Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 19 aprile 2019, n. 113

Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 - Definizione ex articolo 6 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119

 

Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

[ALFA], di seguito istante, ha esposto il quesito qui di seguito sinteticamente riportato.

L’Agenzia delle Entrate, in riferimento ai periodi d’imposta 2012, 2013 e 2014, ha notificato all’istante 3 avvisi di accertamento contestando sia l’utilizzo di fatture d’acquisto per operazioni oggettivamente inesistenti sia l’emissione di fatture aventi ad oggetto gli stessi beni e servizi di cui alle predette fatture d’acquisto.

Con successivi provvedimenti sono state irrogate le sanzioni amministrative collegate ai tributi IVA ed IRES per infedeltà delle dichiarazioni presentate, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, e dell’articolo 5, comma 4, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e indebita detrazione dell'IVA, ai sensi dell’articolo 6, comma 6, del medesimo decreto.

In riferimento alle fatture relative alle operazioni inesistenti, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 8, comma 2, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, è stata irrogata una sanzione corrispondente al 25% dell'importo dei costi indeducibili, riportati nelle fatture d’acquisto ritenute false, anche alla luce dei chiarimenti forniti dalla circolare n. 32/E del 3 agosto 2012.

L’istante ha impugnato sia gli avvisi di accertamento che i corrispondenti atti di irrogazione sanzioni e, al momento, i relativi giudizi pendono dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.

L’istante, pur ritenendo legittimo il proprio operato, sta valutando la possibilità di chiudere le controversie pendenti avvalendosi dell’articolo 6 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136.

In relazione al caso di specie, tuttavia, ritiene sussistere obiettive condizioni di incertezza, posto che il comma 3 del citato articolo 6 non permette di capire se, ai fini della definizione, le sanzioni di cui al citato articolo 8 comma 2, del d.l. n. 16 del 2012 possano considerarsi "collegate ai tributi" recuperati a tassazione con i separati avvisi di accertamento.

Qualora dette sanzioni risultassero collegate al tributo, una volta definita l’imposta le stesse non risulterebbero più dovute. Diversamente, gli atti di irrogazione sanzioni andrebbero definiti in via autonoma con il pagamento del 40% delle sanzioni in contestazione.

Tanto premesso, l’istante chiede di chiarire se, nel caso di specie, gli atti di irrogazione delle sanzioni vadano definiti in via autonoma, ovvero se gli stessi siano assorbiti dalla definizione degli avvisi di accertamento.

 

Soluzione interpretativa prospettata dall’istante

 

In sintesi, l’istante ritiene che le sanzioni di cui all'articolo 8, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012 siano da considerare "collegate ai tributi", ai fini della definizione di cui all’articolo 6, comma 3, del d.l. n. 119 del 2018.

Conseguentemente, l’istante ritiene che la definizione degli avvisi di accertamento e quella degli atti di irrogazione delle sanzioni richiamati nel quesito si realizzi con il versamento del solo 90% delle maggiori imposte contestate e non anche con il versamento del 40% dell’ammontare delle sanzioni irrogate con atti separati.

 

Parere dell’Agenzia delle Entrate

 

L’articolo 6 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, prevede la possibilità di definire le controversie tributarie con il versamento di un importo correlato al valore della lite - come determinato a norma dell’articolo 12, comma 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 - in base allo stato e al grado del giudizio.

Il comma 1-bis della disposizione in parola prevede che "In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia".

Tale previsione, nel caso di specie, va messa in relazione con il successivo comma 3, secondo cui "Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del quindici per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell'Agenzia delle entrate nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto, e con il pagamento del quaranta per cento negli altri casi ...(mentre, NDR)... In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione.".

L’articolo 8, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012, dispone che "Ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati entro i limiti dell'ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell'ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi. In nessun caso si applicano le disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e la sanzione è riducibile esclusivamente ai sensi dell'articolo16, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472".

Con la circolare n. 32/E del 3 agosto 2012, paragrafo 3.1, è stato chiarito che tale previsione ha inteso introdurre una "specifica sanzione per il comportamento antigiuridico consistente nella deduzione di costi e spese sostenuti in relazione a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati e, al tempo stesso, in attuazione del principio costituzionale di capacità contributiva, ha disposto che, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, i componenti positivi di reddito direttamente afferenti ai costi per operazioni inesistenti, a anche se imputati a conto economico e dichiarati dal contribuente, non sono considerati imponibili entro i limiti dell’ammontare dei correlati componenti negativi per operazioni inesistenti".

Lo stesso documento di prassi ha, inoltre, evidenziato che "Nell’ipotesi in cui non vi siano componenti positivi di reddito direttamente afferenti a componenti negativi relativi a operazioni inesistenti, ovvero nel caso in cui questi ultimi siano di ammontare superiore ai correlati componenti positivi, l’indeducibilità dei suddetti componenti negativi, o della quota di questi ultimi eccedente i correlati componenti positivi, determina invece l’applicazione delle ordinarie sanzioni, quali quelle per infedele dichiarazione.".

In definitiva, le sanzioni tributarie amministrative di cui si tratta, rapportate all’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi, ai fini della definizione agevolata delle controversie tributarie, non si possono considerare "collegate ai tributi cui si riferiscono" in quanto non sono correlate a maggiori imposte accertate, posto che il richiamato comma 2 dell’articolo 8 del d.l. n. 16 del 2012 dispone che "non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell'ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi".

Per completezza si aggiunge che le violazioni in esame non possono neppure beneficiare della definizione agevolata di cui ai commi da 1 a 8 dell’articolo 9 ("Irregolarità formali") del d.l. n. 119 del 2018, come precisato in motivazione dal relativo provvedimento di attuazione del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 62274/2019 del 15 marzo 2019, secondo cui, non trattandosi di violazione che arreca esclusivamente pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo, "non rientra nell’ambito di applicazione della regolarizzazione la violazione punita - in ragione del comportamento antigiuridico consistente nella deduzione di costi o spese sostenuti in relazione a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati - con la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell'ammontare di tali componenti negativi indeducibili indicati nella dichiarazione dei redditi (comma 2 dell’articolo 8 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44)".

Ne consegue che per la definizione delle controversie concernenti gli atti di irrogazione delle sanzioni, ai sensi del comma 2 dell’articolo 8 del d.l. n. 16 del 2012, è necessario il versamento del 40 per cento del valore della lite, non potendosi considerare la stessa assorbita dalla definizione della controversia concernente le maggiori imposte accertate.