Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 23 aprile 2019, n. 129

Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 - articolo 6 del D.L. n. 119 del 2018 - Definizione agevolata controversie tributarie

 

Quesito

La società [ALFA] (di seguito istante), ha esposto la questione qui sinteticamente riportata.

In data [...], all'esito di una verifica fiscale relativa ai periodi d'imposta [...], la Guardia di Finanza - Nucleo di Polizia Tributaria [...]consegnava un processo verbale di constatazione nei confronti della [BETA] (d’ora in avanti, anche cessionaria) contestandole violazioni in materia di IVA. La verifica aveva ad oggetto alcune operazioni di cessione di beni e di crediti commerciali intercorse, tra il [...] ed il [...], tra l’istante, in qualità di cedente, e la cessionaria.

In particolare, è stato rilevato che dette cessioni, che erano state assoggettate ad IVA, avrebbero dovuto correttamente configurarsi, e come tali sono state quindi riqualificate, alla stregua di un unico trasferimento di ramo d'azienda, da assoggettarsi ad imposta proporzionale di registro. Conformemente, la Direzione provinciale [...], il [...], ha notificato al cessionario l'avviso di accertamento [...], recante la pretesa per [...] a titolo di IVA indebitamente detratta dalla società in conseguenza dell'acquisto dei singoli beni dall’istante, nonché l'irrogazione della sanzione di [...].

Con avviso di liquidazione [...], notificato sia al cessionario (in qualità di "avente causa") sia all’istante (in qualità di "dante causa"), la Direzione

provinciale formulava inoltre la pretesa al pagamento di [...] a titolo d'imposta di registro, corrispondente al 3 per cento del valore del presunto ramo d'azienda asseritamente ceduto, ed irrogava, altresì, la sanzione in misura pari al 120 per cento dell'imposta.

La cessionaria impugnava il suddetto avviso di accertamento ai fini IVA dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di [...], con ricorso iscritto a ruolo con [...], mentre la medesima cessionaria e l’istante proponevano un unico ricorso, iscritto a ruolo con [...], avverso il menzionato avviso di liquidazione. In pendenza dei giudizi è entrato in vigore, in data 24 ottobre 2018, il decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, il quale, all'articolo 6 consente la definizione agevolata delle controversie pendenti alla sua data di entrata in vigore.

Ciò premesso, ai fini delle determinazioni da assumere in relazione all'eventuale esperimento della definizione agevolata delle controversie tributarie ex articolo 6 del d.l. n. 119 del 2018 e alle conseguenti azioni restitutorie, l’istante chiede di conoscere se:

a) l'eventuale perfezionamento della definizione agevolata ex articolo 6 del d.l. n. 119 del 2018 della controversia avente ad oggetto l'avviso di accertamento per il recupero dell'IVA indetraibile in capo alla cessionaria costituisca accertamento "in via definitiva" della non debenza dello stesso tributo all'Erario da parte dell’istante, agli effetti del comma 2 dell'articolo 30-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

b) una volta perfezionata siffatta definizione, corrisposto l'intero importo dovuto a fronte della stessa - pari al 90 per cento del tributo preteso - e restituito nella stessa misura il tributo dall’istante alla cessionaria, nulla osti alla tempestiva proposizione all'Agenzia delle entrate, da parte dell’istante, della domanda di rimborso - sempre nel limite del 90 per cento - dell'imposta erroneamente applicata sulle cessioni di beni e di crediti commerciali, dal momento che essa, ad oggi, non ha ancora restituito l'imposta addebitata in via di rivalsa alla cessionaria e pertanto, deve ancora interamente decorrere il termine biennale previsto dal comma 2 dell'articolo 30-ter del d.P.R. n. 633 del 1972.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

In sintesi, l’istante ritiene che dal tenore letterale della rubrica dell'articolo 6 del d.l. n. 119 del 2018, recante disposizioni per la "definizione agevolata delle controversie tributarie", nonché del comma 6 dello stesso articolo, il pagamento dell'intero importo dovuto - commisurato, ai sensi del comma 1-bis, al 90 per cento della pretesa impositiva recata dall'atto impositivo impugnato - o della prima rata dello stesso, ed il conseguente perfezionamento della definizione agevolata, comporti la definizione del rapporto tributario in maniera certa ed irreversibile, anche agli effetti del ricordato articolo 30-ter, comma 2.

In secondo luogo, l’istante ritiene applicabile ratione temporis il comma 2 dell'articolo 30-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, introdotto dalla legge 20 novembre, 2017, n. 167, anche a fatti verificatisi anteriormente alla data di entrata in vigore di detta disposizione (12 dicembre 2017), trattandosi di una norma essenzialmente di natura procedimentale, che non introduce nell'ordinamento un nuovo diritto, ma detta i presupposti e i termini per azionare un procedimento volto a far valere un diritto già esistente, ossia quello del soggetto passivo IVA di ottenere, in caso di erronea applicazione dell'imposta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, il rimborso del tributo indebitamente corrisposto all'Erario. Ne consegue che, nel momento in cui l’istante dovesse procedere alla restituzione dell'imposta alla cessionaria e, conseguentemente, intendesse promuovere istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate, troverebbe applicazione, per giudicare della tempestività dell'istanza medesima, il comma 2 dell'articolo 30-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, a nulla rilevando in senso contrario che la vicenda sia riferibile ad annualità antecedenti alla data di entrata in vigore di detta disposizione, né, in particolare, che alla stessa data fossero già decorsi due anni dal versamento originario del tributo all'Erario.

