Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 17 gennaio 2019, n. 1
Cessione credito d’imposta - Articolo 43-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602
Con la richiesta di consulenza giuridica specificata in oggetto, concernente l’interpretazione del DPR n. 602 del 1973, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito istante) ha formulato il quesito, qui di seguito sinteticamente riportato, in merito alla cessione di un credito IRES e/o IVA relativo ad imprese assicurative in liquidazione coatta amministrativa.
In particolare, l’istante fa presente che le imprese assicurative, non più in grado di rispettare le condizioni di legge che ne consentono l’attività, sono sottoposte alla procedura di liquidazione coatta amministrativa regolata dalle norme del nuovo codice delle assicurazioni che prevede l’affidamento della liquidazione ad un commissario nominato da ALFA e assoggettato alla vigilanza di quest’ultimo. Solitamente dalla procedura di liquidazione residuano dei crediti fiscali - IRES ed IVA - che occorre monetizzare per distribuirne il ricavato ai creditori.
A tal fine, per il rinvio operato dall’articolo 245 del decreto legislativo 9 settembre 2005, n. 209 (Codice delle Assicurazioni Private), trova applicazione, anche alle liquidazioni coatte, l’articolo 106, comma 1, della legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267). Avvalendosi di tale disposizione che prevede la possibilità di cessione dei crediti, compresi quelli fiscali o futuri, il commissario liquidatore stipula, normalmente, previa autorizzazione di ALFA, una scrittura privata di cessione dei crediti fiscali.
Al riguardo ALFA fa presente che gli uffici dell’Agenzia delle entrate richiedono anche un successivo atto pubblico in cui siano riportati i crediti ceduti risultanti nella dichiarazione finale dei redditi e/o nella dichiarazione IVA. In questo modo, l’obbligo di redigere un atto pubblico di cessione del credito e la necessità che l’atto individui tutte le somme oggetto di cessione costringono a mantenere in vita la procedura liquidativa fino alla presentazione delle dichiarazioni fiscali e, solo successivamente, diviene possibile procedere alla cancellazione dal registro delle imprese della società liquidata. Tutto ciò comporta un aggravio in termini di costi di gestione della procedura.
Soluzione interpretativa prospettata
In sintesi, l’istante chiede, con riferimento alla cessione dei crediti fiscali, se la soluzione operativa, di seguito prospettata, risulti adeguata:
a) il commissario liquidatore, previa acquisizione del parere favorevole del Comitato di sorveglianza, acquisisce l’autorizzazione di ALFA ad effettuare l’operazione di cessione dei crediti fiscali;
b) la cessione dei crediti fiscali, pro soluto, viene effettuata prima della redazione del rendiconto e del piano di riparto finali e, pertanto, in parte con le caratteristiche della cessione del credito futuro;
c) se ritenuto necessario, la stipula dell’atto di cessione avverrebbe mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata;
d) se ritenuto necessario, al contratto verrebbe allegata l’autorizzazione alla cessione rilasciata da ALFA, con attestazione della conformità della copia sulla base delle previsioni contenute nel codice dell’amministrazione digitale;
e) l’atto è notificato dal commissario liquidatore, in copia autentica, all’Ufficio competente dell’Amministrazione fiscale;
f) effettuata la distribuzione dell’attivo risultante nel riparto finale, il commissario liquidatore provvede alla cancellazione dal registro delle imprese;
g) il commissario presenta nei termini di legge le dichiarazioni fiscali finali, eventualmente dopo la cancellazione della liquidazione dal registro delle imprese;
h) una volta ultimate le operazioni attive, il commissario liquidatore procede anche alla comunicazione della cessazione dell’attività ai fini IVA.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare si evidenzia che l’articolo 43-bis, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, nel disciplinare la cessione dei crediti d’imposta, prevede che le disposizioni di cui agli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 - che, nell’ambito della contabilità dello Stato, consentono la cessione dei crediti vantati nei confronti di una pubblica amministrazione - si applicano anche alle cessioni dei crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi.
