Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 gennaio 2019, n. 366

Dichiarazione dei redditi - Accertamento - Riscossione - Detenzione all'estero delle somme non dichiarate - Onere probatorio

 

Rilevato che

 

1. l'Agenzia delle Entrate ricorre con un unico motivo contro G. S. per la cassazione della sentenza n.52/06/12 della Commissione  Tributaria Regionale della Lombardia, emessa il 26/1/2012, depositata il 9/2/2012 e non notificata, che, in controversia relativa all'impugnativa dell'avviso di accertamento, con cui l'Amministrazione accertava redditi da capitale non dichiarati per l'anno di imposta 2002, nonché dell'atto di contestazione delle sanzioni conseguenti, ha rigettato l'appello dell'Ufficio, confermando la sentenza della C.T.P. di Milano, che aveva accolto il ricorso del contribuente;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Lombardia ha affermato che l'Ufficio non aveva dimostrato la detenzione all'estero dei capitali non dichiarati, né spiegato la riferibilità all'anno 2002 di movimentazioni avvenute dal 2003 al 2008, mentre il contribuente aveva provato, con idonea documentazione (quadro RW), che gli importi incassati a titolo di stock option per l'anno 2002 erano stati regolarmente dichiarati come provenienti dall'estero ed assoggettati a tassazione;

3. a seguito del ricorso, il contribuente resiste con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 29 novembre 2018, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;

 

Considerato che

 

1.1. con l'unico motivo, la ricorrente denunzia, ai sensi dell'art.360, comma 1, n.3, c.p.c., la violazione dell'art.2697 c.c. anche in relazione all'art.4 d.l. n.167/1990 conv. con mod. dalla legge n.227/90;

secondo la ricorrente, la C.T.R. avrebbe errato nella distribuzione dell'onere probatorio, affermando che l'Amministrazione avrebbe dovuto dimostrare la detenzione all'estero delle somme non dichiarate, mentre invece sarebbe stato il contribuente a dover fornire la prova della corrispondenza delle somme acquisite all'estero con quelle dichiarate, mediante la produzione di idonea documentazione, in grado di dimostrare il titolo giustificativo dei pagamenti e l'esatto ammontare degli stessi;

1.2. il motivo è inammissibile;

1.3. invero, la ricorrente deduce che l'avviso di accertamento era stato adottato dall'agenzia delle Entrate sul presupposto dell'esistenza di redditi non dichiarati da parte del contribuente, provenienti da capitali detenuti all'estero;

nel caso specifico, l'atto impositivo traeva origine da un controllo effettuato dall'Agenzia delle dogane, all'esito del quale era emerso che il contribuente aveva disponibilità valutaria all'estero, confermata da successive indagini bancarie;

la C.T.R. della Lombardia ha ritenuto che l'accertamento dell'Amministrazione finanziaria fosse infondato;

in particolare, il giudice di appello rilevava che l'Ufficio non aveva dimostrato la detenzione all'estero dei capitali non dichiarati, né spiegato la riferibilità all'anno 2002 di movimentantazioni avvenute dal 2003 al 2008, mentre il contribuente aveva provato, con idonea documentazione (quadro RW), che gli importi incassati a titolo di stock option per l'anno 2002 erano stati regolarmente dichiarati come provenienti dall'estero ed assoggettati a tassazione;

con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia ha contestato la violazione delle norme sulla ripartizione dell'onere probatorio tra Amministrazione e contribuente, poiché la C.T.R. avrebbe ritenuto che spettava all'Agenzia delle Entrate dimostrare la detenzione all'estero di capitali e la percezione di redditi da lavoro dipendente non dichiarati, mentre, a fronte delle contestazioni dell'Amministrazione Finanziaria, sarebbe stato onere del contribuente dimostrare di aver regolarmente dichiarato tutti i redditi da lavoro dipendente e di capitale percepiti all'estero;

in realtà, il giudice di appello, sebbene affermi che l'Amministrazione non avesse fornito la prova della detenzione all'estero di capitali non dichiarati, esamina comunque la prova fornita dal contribuente, ritenendola idonea a dimostrare la provenienza delle somme, la loro regolare dichiarazione e sottoposizione a tassazione in Italia;

la motivazione sul punto non risulta impugnata dall'Agenzia delle Entrate sotto il profilo del vizio motivazionale ed è idonea a sorreggere la decisione adottata dalla C.T.R. di rigetto dell'appello dell'Ufficio, sul  presupposto che il contribuente avesse dimostrato di aver regolarmente dichiarato tutti gli importi oggetto di contestazione;

da ciò deriva l'irrilevanza della documentazione depositata dal contribuente con le memorie, che comunque doveva ritenersi inammissibile, riguardando nel merito il thema disputandum;

in conclusione, il ricorso, che censura la decisione sotto il profilo della violazione di legge, va dichiarato inammissibile;

non si ravvisa, infatti, la violazione della norma sulla ripartizione dell'onere probatorio (art.2697 c.c.), né della presunzione di cui all'art. 4 del d.l. n. 167 del 1990, conv., con modif., in I. n. 227 del 1990 (applicabile "ratione temporis"), perché il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente avesse fornito la prova di aver regolarmente dichiarato gli importi contestati;

1.4. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza di parte ricorrente e si liquidano in dispositivo;

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00, oltre il 15% per spese generali ed accessori di legge.