
- ricorsi amministrativi pendenti alla predetta data.