Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Circolare 21 marzo 2019, n. 5/E

Utilizzo dell’eccedenza di ACE a scomputo dei maggiori imponibili definiti

 

1. Premessa

 

Nell’ambito delle attività di controllo, sono emerse alcune problematiche operative in merito alla possibilità di computare l’eccedenza di rendimento nozionale (nel seguito "ACE") in diminuzione dai maggiori imponibili oggetto di definizione in sede di accertamento con adesione e in relazione alle modalità di riconoscimento di tale eccedenza.

 

2. Quadro giuridico di riferimento

 

L’"Aiuto alla crescita economica" introdotto dall’articolo 1 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (nel seguito "decreto Monti") è un incentivo alla capitalizzazione delle imprese finalizzato a riequilibrare il trattamento fiscale tra le imprese che si finanziano con debito e quelle che si finanziano con capitale proprio, incentivando quest’ultimo mediante una riduzione della imposizione sui redditi. L’articolo 1, comma 4 del decreto Monti dispone, per i periodi di vigenza, che "la parte del rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato è computata in aumento dell’importo deducibile dal reddito dei periodi d’imposta successivi ovvero si può fruire di un credito d’imposta (...) utilizzato in diminuzione dell’imposta regionale sulle attività produttive (...)".

Le disposizioni di attuazione della disciplina concernente l’ACE sono dettate, per i periodi di vigenza, dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 3 agosto 2017 (nel seguito "decreto ACE"), che ha sostituito il previgente decreto del 14 marzo 2012.

Chiarimenti di carattere generale in materia sono offerti dalle circolari dell’Agenzia delle entrate 26 ottobre 2017, n. 26, 3 giugno 2015, n. 21 e 23 maggio 2014, n. 12.

Con la legge di Bilancio 2019 (NOTA 1), la disciplina dell’ACE è stata abrogata, con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, facendo salva la possibilità di scomputare l’eccedenza di ACE del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, dal reddito complessivo netto dei periodi d’imposta successivi, ai sensi del comma 2 dell’articolo 3 del decreto ACE.

L’agevolazione consisteva nella deducibilità dal reddito complessivo netto dichiarato di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio determinato mediante l’applicazione di un’aliquota percentuale (variabile in relazione al periodo d’imposta e stabilita dal comma 3 dell’articolo 1 del decreto Monti) alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. La predetta deduzione viene operata dal reddito complessivo netto, ovvero già ridotto di eventuali perdite pregresse. Qualora l’importo del rendimento nozionale superi il reddito complessivo netto, l’eccedenza può essere riportata nei periodi d’imposta successivi, senza alcun limite quantitativo e temporale.

Dopo l’abrogazione della disciplina ACE, resta riportabile l’eccedenza di ACE esposta nella dichiarazione del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, scomputabile dal reddito complessivo netto dei periodi d’imposta successivi.

Il meccanismo di funzionamento, incentrato sul riporto illimitato dell’eccedenza di rendimento nozionale, impone l’uso obbligatorio dell’ACE fino a concorrenza del reddito complessivo netto del periodo d’imposta cui si riferisce, come espresso nella circolare n. 12 del 2014.

L’eccedenza di rendimento nozionale, che può essere alternativamente:

- riportata nei periodi di imposta successivi ai fini IRES;

- convertita, in tutto o in parte, in credito di imposta IRAP.

Posto che la normativa e la prassi non contemplano (né vietano) la possibilità di scomputare l’eccedenza di ACE dai maggiori imponibili accertati o definiti, si ritiene utile fornire indicazioni operative che si ispirano alla disciplina dello scomputo delle perdite in accertamento, in ragione delle analogie sussistenti in relazione ai criteri di utilizzo.

A tal fine, si rammentano le disposizioni previste per lo scomputo delle perdite in accertamento: l’articolo 42, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, fatte salve le disposizioni destinate ai soggetti aderenti al consolidato di cui all’articolo 40-bis dello stesso decreto, prevede: i) per le perdite di periodo lo scomputo "automatico" da parte dell’ufficio competente all’emanazione dell’avviso di accertamento con il quale si rettifica la perdita di periodo; ii) per le perdite pregresse, lo scomputo dal maggior reddito accertato solo su richiesta del contribuente, dopo l’eventuale scomputo delle perdite di periodo. Analoghe disposizioni si applicano in sede di procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 7, comma 1-ter, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

 

3. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE in accertamento

 

Come già evidenziato, il legislatore ha espressamente disciplinato lo scomputo delle perdite in accertamento, mentre non esiste alcuna normativa in relazione allo scomputo dell’eccedenza di ACE dai maggiori imponibili accertati o definiti ai fini IRES.