Sempre secondo tale disposizione normativa - ferma restando l’applicazione nei confronti del cedente delle disposizioni di cui al precedente articolo 43, a norma del quale l’ufficio finanziario può procedere al recupero delle somme erroneamente rimborsate - il cessionario risponde in solido con il cedente fino a concorrenza delle somme indebitamente rimborsate, sempre che gli siano stati notificati gli atti con i quali l’ufficio effettua il recupero.
Infine, il comma terzo del richiamato articolo 43-bis, prevede che l’atto di cessione debba essere notificato all’ufficio dell’Agenzia delle entrate ed all’Agente della riscossione presso il quale è tenuto il conto fiscale. Al riguardo, l’articolo 69 del regio decreto n. 2440 del 1923 stabilisce che "... Le cessioni, le delegazioni, le costituzioni di pegno e gli atti di revoca, rinuncia o modificazione di vincoli devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata, autenticata da notaio".
L’articolo 1 del decreto del Ministro delle Finanze 30 settembre 1997, n. 384, recante le norme di attuazione in materia di cessione dei crediti d’imposta, precisa che possono essere ceduti solo i crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi e che, anche a seguito della cessione, restano impregiudicati i poteri dell’Amministrazione finanziaria relativi al controllo delle dichiarazioni dei redditi, all’accertamento e all’irrogazione delle sanzioni nei confronti del contribuente che ha ceduto il credito d’imposta.
Per quanto riguarda la possibilità di effettuare la cessione di crediti IVA, invece, l’articolo 5, comma 4-ter, del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154, nel disciplinare le garanzie da prestarsi a favore dell’erario nel caso di imposta chiesta a rimborso, prevede - in modo analogo alla disciplina contenuta nel richiamato articolo 43-bis - la cessione del credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale.
Tanto premesso, si osserva che questa Agenzia ha riconosciuto, con la risoluzione n. 279/E del 12 agosto 2002, che "...un atto che abbia per oggetto la cessione di un credito tributario futuro possa avere rilevanza puramente civilistica tra le parti, non producendo alcun effetto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria".
Al riguardo, si precisa che tale affermazione non va intesa nel senso che la cessione di un credito tributario futuro sia valida solo tra le parti senza produrre mai effetti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, quanto piuttosto che la stessa debba essere considerata valida ed efficace anche nei confronti dell’erario solo successivamente all’indicazione in dichiarazione del credito, alla conseguente richiesta di rimborso e all’espletamento delle previste formalità di notifica della cessione.
Ciò posto, la scrivente ritiene che la cessione del credito tributario "futuro" acquisti efficacia, anche ai fini fiscali, quando il medesimo credito viene chiesto a rimborso nelle dichiarazioni dei redditi o IVA, sempreché siano rispettate le modalità di cui all’articolo 43-bis del DPR n. 602 del 1973. La ratio che esclude in genere la cessione di un credito tributario prima della sua indicazione nella dichiarazione, consentendola solo nel caso in cui il medesimo sia già stato chiesto a rimborso, risiede nell’esigenza di certezza e trasparenza dei rapporti tributari tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria. Prima che sia presentata la dichiarazione, infatti, l’Amministrazione non può sapere se il credito formatosi negli anni precedenti e nell’esercizio in corso venga o meno utilizzato in compensazione di eventuali debiti tributari e previdenziali.
Sulla base di quanto sopra esposto, affinché sia condivisibile la procedura proposta dall’istante, è necessario che siano rispettate le seguenti condizioni:
- la cessione preventiva del credito tributario, valida tra le parti, acquista efficacia, anche ai fini fiscali, soltanto se il medesimo credito viene chiesto a rimborso nella dichiarazione annuale e purché siano rispettate le modalità di cui all’articolo 43-bis del DPR n. 602 del 1973;
- l’atto di cessione deve essere redatto nella forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio e notificato al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’articolo 69 del regio decreto n. 2440 del 1923;
- l’atto di cessione deve contenere l’esatta individuazione dell’importo del credito ceduto, pertanto, nel caso in cui vi sia difformità rispetto all’importo successivamente richiesto a rimborso e non sia possibile evincere da altri elementi dell’atto l’univoca intenzione di determinare in modo certo tale credito ceduto, è necessaria un’integrazione dell’atto di cessione redatta nelle stesse forme dell’atto di cessione originario.