Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 giugno 2019, n. 15630

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Appello - Vizi di notifica - Mancata notifica al procuratore domiciliatario costituito in primo grado - Nullità della notifica - Costituzione in giudizio dell’appellato - Sanatoria

 

Rilevato che

 

con sentenza n. 73/03/12, la C.T.P. di Como respingeva i distinti ricorsi (riuniti dalla predetta pronuncia) proposti dalla M.S.D.I. S.A. avverso quattro avvisi di accertamento (relativi alle annualità dal 2005 al 2008) ai fini delle imposte dirette, IRAP e IVA - i quali contestavano la compartecipazione a una frode fiscale realizzata mediante compravendite fittizie tra la ricorrente e altre società (S. S.p.A. e A. S.p.A.) - e la cartella di pagamento notificata dall'agente della riscossione Equitalia Nord e relativa ad iscrizione a ruolo per l'anno 2008;

avverso la decisione di primo grado proponeva appello la M.S.D.I.;

- la C.T.R. della Lombardia, con la sentenza n. 1931/32/14 dell'11 aprile 2014, riformava parzialmente la pronuncia di primo grado annullando gli accertamenti per imposte dirette e confermandoli per IVA, interessi e sanzioni;

avverso tale decisione la M.S.D.I.S.A. propone ricorso per cassazione affidato a dodici motivi;

resistono con distinti controricorsi Equitalia Nord S.p.A. (oggi Agenzia delle Entrate - Riscossione) e Agenzia delle Entrate, la quale impugna a sua volta la decisione con ricorso incidentale basato su due motivi.

 

Considerato che

 

1. Col primo, col secondo e col terzo motivo la M.S.D.I. S.A. deduce, sotto i diversi profili dell'art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 36 D.Lgs. n. 546 del 1992 per avere la C.T.R. omesso di fornire motivazione alla propria decisione e di pronunciarsi sui motivi di appello proposti dalla ricorrente.

2. I motivi sono inammissibili.

Dietro alla doglianza di nullità della sentenza per violazione dell'art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992 la M.S.D.I. cela, in realtà, una censura della motivazione, reputata insufficiente; parimenti, si deduce - peraltro in maniera lacunosa in violazione dell'art. 366 cod. proc. civ. (e, cioè, senza indicare, né tantomeno trascrivere o riportare, gli specifici motivi di appello che sarebbero stati pretermessi dalla C.T.R.) - violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. per sostenere che il giudice d'appello «avendo a disposizione tutti gli elementi probatori necessari, avrebbe dovuto annullare la sentenza di primo grado censurata con l'appello proposto».

Dalla sommaria elencazione dei "motivi" che la C.T.R. avrebbe trascurato di esaminare si evince che la M.S.D.I. imputa al giudice d'appello di non aver esaminato tutti gli argomenti portati dalla parte interessata a sostegno della propria contestazione (ne costituiscono indice le doglianze della ricorrente in ordine alla «lamentata carenza probatoria dell'accertamento» e alle pretese «contraddizioni motivazionali» del processo verbale di constatazione e degli avvisi), senza considerare che - secondo consolidata giurisprudenza - non è necessario confutare espressamente gli argomenti assorbiti o incompatibili con le ragioni espressamente indicate dal giudice stesso.

Nella fattispecie in esame, al contrario, la sentenza impugnata contiene una motivazione, succinta, ma comunque sufficiente a dar conto di aver esaminato le doglianze della parte (peraltro, riportate nello «svolgimento del processo») e le ragioni poste a supporto del loro rigetto (ne sia prova l'individuazione della descritta «antieconomicità della gestione rilevata dai verificatori» quale «indizio per avvalorare l'inesistenza delle operazioni poste in essere»); non si verte, dunque, in ipotesi di motivazione al di sotto del "minimo costituzionale" (Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830-01), di talché è precluso il sindacato di legittimità.

3. Col quarto motivo la M.S.D.I. S.A. lamenta violazione (art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) dell'art. 2697 cod. civ., perché - in contrasto con la decisione della C.T.R. - «si è ampiamente dimostrato che la A. era società operativa e non una cartiera creata apposta a che la MSD potesse attuare fraudolente operazioni. D'Altro canto si rileva che l'Ufficio non ha assolto all'onere probatorio su di lei incombente» (così a pag. 26 del ricorso).

4. Il motivo è palesemente inammissibile.

Esula dal sindacato di legittimità la rivalutazione delle risultanze istruttorie già esaminate dal giudice di merito, né può essere sollecitato un "terzo grado di merito" attraverso la lamentata violazione dell'art. 2697 cod. civ., la quale si configura soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare.

