Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 febbraio 2019, n. 3648

Inps - Recupero credito contributivo - Compensazione sulla pensione - Determinazione delle quote pignorabili

Fatti di causa

1. La Corte d'Appello di Milano, riformando con sentenza n. 508/2013 la pronuncia del Tribunale di Sondrio, ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da R.D.F. nei riguardi dell'I.N.P.S., per il pagamento della somma di euro 2.016,23 oltre accessori e spese.

La somma rivendicata dalla ricorrente e disconosciuta dalla Corte d'Appello derivava dal fatto che l'ente previdenziale, nel recuperare, attraverso la compensazione sulla pensione di cui la D.F. era titolare, un proprio credito contributivo verso la medesima, aveva calcolato il quinto di legge, entro cui tale compensazione era consentita, sui valori pensionistici lordi e non, come propugnato con la domanda monitoria con cui si era domandata la restituzione di quanto trattenuto in eccesso, sugli importi netti quali risultanti dalla previa detrazione delle ritenute fiscali.

2. La D.F. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, articolato in una duplice censura; l'INPS ha depositato procura, partecipando poi alla discussione orale.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l'unico motivo di impugnazione, R.D.F. censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 69 L. 153/1969, dell'art. 545 c.p.c. e dell'art. 1246 n. 3 c.c., per non essersi affermato che le ritenute sulla pensione, ai sensi della normativa citata, dovessero essere calcolate sull'importo considerato al netto delle detrazioni fiscali, nonché vizio della motivazione per violazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.

2. Va intanto esclusa la sussistenza di vizio processuale della sentenza per inesistenza della motivazione, profilo che la stessa ricorrente enuncia in rubrica con il richiamo all'art. 132 n. 4 c.p.c. senza poi in proposito argomentare. La pronuncia contiene infatti la motivazione giustificativa, in diritto, di quanto deciso, per quanto la stessa, come si dirà in prosieguo, non possa essere condivisa.

3. Il motivo è invece da accogliere con riferimento alla censura di violazione di legge, rispetto all'art. 69 cit. e, in combinazione con esso, dell'art. 1246 n. 3 c.c.

4. In fatto risulta che la ricorrente fosse ai contempo creditrice dell'I.N.P.S. per la pensione di anzianità e debitrice per omesso versamento di contribuzione riconnessa al lavoro svolto nell'ambito di una ditta artigiana costituita in s.n.c.

Viene quindi in rilievo il disposto dell'art. 69, co. 1, L. 153/1969 che consente il pignoramento dei crediti pensionistici, «nei limiti di un quinto del loro ammontare», per debiti verso lo stesso ente riconnessi ad erogazioni pregresse non dovute e, profilo che interessa la presente causa, per omissioni contributive.

Infatti l'I.N.P.S., sull'ulteriore presupposto per cui il creditore può portare in compensazione verso il debitore i propri crediti verso quest'ultimo nei limiti della pignorabilità (art. 1246 n. 3 c.c.), ha proceduto con ritenute mensili del quinto della pensione da essa erogata alla ricorrente, calcolando tale quota sull'ammontare lordo delle spettanze pensionistiche e quindi sul valore di esse prima dell'applicazione delle ritenute fiscali.

Solo in esito a contestazione stragiudiziale della pensionata l'ente ha, da un certo momento in poi, proceduto al calcolo delle ritenute sul netto pensionistico spettante dopo l'applicazione delle ritenute fiscali.

La pensionata ha però rilevato che, così facendo, nel primo periodo di applicazione delle ritenute del quinto sul lordo degli emolumenti mensili, si era determinata l'acquisizione da parte dell'ente di un importo superiore a quello che di tempo esso avrebbe avuto diritto a stornare a proprio favore.

Essa pertanto aveva agito in via monitoria per il recupero interinale di quell'importo e la conseguente opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall'I.N.P.S. era stata respinta dal Tribunale di Sondrio, con sentenza poi riformata dalla Corte d'Appello di Milano, sul presupposto che fosse legittima l'applicazione delle ritenute sul "lordo" pensionistico.

5. Ciò posto, va ritenuta insoddisfacente la ricostruzione operata dalla sentenza impugnata, secondo cui il riferimento di Corte Costituzionale 4 dicembre 2002, n. 506, nell'argomentare rispetto all'art 69 L. 153/1969, al fatto che la norma consentirebbe il pignoramento di un quinto «dell'intero ammontare» della pensione, sarebbe riprova del fatto che il calcolo andrebbe eseguito sul "lordo".

Come giustamente osserva la difesa della ricorrente, nella logica di tale pronuncia del giudice delle leggi, l'"intero ammontare della pensione" non si contrappone ad un ammontare "netto" e quindi non ha il significato di ammontare "lordo".

La dizione "intero ammontare" si contrappone invece al concetto, introdotto in quella sede dalla Corte e che costituiva il proprium della decisione, di quota parte necessaria ad assicurare al pensionato il minimo necessario a vivere.

E' invece su un piano ricostruttivo più ampio che va impostata la decisione della controversia.

