Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 maggio 2019, n. 13336

Tributi - Accertamento - Processo verbale di accesso e richiesta di documenti - Mancata tempestiva esibizione della documentazione richiesta - Rifiuto di esibizione - Presupposti - Valutazione del giudice - Sanzioni di inutilizzabiltà della documentazione tardivamente prodotta sia in sede amministrativa che processuale

 

Rilevato che

 

1. con sentenza n. 94/34/11 del 31/10/2011, la CTR della Lombardia accoglieva l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 284/03/09 della CTP di Milano, che aveva respinto il ricorso proposto da L.P., titolare della ditta TVP di P.L., avverso l'avviso di accertamento a fini IRPEF, IRAP e IVA relativo all'anno 2002;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) l'atto impugnato veniva emesso a seguito della mancata produzione, da parte del contribuente, della documentazione contabile obbligatoria richiesta dai verificatori in sede di accesso; b) l'Ufficio disconosceva, pertanto, i costi dedotti dal contribuente, procedendo alla corrispondente rettifica del reddito d'impresa; c) la CTP respingeva il ricorso del P.; d) la sentenza della CTP era appellata dal contribuente;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava l'accoglimento dell'appello osservando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) il processo verbale di accesso e richiesta di documenti era affetto da molteplici vizi formali e sostanziali (non era stato compilato presso la sede della società ma presso l'abitazione del contribuente, non risultava attestare «né la effettiva realtà dei fatti, né la provenienza del documento, né l'avvenuta sua consegna al legittimo destinatario», essendo intestato ad altra società) e non poteva costituire idoneo presupposto per la rideterminazione del reddito imponibile di cui all'avviso di accertamento; b) l'inadempimento del contribuente all'esibizione della documentazione richiesta non esimeva l'Ufficio «daII'effettuare un più oculato ed approfondito controllo reddituale del contribuente», atteso che il divieto di prendere in considerazione la documentazione contabile non esibita si giustificava solo se il contribuente si fosse intenzionalmente sottratto al suo obbligo; c) in ogni caso, l'esito del contraddittorio endoprocedimentale non condizionava la possibilità, per il contribuente, di difendersi nel giudizio di merito, producendo la documentazione non esibita, che non poteva ritenersi tardiva soprattutto a fronte di un verbale d'accesso quanto meno irregolare; d) la documentazione contabile prodotta in giudizio consentiva una valutazione di legittimità delle detrazioni IVA e dei costi dedotti, ritenuti inerenti e congrui; e) quanto sopra comportava l'inapplicabilità delle sanzioni, che non andavano irrogate «quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria»; f) allo stesso modo si era pronunciata la CTP di Milano con riferimento ad altri avvisi di accertamento scaturiti dal medesimo processo verbale di accesso;

2. l'Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sette motivi;

3. L. P. resisteva in giudizio con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis. 1 cod. proc. civ.

 

Considerato che

 

1. con il primo, il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., motivazione illogica o insufficiente in ordine al fatto controverso della portata decettiva del verbale di accesso e di richiesta documenti, ritenuto ingiustificatamente inidoneo a supportare la pretesa impositiva dell'Erario e a trarre in inganno sulla persona cui è diretta la richiesta di esibizione dei documenti;

2. i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono complessivamente fondati;

2.1. la CTR afferma che il verbale di accesso e di richiesta di documenti è affetto da molteplici irregolarità, ma si limita a specificare che: a) lo stesso sarebbe stato redatto presso l'abitazione dell'imprenditore e non presso la sede dell'impresa; b) quest'ultima sarebbe stata erroneamente indicata; c) l'atto non sarebbe stato consegnato al legittimo destinatario, da individuarsi nella M. s.p.a.;

2.1.1. tali irregolarità sarebbero idonee a trarre in inganno il contribuente sulla persona del verificato, nonché sull'anno d'imposta, essendo stato indicato l'anno 2004, sicché legittimamente questi non avrebbe ottemperato alla richiesta di esibizione;

2.2. tuttavia, la motivazione della CTR: 1) è del tutto generica e, dunque, insufficiente quando fa riferimento a molteplici irregolarità senza indicare specificamente quali esse siano; 2) è illogica quando, a fronte degli elementi emergenti dal verbale di accesso (chiaramente unitario, indicativo del nominativo del soggetto verificato, contenente una dettagliata richiesta di documenti e sottoscritto dal contribuente) valorizza, ai fini della decettività, o circostanze ininfluenti (l'effettuazione dell'accesso al di fuori della sede dell'impresa e presso l'abitazione del contribuente) ovvero elementi obiettivamente poco rilevanti ed indicativi di riconoscibili errori materiali (la mera annotazione, in alto sulla seconda pagina, del nominativo di altra impresa e del riferimento ad altro verbale);

3. con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la documentazione non esibita a seguito dell'invito contenuto nel processo verbale di accesso può essere prodotta in giudizio solo ove la mancata esibizione sia dovuta a causa non imputabile;

4. il motivo è fondato;

4.1. vertendosi in tema di verifica fiscale, la fattispecie è regolata unicamente dall'art. 52, quinto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 (richiamato in tema di imposte dirette dall'art. 33, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1972 (ndr art. 33, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973) ), secondo il quale «i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione»;

4.3. tale disposizione viene comunemente interpretata dalla S.C. nel senso che la sanzione della inutilizzabilità di produzioni tardive non consegue alla semplice mancata esibizione della documentazione richiesta dai verificatori da parte del contribuente, ma implica un sostanziale rifiuto all'esibizione, accertabile anche sulla base di elementi presuntivi; né tale rifiuto è integrato dall'indisponibilità della documentazione per colpa, caso fortuito o forza maggiore (Cass. S.U. n. 45 del 25/02/2000; Cass. n. 24503 del 02/12/2015; Cass. n. 16960 del 11/08/2016; Cass. n. 5914 del 08/03/2017; Cass. n. 27885 del 31/10/2018);

4.4. nel caso di specie, la CTR, omettendo, come suo onere, qualsiasi valutazione in ordine alla sussistenza dei requisiti applicativi della disposizione sopra menzionata (e, dunque, alla configurabilità di un rifiuto imputabile al contribuente), ha erroneamente ritenuto che sussistesse in ogni caso un dovere dell'Ufficio di esaminare la documentazione tardivamente prodotta, con ciò tradendo la finalità (anche) sanzionatoria del precetto, che deriva direttamente dal principio di leale collaborazione tra contribuente e Amministrazione finanziaria;

4.5. in altri termini, la CTR avrebbe dovuto chiarire per quali ragioni la mancata tempestiva esibizione della documentazione richiesta non integrasse i presupposti del rifiuto, sanzionato dall'art. 52, quinto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 con la preclusione dell'utilizzazione, sia in sede amministrativa che processuale, della documentazione tardivamente prodotta;

5. con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione dell'art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., atteso che gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 52 del d.P.R. n. 633 del 1972 sono chiaramente determinati nella portata, sicché devono ritenersi applicabili le sanzioni;

6. il motivo, riguardando il profilo delle sanzioni, resta assorbito;

7. con il settimo motivo si contesta la violazione dell'art. 324 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto la CTR non avrebbe potuto trarre argomenti dalla sentenza della CTP di Milano n. 185/24/10, non passata in giudicato;

8. il motivo è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, e, comunque, infondato;

8.1. il riferimento alla menzionata sentenza della CTP assume, nella motivazione della CTR, il valore di mera argomentazione volta a suffragare la tesi accolta, senza che venga attribuito al precedente la valenza di giudicato esterno;

8.2. in ogni caso, indipendentemente dal passaggio in giudicato, ben può il giudice tributario trarre elementi di convincimento da precedenti pronunce di altri giudici emesse in fattispecie similari, senza che vi sia la necessità del loro passaggio in giudicato;

9. in conclusione, il ricorso va accolto con riferimento ai primi cinque motivi, assorbito il sesto e rigettato il settimo; la sentenza della CTR va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i primi cinque motivi di ricorso, assorbito il sesto e rigettato il settimo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.