Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1149

Dichiarazioni fiscali - Accertamento - Riscossione - Cartella di pagamento - Credito d’imposta - Compensazioni

 

Fatti di causa

 

All'esito di controllo automatizzato della dichiarazione presentata da S. s.r.l. per l'anno di imposta 2004, ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973 e art. 54 - bis d.P.R. n. 633/1972, venne recuperato a tassazione con cartella di pagamento un credito d'imposta di € 60.000,00 (oltre accessori) indebitamente compensato, per non aver la contribuente compilato, in seno alla detta dichiarazione, il quadro RU.

Proposto ricorso dalla società, la C.T.P. di Milano lo accolse con sentenza del 23.2.2009, confermata dalla C.T.R. di Milano con decisione del 19.10.2010. L'Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui resiste la S. s.r.l. con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale condizionato, affidato a quattro motivi, anch'esso resistito dalla stessa Agenzia con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

Ricorso principale

1.1 - Con l'unico motivo, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 11, comma 3, della legge n. 449/1997 in combinato disposto con l'art. 11 della legge n. 317/1991. L'Agenzia delle Entrate censura la decisione d'appello per essere stato affermato che la legge n. 449 del 1997, che disciplina il credito d'imposta utilizzato dalla società, non prevede tra le ipotesi di decadenza dell'agevolazione, dapprima riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione, l'omessa compilazione del quadro RU della dichiarazione dei redditi. Infatti, secondo l'Agenzia, in forza del combinato disposto di cui in rubrica, il credito d'imposta deve essere indicato a pena di decadenza nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale il beneficio è concesso, oppure in quella relativa al periodo d'imposta successivo. Da qui l'errore di diritto in cui sarebbe incorsa la C.T.R.

Ricorso incidentale condizionato

1.2 - Con il primo motivo, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 53 d.lgs. n. 546/1992. La società si duole del fatto che la C.T.R. nulla ha disposto riguardo alla propria eccezione di inammissibilità dell'appello dell'Agenzia per difetto di specificità dei motivi, procedendo direttamente all'esame del merito; ritenendo tale modus operandi quale rigetto implicito dell'eccezione, secondo la ricorrente incidentale la C.T.R. sarebbe incorsa nella violazione della norma in rubrica.

1.3 - Con il secondo motivo, si denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia, in relazione alla dedotta illegittimità della cartella per violazione degli artt. 36-bis d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis d.P.R. n. 633/1972, questione riproposta in grado d'appello. Osserva infatti la società che la cartella impugnata presuppone l'emissione di un atto autonomamente impugnabile, ossia la revoca della agevolazione in discorso, atto che però non è mai stato emesso e la cui adozione sarebbe stata di competenza del Ministero dell'Istruzione. Conseguentemente, la cartella non poteva essere emessa. Nulla, sul punto, secondo la ricorrente incidentale, è stato disposto dalla C.T.R.

1.4 - Con il terzo motivo, si denuncia ancora la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla dedotta illegittimità della cartella per violazione dell'art. 6 del d.lgs. n. 472/1997, questione anch'essa riproposta in grado d'appello.

Trattandosi, nella specie, di violazione di carattere meramente formale, difetterebbe ogni ipotesi di comportamento dannoso o pericoloso per l'Erario. Anche in tal caso, nulla sarebbe stato deciso dalla C.T.R.

1.5 - Con il quarto motivo, infine, si denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla dedotta illegittimità della cartella per violazione dell'art. 8 del d.lgs. n. 471/1997, questione anch'essa riproposta in grado d'appello. Osserva infatti la società che nella specie è stata irrogata la sanzione pari al 30% della somma indebitamente compensata, mentre in forza dell'interpretazione fornita dalla D.R. della Lombardia (circ. del 30.11.2006, Prot. 2006/82330), nel caso di "mancata applicazione del quadro" deve farsi riferimento alla sanzione di cui al citato art. 8, che prevede la pena pecuniaria da L. 500.000 a L. 4.000.000. Anche in tal caso, la C.T.R. avrebbe omesso ogni decisione al riguardo.

2.1 - L'eccezione di inammissibilità del ricorso principale per novità è infondata, giacché gli argomenti indicati dalla società (v. p. 30 del controricorso) hanno mera natura difensiva, ed in questo senso sono stati dispiegati dall'Agenzia; è infatti indiscutibile che il presupposto (sempre ribadito dalla ricorrente principale) su cui si fonda la cartella di pagamento impugnata è l'intervenuta decadenza dall'agevolazione, che ne costituisce la ragione giuridica, sicché alcuna novità della questione può configurarsi.

2.2 - Ciò posto, il ricorso principale è fondato.

Infatti, l'art. 11, comma 3, della legge n. 449/1997, relativa al credito d'imposta nella specie autorizzato dal Ministero dell'Istruzione, stabilisce che "Il credito d'imposta di cui al comma 1 è concesso, nei limiti dello stanziamento disponibile, con le modalità ed i criteri di cui all'articolo 10 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e alle relative disposizioni attuative, ad eccezione di quanto previsto ai commi 2, 4 e 6 del medesimo articolo 10. Al credito d'imposta si applicano altresì, fatto salvo quanto disposto dal presente articolo, le disposizioni di cui agli articoli 11 e 13 della citata legge n. 317 del 1991".

A sua volta, l'art. 11, comma 3, della legge n. 317 del 1991 stabilisce che "Il credito d'imposta di cui agli articoli 6, 7, 8 e 9 deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale è concesso il beneficio ai sensi della comunicazione di cui all'articolo 10, comma 3, che deve essere allegata alla medesima dichiarazione dei redditi, oppure nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta successivo".