Parere dell’agenzia delle entrate

L’articolo 6 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, prevede che "Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l'Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546".

Il comma 1-bis della norma stabilisce che, in caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia possa essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia.

L’articolo 30-ter, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede che "Nel caso di applicazione di un'imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall'Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall'avvenuta restituzione al cessionario o committente dell'importo pagato a titolo di rivalsa".

La norma pone chiaramente tra le condizioni necessarie per la presentazione della domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, applicata ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, la circostanza che la stessa imposta sia stata accertata in via definitiva dall'Amministrazione finanziaria.

Ciò premesso, occorre chiarire, ai fini della soluzione del quesito in esame, se quando il cessionario/committente abbia aderito alla definizione agevolata della controversia tributaria ai sensi del citato articolo 6, il cedente/prestatore possa avvalersi, nei limiti delle somme corrisposte dal cessionario/committente ai fini della definizione, dell’articolo 30-ter del d.P.R. n. 633 del 1972.

La circolare n. 23/E del 25 settembre 2017 ha chiarito che il cedente o prestatore che abbia aderito validamente alla definizione agevolata delle controversie tributarie di cui all’articolo 11 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, può avvalersi della disposizione di cui all’articolo 60, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui "Il contribuente ha diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi".

Le conclusioni raggiunte dalla citata circolare n. 23/E si possono estendere alla fattispecie in esame.

La definizione agevolata di cui all’articolo 11 citato richiedeva sostanzialmente il pagamento del tributo e degli interessi in contestazione mentre l’attuale definizione agevolata di cui al predetto articolo 6 richiede il pagamento di un importo pari oppure proporzionale al valore della controversia. Quest’ultimo, tuttavia, è correlato al tributo oggetto di controversia. Invero, l’articolo 6 specifica che "Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546." che, a sua volta, dispone che "per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato."

Ciò posto, con la definizione agevolata ex articolo 6 del d.l. n. 119 del 2018 della controversia avente ad oggetto l'avviso di accertamento per il recupero dell'IVA indetraibile in capo alla cessionaria, il procedimento può considerarsi concluso in via definitiva al momento del passaggio in giudicato della pronuncia giurisdizionale che dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito della definizione agevolata; conseguentemente il cedente è legittimato, in applicazione del comma 2 dell'articolo 30-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, a presentare domanda di restituzione entro il termine di due anni dall'avvenuta restituzione al cessionario dell'importo pagato a titolo di rivalsa.

Il quesito afferente all’applicabilità ratione temporis del comma 2 dell'articolo 30-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, introdotto dalla legge n. 167 del 2017, anche a fatti verificatisi anteriormente alla data di entrata in vigore di detta disposizione (12 dicembre 2017), deve anch’esso trovare risposta positiva, in coerenza, peraltro, con la posizione espressa dall’Agenzia nella risposta all'interpello n. 66 pubblicata il 12 novembre 2018, in cui, con riguardo ad un avviso di accertamento relativo al periodo d'imposta 2012, concernente una fattispecie, analoga a quella in esame, di indebita applicazione dell'IVA ad un'operazione ritenuta dall'Ufficio non soggetta al tributo, si è appunto riconosciuta l'applicabilità del citato articolo 30-ter e la conseguente proponibilità da parte del cedente dell'istanza di restituzione, a decorrere dalla data di restituzione dell’IVA a suo tempo applicata, in via di rivalsa, al cliente.

Più in dettaglio, la norma prevede che la domanda di restituzione possa essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall'avvenuta restituzione al cessionario o committente dell'importo pagato a titolo di rivalsa.

In conclusione, nel caso di definizione ex articolo 6 del d.l. n. 119 del 2018 della controversia tributaria da parte del cessionario che abbia detratto l’IVA indebitamente addebitatagli a titolo di rivalsa, il cedente può presentare domanda di rimborso ai sensi dell’articolo 30-ter del decreto IVA:

a) entro il termine di due anni dalla data di restituzione al cessionario dell'importo pagato a titolo di rivalsa;

b) per un importo pari a quanto restituito al cessionario, che non può essere superiore a quanto effettivamente pagato - con il codice tributo PF30 (IVA e relativi interessi - Definizione controverse tributarie - articolo 6 DL n. 119/2018) di cui alla risoluzione n.29/E del 21 febbraio 2019 - dal cessionario per la definizione e, quindi, al massimo, nel caso in esame, pari al 90 per cento del valore della controversia. Ciò comporta fra l’altro che rilevano le rate effettivamente pagate in caso di pagamento dilazionato di quanto dovuto per la definizione agevolata.