6. In tale prospettiva, si osserva quindi che il quadro della pignorabilità delle pensioni e degli emolumenti erogati in dipendenza del rapporto di lavoro ha conosciuto, negli ultimi decenni, una notevole evoluzione normativa, sulla spinta di reiterati interventi della Corte Costituzionale.

Al di là dei particolari e della complessiva dinamica storica, che qui non interessano, il complessivo sistema ha raggiunto dapprima un punto di equilibrio nella sostanziale unificazione del regime di pignorabilità di stipendi e pensioni entro il quadro generale di cui al d.p.r. 180/1950, il cui evolversi normativo è stato nel senso di riportare ad esso la disciplina del pignoramento di tutte le retribuzioni, anche se erogate da aziende private (per effetto dell'aggiunta della corrispondente dizione nell' art. 1 d.p.r. 150 cit. (ndr: art. 1 d.p.r. 180 cit), ai sensi dell'art. 137 lett. a L. 311/2004), come anche delle pensioni (art. 2 d.p.r. cit.) e della concorrenza tra cessioni e pignoramenti (per effetto della modifica della rubrica del titolo III del d.p.r. citato ad opera della lett. b dello stesso art. 137 cit.). Tale sistema ha poi trovato conferma nel testo dell'art. 545 c.p.c., quale risultante in esito alle integrazioni apportate dall'art. 13, comma 1 L. 132/2015, che viene sostanzialmente ad affiancarsi alle previsioni del d.p.r. 150 cit., in parte duplicandole, in parte lasciando al d.p.r. la regolazione esplicita di alcuni profili (ad es. il concorso di cessioni e pignoramenti già menzionato) e in altra ulteriore parte regolando aspetti non disciplinati dal d.p.r. (ad esempio, i limiti generali di pignorabilità delle pensioni e i pignoramenti delle erogazioni pensionistiche confluite su conto corrente bancario).

7. Il tema specifico del pignoramento delle pensioni è dunque regolato in via generale dall'art. 2 del d.p.r. 150 cit., in una con le integrazioni che derivano, ora, anche dalle previsioni dall'art. 545, co. 7 ss. c.p.c.

Nella determinazione delle quote pignorabili il citato art. 2 stabilisce peraltro che esse, in ogni caso, siano valutate «al netto di ritenute».

Non vi è quindi dubbio che la disciplina generale del pignoramento delle pensioni, riveniente da tale quadro di fondo, ne preveda il calcolo al netto e non al lordo delle ritenute fiscali.

8. Rispetto al pignoramento delle pensioni va tuttavia considerato il già citato art. 69 L. 153/1969, che è la norma specifica da applicare nella presente controversia.

Come chiarito da Corte Costituzionale 506/2002, cit., che proprio su tale considerazione salvò la norma dalla declaratoria di illegittimità costituzionale, la previsione va intesa quale ipotesi, selezionata dal legislatore, di (diverso e discrezionale) bilanciamento dei valori costituzionali, tale per cui, qualora il creditore sia lo stesso I.N.P.S., la fissazione della quota pignorabile non transita per la previa detrazione di quanto da destinare al minimum vitale (come stabilito in via generale e per gli altri casi dalla medesima sentenza, con regola ora declinata dall'art. 545 co. 7 c.p.c.) ma direttamente si determina sull'intera pensione, con la salvaguardia (comma 2) dei minimi pensionistici.

Non può però dirsi che, rispetto al quadro generale come sopra ricostruito e tale per cui il pignoramento ha testualmente ad oggetto le pensioni (come anche le retribuzioni) «valutate al netto di ritenute», vi siano elementi da cui desumere che l'ipotesi dell'art. 69 postuli un calcolo della quota pignorabile sul "lordo" del trattamento da percepire.

Né è a dirsi, come sostiene l'I.N.P.S., che tale elemento sia da trarre dalla previsione di cui al secondo comma dell'art. 69, dei minimi pensionistici, quale misura inviolabile e, nell'ipotesi defensionale dell'ente, unica tutela assicurata.

Infatti l'art. 69 cit., pur nella sua diversa dinamica e nella specificità del referente soggettivo (l'I.N.P.S.) si inserisce in ogni caso, come rilevato in sostanza anche dal Pubblico Ministero, nel sistema generale del pignoramento delle pensioni quale sopra ricostruito, le cui modalità di funzionamento non possono che essere omogenee, salvo i profili che siano espressamente regolati in modo diverso, tra cui non vi è quello del calcolo della quota pignorabile al netto delle ritenute fiscali.

9. Deve quindi affermarsi il principio per cui, anche nel caso di compensazione attuata dall'I.N.P.S., per propri crediti, ai sensi dell'art. 69 L. 153/1969, sugli importi pignorabili dei trattamenti pensionistici da erogare, il calcolo della quota pignorabile e dunque compensabile, pari ad un quinto, va effettuato valutando tali trattamenti al netto delle ritenute che per legge siano applicate a titolo fiscale.

10. La sentenza impugnata, non essendosi adeguata al principio di cui sopra, va dunque cassata, con rinvio alla medesima Corte territoriale affinché essa, in diversa composizione, decida la controversia sulla base del principio qui enunciato.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.