Ebbene, seppur in un caso in cui il credito d'imposta (di altra tipologia, rispetto a quello che qui occupa) era stato comunque esposto (nell'anno successivo), Cass. n. 23572/2014 ha condivisibilmente affermato che "In tema di agevolazioni tributarie, il credito d'imposta di cui all'art. 1 della legge 25 marzo 1997, n. 77, utilizzato in compensazione dal contribuente, deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta durante il quale è stato concesso il beneficio oppure in quella relativa al periodo d'imposta successivo, in virtù del richiamo, operato dalla suddetta norma all'art. 11 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, nel testo modificato dall'art. 15 della legge 17 marzo 1999, n. 144". Ma, ancor più specificamente, in fattispecie sostanzialmente analoga alla presente, è stato di recente affermato che "Il credito d'imposta di cui all'art. 11 della I. n. 449 del 1997 deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è accordato: detta indicazione costituisce una dichiarazione di volontà sicché, in caso di omissione, non opera il principio della generale emendabilità delle dichiarazioni fiscali, salvo che il contribuente dimostri l'essenzialità ed obiettiva riconoscibilità dell'errore, ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c." (Cass. n. 610/2018).

Ora, nella specie, è pacifico che il credito per cui è causa, concesso nel 2004, non è stato indicato rei quadro RU della dichiarazione Mod. Unico, in cui devono invece essere indicati i crediti d'imposta fruiti dal contribuente nell'anno d'imposta in corso o negli anni precedenti.

In proposito, la C.T.R. ha affermato che le ipotesi di decadenza dalla agevolazione prevista dalla legge n. 449 del 1997 sono espressamente previste dalla stessa legge, e tra queste non vi sarebbe quella della mancata compilazione del quadro RU. Senonché, è abbastanza evidente come la C.T.R. non abbia tenuto conto dell'espresso rinvio operato dall'art. 11, comma 3, della stessa legge di agevolazione ai dettami dell'art. 11 della legge n. 317 del 1991, che espressamente sanziona con la decadenza dal beneficio la mancata indicazione del credito d'imposta nella dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è accordato.

Né può esservi spazio per una valutazione sul carattere meramente formale dell'indicazione (e quindi sulla sostanziale ^rilevanza o emendabilità della mancanza della stessa), prescritta appunto a pena di decadenza, stante la natura di dichiarazione di volontà sottesa alla fruizione del credito d'imposta e, quindi, alla necessità che il contribuente dimostri l'essenzialità e la riconoscibilità dell'errore in cui, in tesi, è incorso (v. la già citata Cass. n. 610/2018): attività processuale che, nella specie, difetta del tutto. Del resto, come anche sottolinea la ricorrente, tale prescrizione ha lo scopo di consentire di poter desumere il credito derivante dalle annualità precedenti e l'ammontare del credito complessivo vantato, anche in relazione alle specifiche condizioni di fruibilità sul piano temporale (v. Cass. n. 30172/2017), sicché essa ha indubbie ricadute anche sul piano sostanziale.

Infine, ritiene la Corte che le considerazioni espresse dalla società in controricorso riguardo alla presunta necessità che l'emissione della cartella - e la stessa iscrizione a ruolo - dovessero essere precedute dall'adozione di un provvedimento di revoca del beneficio da parte del Ministero, siano chiaramente mal poste, perché non viene qui in rilievo una valutazione (connotata da una più o meno ampia discrezionalità) sulla non spettanza originaria o sopravvenuta del beneficio in parola con riferimento ai presupposti della legge istitutiva, bensì un giudizio di natura sostanzialmente vincolata, da parte dell'ente preposto (ossia, l'Agenzia delle Entrate), circa il rispetto della normativa concernente la dichiarazione dei redditi (nella specie, il combinato disposto degli artt. 11, comma 3, della legge n. 449/1997, e 11, comma 3, della legge n. 317/1991), la cui mancanza determina, appunto, la decadenza dal beneficio stesso.

3.1 - Venendo ora al ricorso incidentale condizionato, è noto che "In tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorché proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito bensì a questioni su cui il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell'impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza" (Cass. n. 22095/2017).

Nella specie, solo il primo motivo si sottrae alla sanzione di inammissibilità per tale ragione, in quanto tendente a censurare una decisione implicita di rigetto.

I restanti tre motivi, invece, riguardano tutti questioni assorbite e, provenendo dalla parte totalmente vittoriosa, sono appunto inammissibili, giacché le relative questioni andranno riproposte nel giudizio di rinvio.

3.2 - Anche il primo motivo del ricorso incidentale è peraltro inammissibile, ma per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.

Infatti, la società non ha riportato il contenuto dell'atto d'appello dell'Agenzia che si assume affetto da carenza di specificità, eccezione che la C.T.R. avrebbe invece valutato in senso sfavorevole alla contribuente. In proposito, è noto che "I motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non prenda concreta posizione, articolando specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa. Invero, il ricorrente - incidentale, come quello principale - ha l'onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del processo di cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione condizionante il 'devolutum' della sentenza impugnata, con la conseguenza che il requisito in esame non può ritenersi soddisfatto qualora il ricorso per cassazione (principale o incidentale) sia basato sul mero richiamo dei motivi di appello, una tale modalità di formulazione del motivo rendendo impossibile individuare la critica mossa ad una parte ben identificabile del giudizio espresso nella sentenza impugnata, rivelandosi del tutto carente nella specificazione delle deficienze e degli errori asseritamente individuabili nella decisione" (Cass. n. 1479/2018).

4.1 - Il ricorso principale è pertanto accolto, mentre l'incidentale condizionato è inammissibile. La sentenza impugnata è quindi cassata in relazione, con rinvio alla C.T.R. di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio ci legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

cassa in relazione e rinvia alla C.T.R. in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.