5. Col quinto e col sesto motivo la ricorrente censura la decisione della C.T.R. per violazione (art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) degli artt. 17 D.Lgs. n. 546 del 1992 e 156 cod. proc. civ., per avere la C.T.R. dichiarato la nullità dell'appello in quanto notificato direttamente alla Equitalia Nord S.p.A., anziché al procuratore domiciliatario costituitosi in primo grado, peraltro senza considerare la sanatoria della pretesa invalidità derivante dalla costituzione in giudizio dell'agente della riscossione.

6. I predetti motivi (unitariamente considerati) sono fondati.

Nel contenzioso tributario, la notifica dell'appello, a cui si applica l'art. 17 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (norma speciale rispetto all'art. 330 cod. proc. civ.), va effettuata presso il procuratore domiciliatario costituito in primo grado, ma la difformità dallo schema normativo determina nullità (e non inesistenza) della notificazione, di talché essa è sanata, ex art. 156 cod. proc. civ., dalla costituzione in giudizio dell’appellato (arg. da Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4233 del 17/02/2017, Rv. 643210-01).

7. Restano assorbiti i motivi settimo, ottavo, nono e decimo, concernenti profili di impugnazione della pronuncia di primo grado riguardo alla cartella di pagamento.

8. Con l'undicesimo e il dodicesimo motivo la ricorrente contesta la decisione della C.T.R. lombarda per violazione (art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) degli artt. 19 e 21 D.P.R. n. 633 del 1972 per avere considerato indetraibile l'IVA relativa ai costi sulle fatture richiamate negli avvisi, pur in presenza di operazioni esistenti ed effettive.

9. I motivi sono inammissibili.

La ricorrente, infatti, prospetta una erronea applicazione della normativa fiscale sull'IVA senza prendere in considerazione la ratio decidendi della sentenza d'appello, la quale ha escluso che le operazioni fossero «esistenti ed effettive» e, anzi, ha concluso per la natura fraudolenta delle stesse: non spetta la detrazione dell'imposta risultante da fatture per operazioni inesistenti.

10. In conclusione, sono inammissibili il primo, il secondo, il terzo, il quarto, l'undicesimo e il dodicesimo motivo del ricorso della M.S.D.I.; sono fondati i motivi quinto e sesto, con conseguente cassazione della sentenza - limitatamente ai dedotti profili di impugnazione della pronuncia di primo grado riguardo alla cartella di pagamento - e rinvio alla C.T.R. per nuovo esame.

11. Col primo motivo del ricorso dell'Agenzia delle Entrate si deduce la violazione e/o falsa applicazione (art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., 109 D.P.R. n. 917 del 1986, 39, comma 1, lett. d), e 41 -bis D.P.R. n. 600 del 1973, 5 e 25 D.Lgs. n. 446 del 1997, 1, comma 2, D.Lgs. n. 471 del 1997, 8, commi 1, 2 e 3, D.L. n. 16 del 2012, convertito dalla Legge n. 44 del 2012, per avere la C.T.R. annullato l'accertamento effettuato ai fini delle imposte dirette senza considerare la legittimità del recupero a tassazione delle componenti negative relative ad operazioni inesistenti e senza applicare la sanzione amministrativa prevista dall'art. 8, comma 2, D.L. n. 16 del 2012.

12. Il motivo è fondato.

Il giudice d'appello ha rilevato, nelle operazioni della società, i requisiti di deducibilità prescritti dall'art. 14, comma 4-bis, Legge n. 537 del 1993, come sostituito dall'art. 8, comma 1, D.L. 2/3/2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26/4/2012, n. 44.

Tuttavia, la C.T.R. non dà atto di aver considerato il disposto del secondo comma 2 dell'art. 8 D.L. n. 16 del 2012, a norma del quale «Ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell'ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell'ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi».

Riguardo all'applicabilità di detta disposizione, questa Corte ha statuito che «in tema di imposte sui redditi, e con riguardo ad operazioni oggettivamente inesistenti, ai sensi dell'art. 8, comma 2, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 2012, n. 44, che ha portata retroattiva ed è applicabile anche d'ufficio, i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell'ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 27040 del 19/12/2014, Rv. 633750-01; analogamente, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 7896 del 20/04/2016, Rv. 639570-01).

13. In accoglimento del predetto motivo, la sentenza è cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame.

14. Resta assorbito il secondo motivo proposto, in via subordinata, da Agenzia delle Entrate sul medesimo punto della decisione impugnata.

15. La liquidazione delle spese del giudizio di legittimità è rimessa al giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili il primo, il secondo, il terzo, il quarto, l'undicesimo e il dodicesimo motivo del ricorso della M.S.D.I.;

accoglie il quinto e il sesto motivo del ricorso della M.S.D.I. e il primo motivo del ricorso dell'Agenzia delle Entrate e, per l'effetto, cassa la sentenza impugnata - limitatamente ai profili interessati da questa decisione - con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese.