Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 maggio 2019, n. 12759

Sicurezza alimentare - Finanziamento dei controlli sanitari - Tariffa di cui al D.Lgs. n. 198/2008 - Commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli - Applicabilità

 

Svolgimento del processo

 

L.M.G. srl, azienda operante nel settore della commercializzazione e vendita all'ingrosso di prodotti ortofrutticoli, dopo avere versato, per gli anni 2010, 2011 e 2012, la tariffa prevista dal d.lgs. n. 198 del 2008 con riferimento alle modalità di finanziamento dei controlli sanitari ufficiali effettuati dalle Aziende sanitarie locali per le verifiche di conformità alla normativa in materia di sicurezza alimentare, ha presentato istanza di rimborso di quanto indebitamente versato.

In particolare, la società contribuente ha dedotto che l'importo della tariffa era stato determinato sulla base dei parametri di cui all'Allegato A-Sezione 6 (Stabilimenti non ricompresi nell'Allegato IV sezione B del Regolamento CE n. 882/2004) e che aveva sempre ricevuto richieste di pagamento per un importo sostanzialmente fisso, che non considerava né i costi effettivamente sostenuti dall'Azienda U. di Verona per svolgere i controlli né la situazione specifica dello stabilimento produttivo.

La menzionata istanza di rimborso è stata respinta il 17 luglio 2012.

Con ricorso notificato il 31 ottobre 2012 la società contribuente ha convenuto in giudizio l'Azienda U. di Verona presso la Commissione tributaria provinciale di Verona, al fine di accertare che:

essa non rientrava fra i soggetti passivi del tributo contestato;

detto tributo si poneva in palese violazione delle norme comunitarie che lo determinavano poiché la tariffa era stata determinata senza considerare i costi effettivi sostenuti dalle competenti autorità per effettuare i controlli né tenere conto degli elementi indicati dall'articolo 27, comma 5, del Reg. CE n. 882 del 2004.

La Commissione tributaria provinciale di Verona, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 133/01/13, ha accolto il ricorso.

L'Azienda U. ha proposto appello.

La Commissione tributaria regionale di Venezia-Mestre, Sez. dist. di Verona, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 50/15/15, ha accolto l'appello.

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

L'Azienda U. ha resistito con controricorso.

La società contribuente ha depositato memorie scritte.

 

Motivi della decisione

 

1. Preliminarmente, va respinta l'eccezione di inammissibilità dei motivi di ricorso proposta dalla parte controricorrente, poiché dalla lettura dell'atto di gravame è agevole desumere le contestazioni in diritto sollevate dalla società contribuente contro la sentenza impugnata.

In particolare, si osserva che, diversamente da quanto sembra ritenere l'Azienda U., può essere criticata in sede di legittimità anche l'interpretazione della legge e degli altri atti normativi seguita dalle corti di merito.

2. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'Allegato A, Sezione 6, del d.lgs. n. 194 del 2008, poiché la CTR avrebbe errato nel non considerare che il tributo in esame non la riguardava, in quanto applicabile ai soli stabilimenti produttivi e non pure a chi commercializzava prodotti all'ingrosso.

Infatti, la ratio del sistema era di tutelare la sicurezza dei prodotti alimentari alla base della filiera e non nella fase della mera commercializzazione, come si poteva desumere dalla lettura dell'Allegato IV, Sezione B, del Regolamento CE n. 882 del 2004 che, al capo V, distingueva, ai fini impositivi, tra le diverse fasi della produzione e della messa in commercio del prodotto.

Inoltre, la normativa concernente la tariffa de qua non doveva essere interpretata "dal punto di vista meramente del diritto alimentare e delle prescrizioni (giuste) che impone per la tutela della salubrità del prodotto a chiunque operi nel settore".

La doglianza è infondata.

L'articolo 1, comma 1, del d.lgs. n. 194 del 2008 stabilisce "le modalità di finanziamento dei controlli sanitari ufficiali, disciplinati al titolo II del regolamento (CE) n. 882/2004, eseguiti dalle autorità competenti per la verifica della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.

Il comma 3 precisa che: "Le tariffe di cui al presente decreto, che sostituiscono qualsiasi altra tariffa prevista per i controlli sanitari di cui al comma 1, sono a carico degli operatori dei settori interessati dai controlli di cui al comma 1. (...)".

Il menzionato Allegato A, Sezione 6, del citato decreto, determina la tariffa di controllo sanitario applicabile, tra gli altri, agli "Operatori del settore alimentari operanti in mercati generali e del settore ortofrutticoli freschi".

Come correttamente rilevato dalla commissione tributaria regionale, la previsione nazionale non contrasta con il Regolamento CE n. 882 del 2004.

Infatti, il I considerando di tale regolamento chiarisce che: "I mangimi e gli alimenti devono essere sicuri e sani. La normativa comunitaria comprende una serie di norme per garantire il raggiungimento di tale obiettivo. Queste regole interessano anche la produzione e la commercializzazione dei mangimi e degli alimenti", mentre il IV considerando precisa che: "La normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti si basa sul principio che gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, in tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione nell'ambito delle aziende sotto il loro controllo sono responsabili di assicurare che i mangimi e gli alimenti soddisfino i requisiti della normativa sui mangimi e sugli alimenti aventi rilevanza per le loro attività".

La disciplina comunitaria, quindi, si riferisce - con riguardo all'intera materia UE della tutela alimentare - a tutti gli operatori del settore responsabili della sicurezza e sanità dei prodotti agroalimentari rientranti nell'oggetto della loro attività, sia essa di coltivazione e produzione o di collocamento sul mercato.

In tal senso, è esplicita la previsione regolamentare che le norme di sicurezza interessano non soltanto la produzione dei mangimi e degli alimenti, ma anche la loro "commercializzazione"; e così pure quella secondo cui tale disciplina deve riferirsi alle fasi della produzione e trasformazione e, altresì, a quella della "distribuzione".

La disciplina comunitaria si rivolge, perciò, all'intera filiera agroalimentare, anche oltre la fase d'origine e provenienza dei prodotti.

La giurisprudenza di legittimità (Cass., SU, n. 13431 del 13/06/2014) ha avuto modo - sebbene al diverso fine di affermare la giurisdizione tributaria in materia - di rimarcare la correlazione tra le modalità di finanziamento dei controlli sanitari di cui al d.lgs. n. 194 del 2008 e la "doverosità della prestazione, imposta non solo in forza dell'interesse generale al bene della salute ma anche dei vincoli derivati dalle disposizioni comunitarie, e direttamente collegata alla pubblica spesa, giacché grava sullo Stato - per una platea di destinatari individuati in relazione ad un presupposto economicamente rilevante, costituito dall'attività da essi svolta nel settore alimentare - l'obbligo di organizzare controlli ufficiali e di predisporre strutture, mezzi e personale per la loro effettuazione".

Pertanto, una volta instaurata siffatta diretta relazione di costo tra l'attività di vigilanza sanitaria, da un lato, e la tariffa in questione, dall'altro, l'obbligo di corrispondere quest'ultima non può essere escluso solo perché il commerciante all'ingrosso (pur sottoposto a quella vigilanza) non si ponga, in quanto tale, come controparte diretta del soggetto tutelato dalla normativa di prevenzione e sicurezza alimentare, vale a dire il consumatore finale.

Alla luce della ratio del regolamento menzionato e del suo decreto legislativo di attuazione va dunque ritenuto che la nozione di "stabilimenti produttivi" non osti all'assoggettamento alla tariffa in oggetto oltre che dei produttori pure di tutti gli "operatori del settore" e, dunque, anche dei distributori e commercianti.

Le esposte considerazioni inducono a considerare non rilevante il richiamo della società ricorrente al capo V dell'Allegato IV, Sezione B, del Regolamento CE n. 882 del 2004.

3. Con il secondo ed il terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente stante la stretta connessione, la società contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione del XXXII considerando e dell'articolo 27, commi 4 e 5, del Regolamento CE n. 882 del 2004 poiché la CTR non avrebbe valutato che il legislatore nazionale aveva fissato forfettariamente la tariffa di visita sanitaria sulla base del solo parametro quantitativo, senza fare riferimento né al criterio del costo effettivamente sostenuto dalle autorità preposte ai controlli né a quello della situazione specifica degli stabilimenti, entrambi imposti dalla normativa comunitaria.

Inoltre, l'Allegato A, Sezione 6, del d.lgs. n. 194 del 2008, sarebbe in contrasto con l'articolo 27, comma 5, del Regolamento CE n. 882 del 2004, in base al quale, nel fissare le tasse, gli Stati membri tengono conto:

- del tipo di azienda del settore interessata e dei relativi fattori di rischio;

- degli interessi delle aziende del settore a bassa capacità produttiva;

- dei metodi tradizionali impiegati per la produzione, il trattamento e la distribuzione di alimenti;

- delle esigenze delle aziende del settore situate in regioni soggette a particolari difficoltà di ordine geografico.

Le doglianze vanno respinte.

L'articolo 3 del d.lgs. n. 194 del 2008 stabilisce che la determinazione e l'aggiornamento degli importi delle tariffe di cui al presente decreto avvenga sulla base del costo effettivo del servizio, tenuto conto di quanto stabilito all'allegato VI al Regolamento CE n. 882 del 2004.

Il citato Allegato A, Sezione 6, del d.lgs. n. 194 del 2008 prevede, con riferimento agli stabilimenti non ricompresi nell'allegato IV, sezione B, del Regolamento CE n. 882 del 2004, che "al fine di uniformare le modalità di finanziamento dei controlli sanitari ufficiali attraverso una ripartizione dei costi a livello nazionale, sono previste le tariffe di seguito riportate, calcolate su base annua, differenziate secondo una categorizzazione, calcolata in base all'entità produttiva degli stabilimenti e per fasce produttive (intese in rapporto al prodotto finito e/o alla commercializzazione)".

Segue, poi, una differenziazione tabellare per tipologia di stabilimento, per fascia produttiva annua e per quantità di prodotto in tonnellate.

Queste previsioni sono da considerare conformi sia al XXXII Considerando del Regolamento CE n. 882 del 2004, in base al quale: "Per organizzare i controlli ufficiali dovrebbero essere disponibili adeguate risorse finanziarie. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero pertanto essere in grado di riscuotere tasse o diritti per coprire i costi sostenuti per i controlli ufficiali. In questo contesto, le autorità competenti degli Stati membri avranno la facoltà di stabilire le tasse e i diritti come importi forfettari basati sui costi sostenuti e tenendo conto della situazione specifica degli stabilimenti. Se si impongono tasse agli operatori, dovrebbero essere applicati principi comuni. È quindi opportuno stabilire i criteri per la fissazione dei livelli delle tasse di ispezione. (...)" sia al soprariportato articolo 27 del Regolamento medesimo, secondo cui: "Gli Stati membri possono riscuotere tasse o diritti a copertura dei costi sostenuti per i controlli ufficiali. 2. Tuttavia, per quanto riguarda le attività di cui all'allegato IV, sezione A, e all'allegato V, sezione A, gli Stati membri assicurano la riscossione di una tassa. (...) 4. Le tasse riscosse ai fini di controlli ufficiali a norma dei paragrafi 1 o 2: a) non sono superiori ai costi sostenuti dalle autorità competenti in relazione ai criteri elencati all'allegato VI, e b) possono essere fissate forfettariamente sulla base dei costi sostenuti dalle autorità competenti in un determinato arco di tempo o, ove applicabili, agli importi stabiliti all'allegato IV, sezione B o all'allegato V, sezione B. 5. Nel fissare le tasse gli Stati membri tengono conto dei seguenti elementi: a) il tipo di azienda del settore interessata e i relativi fattori di rischio; b) gli interessi delle aziende del settore a bassa capacità produttiva; c) i metodi tradizionali impiegati per la produzione, il trattamento e la distribuzione di alimenti; d) le esigenze delle aziende del settore situate in regioni soggette a particolari difficoltà di ordine geografico. (...)".

Pertanto, indipendentemente dal fatto - valorizzato dalla CTR - che nessun rilievo risulta essere stato mosso allo Stato italiano dall'apposita commissione di conformità prevista dall'articolo 12 del Regolamento citato (il quale prescrive che "Gli Stati membri pubblicano il metodo di calcolo delle tasse e lo comunicano alla Commissione. La Commissione esamina se le tasse sono conformi ai requisiti fissati nel presente regolamento") è dirimente il fatto che, da un lato, il Regolamento in questione prevede che la tariffa possa "essere fissate forfettariamente sulla base dei costi sostenuti dalle autorità competenti in un determinato arco di tempo", come avvenuto nella fattispecie, e, dall'altro, che il tariffario nazionale tiene conto della specificità imprenditoriale dell'operatore agroalimentare interessato, attribuendo rilevanza ai parametri sia della tipologia di stabilimento e prodotto commercializzato (carne, latte e derivati, uova, acque minerali, ortofrutta ecc...) sia della dimensione quantitativa dell'attività svolta all'ingrosso ("fasce produttive" in tonnellate annue).

Il legislatore nazionale ha, dunque, attuato il principio di tendenziale adeguamento del carico tariffario - pur sempre nell'ambito di una legittima imposizione forfettizzata - alle concrete caratteristiche del singolo operatore destinatario dell'attività di vigilanza sanitaria, al quale, del resto, è sempre consentito contestare l'importo richiestogli sotto il profilo del diverso atteggiarsi o del sopravvenuto mutamento, nella concretezza della sua realtà imprenditoriale, dei parametri considerati dall'ente impositore.

Si deve reputare, perciò, conforme al diritto dell'Unione una normativa nazionale, come quella di cui all'Allegato A, Sezione 6, del d.lgs. n. 194 del 2008, che determini il tributo de quo in misura forfettaria, alla luce dei costi complessivi affrontati dall'amministrazione in generale per compiere i controlli in esame.

Priva di valenza è l'affermazione della società contribuente che la tariffa contestata non sarebbe rispettosa dei criteri menzionati dall'articolo 27, comma 5, del Regolamento CE n. 882 del 2004.

Infatti, la normativa interna è sicuramente rispettosa del parametro della tipologia di azienda, mentre L.M.G. srl non ha interesse a contestare la eventuale non considerazione degli interessi delle aziende del settore a bassa capacità produttiva, dei metodi tradizionali impiegati per la produzione, il trattamento e la distribuzione di alimenti e delle esigenze delle aziende del settore situate in regioni soggette a particolari difficoltà di ordine geografico, non avendo neppure dedotto di essere interessata dall'applicazione di questa parte della disposizione.

4. Il ricorso va, pertanto, respinto.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza, ai sensi dell'articolo 91 c.p.c., e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'articolo 1 comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all'articolo 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, dell'obbligo di versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015).

 

P.Q.M.

 

- Rigetta il ricorso;

- condanna la società ricorrente a rifondere le spese di lite in favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi € 2.300,00, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;

- ai sensi dell'articolo 13, comma 1 - quater, d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.