Pur richiamando per analogia il regime delle perdite, quindi, è necessario tenere in considerazione le differenze dettate dalla disciplina di riferimento in materia di ACE.

L’articolo 1, comma 4 del decreto Monti, per i periodi di vigenza, prevede che la parte del rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato è computata in aumento dell’importo deducibile dal reddito dei periodi d’imposta successivi.

Lo scomputo fino a concorrenza del reddito complessivo netto dichiarato si riferisce al rendimento nozionale complessivo, dato dalla somma del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio determinato nel periodo d’imposta e dell’importo del rendimento nozionale eventualmente riportato dal precedente periodo d’imposta. Non sussiste pertanto alcuna distinzione, in termini di utilizzo, tra ACE "di periodo" e ACE "pregressa", dovendosi complessivamente utilizzare l’ACE in deduzione e fino a concorrenza del reddito complessivo netto.

Inoltre, le disposizioni in materia di utilizzo del rendimento nozionale impongono che l’ACE operi dopo aver determinato il reddito complessivo netto, ossia il reddito già ridotto di eventuali perdite pregresse, come precisato nella relazione illustrativa al decreto Monti. In altri termini, il contribuente ai fini della formazione della propria base imponibile deve dedurre prioritariamente le perdite rispetto all’ACE.

 

3.1. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE nel procedimento di accertamento con adesione

Sulla base di quanto evidenziato, nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione è necessario considerare l’ottica di ripristino della situazione che si sarebbe realizzata qualora il contribuente avesse dichiarato sin da subito il proprio imponibile nella misura corretta, in conformità alla ratio sottesa alla disciplina dello scomputo delle perdite in accertamento.

Nell’ipotesi in esame, il maggior reddito accertato dall’amministrazione finanziaria, qualora fosse stato dichiarato ab origine, sarebbe confluito nel reddito complessivo netto e avrebbe trovato, quindi, compensazione con il rendimento nozionale ACE.

Pertanto, si ritiene che l’eccedenza riportabile di ACE, se ancora disponibile, possa essere riconosciuta a scomputo del maggior imponibile accertato in sede di definizione in adesione, su richiesta del contribuente.

Nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione, il contraddittorio costituisce la sede idonea per operare, su richiesta del contribuente, il riconoscimento dell’eccedenza di ACE, in considerazione della necessità di operare il riscontro dell’utilizzabilità di tale eccedenza, anche con riferimento alla spettanza sostanziale della stessa, compresa ogni verifica in ordine all’applicabilità della disposizione antielusiva di cui all’articolo 10 del decreto ACE.

L’eccedenza di rendimento nozionale deve:

i. trovare esposizione nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta oggetto di rettifica,

ii. essere riportata nei periodi d’imposta successivi e

iii. essere ancora non utilizzata, e quindi disponibile, al momento dello scomputo in sede di definizione in adesione.

Muovendo dalla considerazione che non sussiste alcuna distinzione in termini di utilizzo tra ACE "di periodo" e ACE "pregressa" e che, quindi, si utilizza l’ACE disponibile complessivamente considerata in un unico basket, al fine di determinare l’esatto ammontare dell’eccedenza di rendimento nozionale scomputabile in sede di adesione, l’ufficio competente procede attraverso le seguenti fasi:

1. individuazione dell’importo dell’eccedenza di ACE utilizzabile al termine del periodo d’imposta oggetto di rettifica, tenendo conto anche di eventuali rettifiche rispetto a quanto originariamente dichiarato dal contribuente, sia se da questo effettuate (es. dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998) sia se operate dall’amministrazione finanziaria (es. liquidazione della dichiarazione ai sensi dell’articolo 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973);

2. individuazione dell’eccedenza di ACE ancora utilizzabile al momento della richiesta di scomputo in sede di contraddittorio in adesione, considerando come non disponibile l’eccedenza già utilizzata in compensazione del reddito complessivo netto nelle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica, nonché l’eccedenza eventualmente rettificata o scomputata dagli uffici a seguito di precedenti atti impositivi. Tenuto conto che non sussistono ordini di priorità di utilizzo dell’ACE maturata in diversi periodi d’imposta e che non rileva l’eccedenza di ACE eventualmente maturata nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica, occorre riscontrare che l’ammontare di eccedenza riportata nelle dichiarazioni dei periodi d’imposta successivi sia almeno pari a quello oggetto di scomputo (capienza dell’eccedenza di ACE scomputabile).

3. verifica della spettanza nel merito dell’eccedenza di ACE scomputabile, anche in ordine all’applicabilità della disposizione antielusiva di cui all’articolo 10 del decreto ACE

 

3.2. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE in presenza di perdite

Come sopra rammentato, l’ACE deve essere portata in deduzione fino a concorrenza del reddito complessivo netto.

Al riguardo, si evidenzia che l’eventuale presenza di perdite di periodo o pregresse nell’anno d’imposta oggetto di rettifica, nella medesima ottica di ripristino, imporrebbe che dal maggior reddito accertato siano prioritariamente scomputate le perdite stesse rispetto all’eccedenza di rendimento nozionale.

Pertanto, in sede di procedimento di adesione, il contribuente può richiedere lo scomputo dell’eccedenza di ACE per abbattere solo la parte del maggior imponibile che ecceda le eventuali perdite di periodo e pregresse riportabili ai sensi degli articoli 8 e 84 del TUIR, esposte nella dichiarazione del periodo d’imposta oggetto di rettifica e utilizzabili nella misura prevista in relazione alla loro natura (per intero o nei limiti dell’80% dell’imponibile non dichiarato). Di conseguenza, ai fini del calcolo dell’ammontare massimo di eccedenza di ACE scomputabile si deve tenere conto della tipologia di perdita (NOTA 2).

Qualora il maggior imponibile definito non superi l’importo delle perdite riportabili esposte nella dichiarazione del periodo d’imposta oggetto di rettifica tenendo conto dell’ammontare utilizzabile in funzione della loro natura, l’eccedenza di ACE non potrà essere scomputata.

Infatti, se il contribuente avesse dichiarato correttamente il proprio imponibile, avrebbe scomputato prioritariamente tali perdite, utilizzando l’ACE in diminuzione della sola parte di reddito eccedente le perdite stesse (reddito imponibile netto).

Pertanto, ferma restando la rettifica in automatico dell’eventuale perdita di periodo da parte dell’ufficio (NOTA 3), il contribuente può richiedere, in sede di contraddittorio, lo scomputo dell’eccedenza di ACE solo con riferimento alla parte del maggior imponibile definito che ecceda le eventuali perdite pregresse riportabili indicate nella dichiarazione del periodo d’imposta oggetto di rettifica tenendo conto della misura utilizzabile in relazione alla loro natura.

È fatta salva la facoltà del contribuente di chiedere il computo in diminuzione delle perdite pregresse, fino a concorrenza dei maggiori imponibili accertati o definiti, mediante la presentazione del modello IPEA, se le stesse non sono state utilizzate al momento della presentazione dell’istanza, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 42, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 7, comma 1-ter, del d.lgs. n. 218 del 1997. Qualora il contribuente decida in sede di adesione di presentare il Modello IPEA per chiedere lo scomputo delle perdite pregresse, presenti nel periodo d’imposta oggetto di rettifica e non utilizzate alla data di presentazione dell’IPEA, l’ufficio scomputa prioritariamente le perdite pregresse e, sull’ammontare residuo, l’eccedenza di ACE.

Una volta operato lo scomputo dell’eccedenza di ACE, è necessario assicurare che la stessa non permanga nella disponibilità del contribuente, allo scopo di evitare un’eventuale duplicazione di deduzione.

A tal fine l’ufficio, oltre a dare evidenza nell’atto di adesione dell’avvenuto scomputo dell’eccedenza di ACE, deve riscontrare successivamente che il contribuente non reiteri il riporto di tale eccedenza utilizzata in accertamento.

 

3.3. Esempi

Esempio 1

Gamma S.r.l. dichiara, nel quadro RS della dichiarazione del periodo d’imposta:

- 2014 eccedenza riportabile ACE per 100.000 euro;

- 2015 eccedenza riportabile ACE per 40.000 euro;

- 2016 eccedenza riportabile ACE per 20.000 euro;

- 2017 (ultima dichiarazione presentata) eccedenza riportabile ACE per 60.000 euro.

L’ufficio nel 2018 contesta un maggior imponibile di 30.000 euro per il periodo d’imposta 2014. La società non ha perdite riportabili nel periodo d’imposta oggetto di rettifica e non ha altri atti impositivi.

La società potrà richiedere in sede di adesione l’eccedenza di ACE presente nel periodo d’imposta oggetto di rettifica e non utilizzata al momento della sua richiesta nel corso del contraddittorio. Non rileva l’eccedenza di ACE eventualmente maturata nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica.

Nel caso di specie, il contribuente potrà richiedere solo 20.000 euro, in quanto nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica sussiste una capienza dell’eccedenza di ACE scomputabile nei limiti di tale importo. Infatti, l’eccedenza di ACE presente nella dichiarazione relativa al 2017 nella misura di 60.000 euro, è in parte maturata nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica e non può essere richiesta (nel 2016 l’eccedenza riportabile era di soli 20.000 euro, per cui 40.000 euro sono maturati successivamente).

L’ufficio, verificata la spettanza dell’eccedenza di ACE richiesta, la scomputa definendo un maggior imponibile di 10.000 euro.

Successivamente, l’ufficio riscontrerà che la società riporti eccedenza di ACE per 40.000 euro (60.000 ACE dell’ultima dichiarazione - 20.000 ACE utilizzata).

 

Esempio 2

Gamma S.r.l. dichiara, nel quadro RS della dichiarazione del periodo d’imposta:

- 2015 eccedenza riportabile ACE per 30.000 euro;

perdite pregresse utilizzabili in misura limitata per 50.000 euro;

- 2016 eccedenza riportabile ACE per 40.000 euro;

perdite pregresse utilizzabili in misura limitata per 20.000 euro;

- 2017 eccedenza riportabile ACE per 50.000 euro;

perdite pregresse utilizzabili in misura limitata per 10.000 euro.

L’ultima dichiarazione presentata è relativa al periodo d’imposta 2017. L’ufficio nel 2018 contesta un maggior imponibile di 60.000 euro per il periodo d’imposta 2015. La società non ha altri atti impositivi.

La società potrà richiedere in sede di adesione l’eccedenza di ACE presente nel periodo d’imposta oggetto di rettifica e non utilizzata al momento della sua richiesta nel corso del contraddittorio. L’eccedenza di ACE può essere richiesta per abbattere solo la parte del maggior imponibile accertato che ecceda le eventuali perdite pregresse riportabili indicate nella dichiarazione del periodo d’imposta oggetto di rettifica e utilizzabili nella misura relativa alla loro natura (per intero o nei limiti dell’80% del maggior imponibile non dichiarato).

Nel periodo d’imposta oggetto di rettifica vi sono perdite pregresse riportabili per 50.000 euro scomputabili dal maggior reddito di 60.000 euro nella misura dell’80%, cioè per 48.000 euro; quindi, nell’ottica di ripristino della situazione che si sarebbe verificata se il contribuente avesse correttamente dichiarato il proprio reddito, l’eccedenza di ACE è scomputabile fino a un massimo di 12.000 euro (60.000 - 48.000). Tale importo di 12.000 euro trova capienza nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica e non è stata altrimenti utilizzata.

Qualora il contribuente decida in sede di adesione di presentare il Modello IPEA per chiedere lo scomputo delle perdite pregresse, presenti nel periodo d’imposta oggetto di rettifica e non utilizzate alla data di presentazione dell’IPEA, l’ufficio scomputa prima le perdite pregresse e poi, sull’ammontare residuo, l’eccedenza di ACE.

Pertanto, nell’esempio, supponendo che il contribuente presenti l’IPEA, possono essere computate in diminuzione perdite pregresse per 10.000 euro, sulla base delle regole ordinariamente applicate, residuando un maggior imponibile di 50.000 euro (60.000-10.000). Quindi l’ufficio, verificata la spettanza dell’eccedenza di ACE richiesta e utilizzabile (12.000), la scomputa residuando un maggior imponibile di 38.000 euro (50.000 - 12.000).

L’ufficio procede a ridurre d’ufficio (NOTA 4) la perdita scomputata per 10.000 euro e, successivamente, riscontrerà che la società riporti eccedenza di ACE per 38.000 euro (50.000 ACE dell’ultima dichiarazione - 12.000 ACE utilizzata).

 

4. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE per i soggetti aderenti al consolidato

 

Anche per i soggetti aderenti alla fiscal unit è ammesso il riconoscimento dell’eccedenza riportabile di ACE a scomputo del maggior imponibile accertato, in sede di definizione in adesione e su richiesta del contribuente, applicando i necessari adattamenti dovuti alle peculiarità del regime del consolidato nazionale.

 

4.1. Quadro giuridico di riferimento

Per i soggetti aderenti al consolidato nazionale di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR, l’articolo 6 del decreto ACE prevede, per i periodi di vigenza, che "l’importo corrispondente al rendimento nozionale determinato ai sensi dell’art. 3 che supera il reddito complessivo netto dichiarato è ammesso in deduzione dal reddito complessivo globale netto di gruppo dichiarato fino a concorrenza dello stesso". La relazione illustrativa al decreto chiarisce che i singoli partecipanti al consolidato determinano quindi la propria base ACE e la utilizzano per ridurre il proprio reddito. L’eventuale eccedenza di ACE deve essere prioritariamente, e nei limiti del reddito del gruppo, attribuita alla fiscal unit.

La circolare n. 12 del 2014 chiarisce che l’eccedenza non trasferita per mancanza di capienza nel reddito del gruppo, sarà riportabile, anche parzialmente, nei periodi d’imposta successivi dalle singole società aderenti al consolidato e potrà essere trasferita alla fiscal unit anche nei periodi d’imposta successivi; in alternativa, la singola consolidata può trasformare tale eccedenza in credito d’imposta utilizzabile in compensazione ai fini IRAP.

La medesima circolare chiarisce, inoltre, che al fine di garantire parità di trattamento rispetto ai soggetti che operano al di fuori del consolidato, l’attribuzione della predetta eccedenza di ACE alla fiscal unit è obbligatoria nella misura pari alla capienza del reddito complessivo netto globale del consolidato.

L’eccedenza non trasferita, nell’ipotesi in cui vi sia capienza a livello di gruppo, non potrà essere riportata nei periodi d’imposta successivi dalle società appartenenti al consolidato.

Resta fermo che, al pari delle perdite, l’eccedenza di ACE generatasi anteriormente all’opzione per il consolidato non può essere attribuita alla fiscal unit.

 

4.2. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE nel procedimento di accertamento con adesione per i soggetti aderenti al consolidato

Preliminarmente, si osserva che l’eccedenza di ACE deve essere trasferita alla fiscal unit fino a concorrenza del reddito complessivo netto globale del consolidato. Di conseguenza, non esiste eccedenza di ACE riportabile in capo alla consolidante (esposta quindi nella dichiarazione CNM del consolidato). Tale eccedenza di rendimento nozionale maturata in costanza di regime sussiste esclusivamente in capo alla consolidata che: i) la riporta nei periodi d’imposta successivi per dedurla dal reddito complessivo netto prima del suo trasferimento al consolidato, attribuendo l’eventuale eccedenza alla fiscal unit nei limiti e fino a concorrenza del reddito complessivo netto globale del consolidato, oppure ii) la converte, in tutto o in parte, in credito di imposta utilizzabile in compensazione ai fini IRAP.

Pertanto, la consolidata (o la consolidante per i redditi propri) è l’unico soggetto legittimato a richiedere l’utilizzo dell’eccedenza di ACE per abbattere i maggiori imponibili accertati con l’atto unico (NOTA 5).

Si evidenzia che in sede dichiarativa, l’eccedenza di ACE maturata in costanza di regime deve essere trasferita dalla consolidata alla fiscal unit solo per la parte eccedente il proprio reddito complessivo netto. Pertanto, se la consolidata ha trasferito reddito al gruppo, non avrà eccedenza di ACE da utilizzare in accertamento.

Eventuale eccedenza di ACE presente nelle dichiarazioni della consolidata dei periodi d’imposta successivi si è formata successivamente al periodo d’imposta oggetto di rettifica e quindi non è utilizzabile.

