Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 giugno 2019, n. 25749

Reati tributari - Sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente - Soggetti beneficiari degli illeciti fiscali - Estensione a persone fisiche che hanno ricoperto cariche direttive

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con l'impugnata ordinanza, il Tribunale della libertà di Trento accoglieva parzialmente l'istanza proposta ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen. nell'interesse di A.G. e G.T. avverso il decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, emesso dal g.i.p. del Tribunale di Rovereto in data 06/11/2018 nei confronti dei predetti, 'indagati per plurimi delitti tributari, e revocava il sequestro preventivo diretto delle somme di denaro, per complessivi euro 169.872,41 sequestrate alle società C. srl, T. srl, T.I. srl, U.C. scan, G. sas, W.I. srl, U.C. Consorzio scan, Centro Produttivo via G., Centro Servizi U.C., B. and I. srl, con conseguente restituzione delle relative somme di denaro a ciascun avente diritto; confermava, nel resto, il provvedimento impugnato.

2. Avverso l'indicata ordinanza, gli indagati, per il tramite dei comuni difensori di fiducia, propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

2.1. Con il primo motivo si eccepisce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, comma 3, 321 cod. proc. pen., e 12 bis d.lgs. n. 74 del 2000. Assumono i ricorrenti che non si comprenderebbe come mai il tribunale abbia revocato il sequestro delle somme di proprietà di società estranee ai reati fiscali, mentre lo ha mantenuto in relazione alle somme di proprietà delle persone fisiche, pure estranee al reato, analiticamente indicate nell'istanza di riesame, ciò che integra la violazione dell'art. 12 bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, a tenore del quale non sono assoggettabili a confisca i beni "che appartengono a persona estranea al reato".

2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione all'art. 324 cod. proc. pen., con riferimento agli artt. 309, comma 1, 125 e 321 cod. proc. pen. e 12 bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000. Ad avviso dei ricorrenti, il Tribunale avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di revoca del sequestro della somma di 50.160 euro, relativa all'imputazione cautelare di cui al capo B) sul presupposto che la prova dell'asserito pagamento sarebbe illeggibile, circostanza che i ricorrenti contestano e, in ogni caso, la prova del pagamento sarebbe in atti.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, comma 3, 321 cod. proc. pen., 12 bis d.lgs. n. 74 del 2000 e 104 disp. att. cod. proc. pen. Sostengono i ricorrenti che il Tribunale avrebbe rigettato con motivazione apodittica la richiesta di revoca del sequestro per equivalente dei beni immobili intestati alla G., non risultando che detta società fosse uno "schermo fittizio" di G.T.; al contrario, tale società sarebbe estranea ai contestati reati tributari, come dimostrato dal fatto che il Tribunale ha disposto la revoca del sequestro preventivo diretto delle somme di denaro, e considerando che la G. srl - società che ha tratto vantaggio dalla commissione dei reati - ha un patrimonio immobiliare del valore di mercato di oltre un milione di euro. Si deduce, infine, che il sequestro non sarebbe rispettoso del disposto di cui all'art. 104 lett. d) disp. att. cod. proc. pen.

 

Considerato in diritto

 

1. I ricorsi sono infondati e devono perciò essere rigettati.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Premesso che, in questa sede, non é in discussione la sussistenza del fumus dei contestati delitti fiscali, ma oggetto di censura sono solo alcuni specifici profili delle condizioni legittimanti il disposto sequestro, va osservato che i ricorrenti, con il motivo in esame, si limitano a affermare che determinate somme di denaro, ancorché rinvenute nella disponibilità degli indagati, sarebbero di proprietà - o comunque riconducibili - a soggetti terzi estranei ai reati. Orbene, si tratta di una censura che non incide sulla legittimità del provvedimento costitutivo del vincolo reale, ma di una questione relativa alla fase esecutiva del decreto di sequestro preventivo, sicché l'avente diritto - e non quindi i ricorrenti - potrà proporre istanza per ottenere la restituzione dei beni di sua esclusiva proprietà, considerando che, allo stato, secondo quanto accertato dal tribunale (p. 2 del provvedimento impugnato), non è stato soddisfatto l'onere di allegazione concernente la titolarità di detti beni a soggetti terzi.

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Invero, la contestazione mossa dai ricorrenti è fattuale, e, pertanto, estranea al giudizio di legittimità, laddove il Tribunale ha ritenuto che la documentazione allegata - come ipoteticamente riferita al pagamento in ritardo della somma di 50.160 - è illeggibile, sicché non idonea a dimostrare il versamento al Fisco. Parimenti generica è l'indicazione che la prova di detto pagamento sia in atti, essendo onere del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso, allegare integralmente i documenti a sostegno delle proprie argomentazioni difensive, fermo restando che, a fronte della prova del pagamento dell'imposta, comprensiva di interessi e sanzioni, proveniente da accertamenti dell'ente creditore, la società potrà chiedere la riduzione del quantum del sequestro.

4. Il terzo motivo è infondato.

4.1. Il Tribunale, con motivazione immune da vizi logici, ha disposto la revoca del sequestro delle somme di denaro della G. sas oggetto di sequestro preventivo diretto, in quanto società estranea ai contestati delitti fiscali, mentre ha mantenuto il sequestro per equivalente dei beni immobili intestati a detta società in quanto schermo giuridico dell'indagato T., il quale, essendone l'amministratore e l'effettivo dominus, aveva la disponibilità di detti beni, giustificandosi il sequestro alla luce dell'insufficienza delle somme di denaro sequestrate a coprire l'omesso versamento dell'Iva, pari a oltre 1.700.000 di euro. Il Tribunale si è perciò attenuto al principio, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014 - dep. 05/03/2014, Gubert, Rv. 258648), secondo cui si può far luogo al sequestro per equivalente soltanto dopo avere verificato l'impossibilità, ancorché temporanea, di sottoporre al provvedimento cautelare i beni che, direttamente o indirettamente, siano riferibili al profitto del reato (il quale, nei reati tributari, è costituito da "qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario": così Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036).

4.2. Nel caso in esame, essendo risultato in parte incapiente il sequestro diretto del profitto del reato, operato sul denaro delle società nel cui vantaggio sono stati commessi i delitti tributari, il sequestro è stato correttamente esteso "per equivalente" ai beni immobili nella disponibilità del T., quale persona fisica che ha ricoperto cariche direttive in seno alla società coinvolte negli illeciti fiscali. In tal caso, il sequestro può avere ad oggetto non solo i beni personali degli amministratori, ma anche quelli ad essi riconducibili; di conseguenza, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente è stato correttamente esteso ai beni immobili della G. sas, essendo risultata nell'esclusiva disponibilità dell'indagato, il quale ne è amministratore di diritto e di fatto.

4.3. Si osserva, infine, che la questione relativa all'asserita violazione dell'art. 104 lett. d) disp. att. cod. proc. pen. è dedotta in maniera del tutto generica, sicché essa è inammissibile.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.