Licenziamento per GMO: effettivo mutamento dell'assetto organizzativo

Ai fini della legittimità del licenziamento individuale per GMO, l'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore debba necessariamente provare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro, determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di un'individuata posizione lavorativa. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con sentenza del 3 dicembre 2018, n. 31157.

Nella specie, la Corte d'appello rigettava l'appello proposto da un lavoratore avverso la sentenza di primo grado, di reiezione della sua impugnazione di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo per necessità di terziarizzazione del reparto di smerigliatura, cui egli era addetto con qualifica di operaio di 2° livello, essendo divenuta la sua prestazione eccedentaria rispetto alle esigenze lavorative. Ritenuta irrilevante la questione relativa al supposto licenziamento orale in quanto seguito, in ogni caso, il giorno successivo da quello scritto impugnato, la suddetta Corte riteneva provata, come già il Tribunale, l'effettiva adibizione del dipendente al reparto di smerigliatura poi soppresso per terziarizzazione dell'attività, realmente avvenuta, negando la strumentalità del suo spostamento.
I Giudici del merito ravvisavano, quindi, la corretta assoluzione dell'onere datoriale di repechage, nella sussistenza di un effettivo stato di crisi aziendale.
In Cassazione, il lavoratore deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 della Legge n. 604/1966, per mancato accertamento del nesso di causalità tra le ragioni del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e la stabile assegnazione al posto di lavoro soppresso, cui era stato addetto (tenuto conto della precedente assegnazione all'assemblaggio e all'imballaggio e dei periodi di collocazione in CIGO) per meno di 3 mesi, termine in ogni caso inferiore a quello di sei mesi stabilito dall'art. 2103 c.c.
Ancora, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 6 della cit. Legge n. 604, per la sola giustificazione del licenziamento intimato a seguito dell'avvenuta terziarizzazione del reparto smerigliatura, senza indicazione di altri motivi, in particolare di uno stato di crisi, dal quale invece la sentenza impugnata traeva argomenti a fondamento della legittimità del recesso datoriale.
Orbene, nel pronunciarsi sul caso di specie, la Suprema Corte di Cassazione ribadisce che, ai fini della legittimità del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro - comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività - determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di un'individuata posizione lavorativa; non essendo la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità, in ossequio al disposto dell'art. 41 Cost.