Qualora la consolidata abbia eccedenza di ACE maturata in costanza di regime e ancora utilizzabile, può chiedere, in sede di adesione, di abbattere il maggior imponibile accertato mediante l’atto unico esclusivamente per la parte che ecceda la somma degli importi delle perdite nel seguito indicate:

1) l’eventuale perdita di periodo trasferita alla fiscal unit dalla consolidata che ha maturato l’eccedenza di ACE;

2) le eventuali perdite della medesima consolidata anteriori all’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 118, comma 2, del TUIR (nei limiti di cui all’articolo 84 del TUIR).

Pertanto, se il maggior imponibile definito non eccede tali perdite, l’eccedenza di ACE non può essere scomputata. Se invece il maggior imponibile definito supera sia l’importo delle perdite di periodo di cui al punto 1) sia le perdite anteriori di cui al punto 2), tenendo conto di quelle utilizzabili nel periodo d’imposta oggetto di rettifica e nella misura relativa alla loro natura, può essere scomputata eccedenza di ACE per l’importo che eccede la somma dei due. Infatti, nell’ottica di ripristino della situazione che si sarebbe verificata se la consolidata avesse correttamente dichiarato ab origine il proprio reddito, bisogna considerare che l’eccedenza di ACE avrebbe trovato compensazione solo per la parte di reddito eventualmente eccedente la perdita di periodo (punto 1)) e le perdite anteriori all’esercizio dell’opzione utilizzabili di cui all’articolo 118, comma 2, del TUIR (punto 2)).

Il medesimo percorso argomentativo può riferirsi all’eccedenza di ACE generata dalla singola consolidata in un periodo antecedente all’opzione, che non può concorrere alla formazione del reddito complessivo globale della fiscal unit, ma resta utilizzabile dalla singola società che l’ha prodotta.

Pertanto, tale eccedenza può essere richiesta in sede di accertamento con adesione dalla consolidata per abbattere il maggior imponibile definito che ecceda: i) l’eventuale perdita di periodo trasferita alla fiscal unit e ii) le eventuali perdite anteriori all’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 118, comma 2, del TUIR.

In relazione alla modalità di determinazione dell’eccedenza di ACE utilizzabile, si fa riferimento alle indicazioni di cui al paragrafo 3.

In ogni caso è fatta salva la facoltà della consolidante di presentare il modello IPEC per chiedere il computo in diminuzione delle perdite di periodo e pregresse del consolidato, fino a concorrenza dei maggiori imponibili accertati o definiti contenuti nell’atto unico, se le stesse non sono state utilizzate al momento della presentazione dell’istanza, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 40-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 9-bis, del d.lgs. n. 218 del 1997, e secondo le indicazioni della circolare 6 giugno 2011, n. 27.

Parimenti è fatta salva la facoltà della consolidata (o della consolidante in relazione ai redditi propri) di presentare il modello IPEA per chiedere il computo in diminuzione delle perdite ai sensi e per gli effetti dell’articolo 42, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’articolo 7, comma 1-ter, del d.lgs. n. 218 del 1997 e secondo le indicazioni delle circolari 28 aprile 2017, n. 15 e 26 gennaio 2018, n. 2.

Infine, come per i soggetti stand alone, una volta operato lo scomputo dell’eccedenza di ACE l’ufficio, oltre a dare evidenza nell’atto di adesione dell’avvenuto scomputo, deve riscontrare successivamente che la consolidata non reiteri il riporto dell’eccedenza di ACE utilizzata in accertamento.

 

4.3. Esempio

Gamma S.r.l., aderente al regime consolidato, dichiara nel quadro RS della dichiarazione del periodo d’imposta:

- 2014 eccedenza riportabile ACE per 100.000 euro;

- 2015 eccedenza riportabile ACE per 80.000 euro;

- 2016 eccedenza riportabile ACE per 80.000 euro;

- 2017 (ultima dichiarazione presentata) eccedenza riportabile ACE per 40.000 euro.

La consolidata ha trasferito al consolidato nel periodo d’imposta 2014 una perdita d’esercizio di 20.000 euro e ha dichiarato anche perdite pregresse all’esercizio dell’opzione (di cui all’articolo 118, comma 2, del TUIR) per 50.000 euro (utilizzabili nella misura dell’80 per cento), riportate negli anni fino all’ultima dichiarazione presentata Unico SC.

L’ufficio nel 2018 nell’ambito di un’attività di controllo riferita al consolidato in corso di opzione, rileva un maggior imponibile di 80.000 euro per il periodo d’imposta 2014 accertabile mediante l’atto unico, notificato alla consolidata e alla consolidante. Il consolidato non ha perdite utilizzabili e la società non ha altri atti impositivi.

La società ha eccedenza di ACE disponibile per 40.000 euro, ma avendo trasferito al consolidato, nel periodo d’imposta oggetto di rettifica, una perdita di periodo di 20.000 euro e dichiarato perdite anteriori all’opzione per 50.000 euro potrà chiedere eccedenza di ACE per abbattere solo la parte di maggior imponibile eccedente tali perdite, pari a 10.000 euro (80.000 di maggior imponibile - 20.000 perdite di periodo trasferite - 50.000 perdite anteriori all’esercizio dell’opzione utilizzabili (NOTA 6) = 10.000 importo massimo di eccedenza di ACE scomputabile). Tale importo di 10.000 euro trova capienza nelle eccedenze ACE riportate nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica che non è stata altrimenti utilizzata.

Supponiamo che la consolidata decida di chiedere il computo in diminuzione delle perdite proprie anteriori all’esercizio dell’opzione, indicandole nel modello IPEA nel campo delle perdite utilizzabili in misura limitata. In tale ipotesi, l’ufficio scomputa prima le perdite anteriori all’esercizio dell’opzione e poi, sull’ammontare residuo, l’eccedenza di ACE.

Le perdite richieste con il modello IPEA sono scomputabili nel limite dell’80 per cento del maggior imponibile accertato: nel caso di specie 80.000 x 80% = 64.000 euro di ammontare massimo scomputabile. Quindi saranno scomputate tutte le perdite esistenti anteriori all’esercizio dell’opzione per 50.000 euro. Il maggior imponibile che residua dopo lo scomputo delle perdite è pari a 30.000 euro (80.000 - 50.000).

L’ufficio, verificata la spettanza dell’eccedenza di ACE utilizzabile di 10.000 euro, la scomputa residuando un maggior imponibile di 20.000 euro (30.000-10.000).

L’ufficio procede a ridurre d’ufficio (NOTA 7) la perdita scomputata per 50.000 euro e, successivamente, riscontrerà che la società riporti eccedenza di ACE per 30.000 euro (40.000 ACE dell’ultima dichiarazione - 10.000 ACE utilizzata).

 

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

 

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(1) Articolo 1, comma 1080, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

(2) La legge di Bilancio 2019 (articolo 1, commi da 23 a 26) è intervenuta modificando l’articolo 8 del TUIR con l’obiettivo di avvicinare il relativo regime fiscale a quello previsto per i soggetti IRES.

Secondo il nuovo articolo 8 del TUIR, con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, il riporto delle perdite può aver luogo negli esercizi successivi, nel limite dell’80% dei redditi conseguiti in tali esercizi, per l’intero importo che vi trova capienza. Viene inoltre previsto un regime transitorio in base al quale l’utilizzo delle perdite del 2017, 2018 e 2019 avviene entro percentuali di reddito inferiori alla misura ordinaria dell’80% che opererà solo a decorrere dai redditi maturati per il periodo d’imposta 2021. Pertanto, nel calcolare l’eccedenza massima scomputabile, occorrerà tenere conto della nuova disciplina di scomputo delle perdite per i soggetti IRPEF dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.

(3) Ai sensi del comma quarto dell’articolo 42 del d.P.R. n. 600 del 1973

(4) Ai sensi dell’articolo 36-bis, comma 3-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973.

(5) Per chiarimenti in merito all’accertamento mediante l’atto unico si veda la circolare 6 giugno 2011, n. 27.

(6) Le perdite anteriori all’esercizio dell’opzione sono utilizzabili nella misura dell’80% del maggior imponibile accertato mediante la presentazione del modello IPEA. Nel caso di specie, in cui il maggior imponibile accertato è di 80.000 euro, sono utilizzabili per intero.

(7) Ai sensi dell’articolo 36-bis, comma 3-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973.