Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 novembre 2018, n. 28335

Imposte indirette - IVA  - Accertamento - Cessioni all'esportazione - Riscossione - Principio di libera concorrenza - Modello di Convenzione OCSE

 

Fatti di causa

 

H.E.T. Srl impugnava gli avvisi di accertamento per gli anni 2003 e 2004, il primo per maggior Irpeg ed Irap e per Iva, il secondo solo per quest'ultima, emessi dall'Agenzia delle entrate in relazione a cessioni per l'esportazione, comunitarie ed extraterritoriali, indebita deduzione di costi o detrazione Iva per interessi attivi su finanziamenti, sconti, perdite su crediti, sopravvenienze attive ed altri costi; veniva altresì recuperata a tassazione l'omessa dichiarazione di ricavi a seguito di cessione di beni infragruppo ed erano assoggettati ad imposta i contributi ricevuti dalla società cinese capogruppo, ritenuti corrisposti per attività promozionali e pubblicitarie.

La Commissione tributaria provinciale di Varese accoglieva l'impugnazione sulla ritenuta inesistenza della notificazione degli avvisi di accertamento. La sentenza era parzialmente riformata dal giudice d'appello, che riteneva legittima la ripresa limitatamente ad alcuni rilievi ai fini Iva (cessioni all'esportazione), alla indeducibilità di alcuni costi, nonché ai contribuiti ricevuti dalla capogruppo.

L'Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con cinque articolati motivi; resiste la contribuente con controricorso, la quale propone altresì ricorso incidentale con sette motivi.

 

Ragioni della decisione

 

1. Il primo motivo denuncia motivazione omessa o insufficiente su fatto decisivo in relazione ai costi sostenuti e non riaddebitati alla fornitrice società capogruppo H.E.A.. Ltd per difetti tecnici dei prodotti, per esser mancata (1A) la verifica se detti costi rientrassero tra quelli per i quali non era previsto il addebito e per non aver (1B) considerato che detti costi erano compensati dalla fornitura gratuita di pezzi di ricambio, il cui valore normale doveva essere valutato come ricavo.

1.1. La doglianza sub 1A è inammissibile, avendo la CTR statuito che «in adempimento all'accordo contrattuale sono stati riaddebitati alla fornitrice cinese quei costi che il contratto consentiva e non altri», operando, dunque, un accertamento in fatto sull'identità tra i costi contestati e quelli desumibili dal tenore del contratto, in sé non censurabile in sede di legittimità.

1.2. Parimenti inammissibile è la doglianza sub 1B, che si articola su una circostanza - il valore normale dei pezzi di ricambio

- nuova, in alcun modo dedotta in precedenza e, comunque, carente di decisività, influendo tale componente sull'eventuale individuazione di un elemento positivo di reddito ma non sull'entità dei costi posti in deduzione.

2. Il secondo motivo denuncia motivazione omessa od insufficiente con riguardo a corrispettivi non assoggettati ad Iva e specificamente: a favore della società da parte della consociata cinese H.E. per l'attività promozionale in Italia (2A - fattura n. 97 del 2004); a favore dell'impresa francese D. (2B - fatture plurime); a favore della società irlandese Shomar Limited (2C - fattura 23107302 del 2003); a favore della società tedesca Selectro GMBH (2D - per sedici fatture), per complessivi € 235.483,00, valutati dalla CTR come contributi in forma di denaro e non quali compensi per l'attività di promozione nei rispettivi paesi.

2.1. Il motivo - esclusa l'eccepita inammissibilità contestando l'Agenzia la sufficienza della motivazione della CTR - è fondato in tutte le sue articolazioni.

La CTR ha ritenuto trattarsi di «sconti riconosciuti ai clienti sotto forma di contributi in denaro e non di attività promozionale» in termini del tutto irrelati ed apodittici; né ha considerato la documentazione allegata dall'Agenzia (fatture e pvc, riprodotte per autosufficienza per la parte rilevante) che attesta «la finalità promozionale», di «acquisto di spazi pubblicitari» e lo «svolgimento di campagne promozionali» a giustificazione dell'erogazione, elementi questi tutti idonei a fornire apparente consistenza alla pretesa dell'Amministrazione.

3. Il terzo motivo denuncia omessa od insufficiente motivazione in ordine alla contabilizzazione, nel 2003, di sopravvenienze attive per € 299.348,75, avendo la CTR riconosciuto non legittima la tassazione delle sopravvenienze attive sul solo presupposto che esse derivavano dall'adesione al condono.

3.1. Il motivo è inammissibile poiché denuncia come vizio di motivazione un asserito errore di diritto.

4. Il quarto motivo, dedotto in termini articolati, denuncia:

- 4A e 4B: violazione e falsa applicazione degli artt. 76 tuir, nonché 110 tuir nel testo vigente successivamente al 1° gennaio 2004, e 2697 c.c. per aver la CTR ritenuto onere dell'Ufficio provare che il prezzo versato per l'acquisto di beni dalla società controllante corrispondesse al valore normale, spettando, invece, all'Ufficio il solo onere di allegare elementi suscettibili di fondare il sospetto del superamento del valore normale;

- 4C: omessa motivazione su fatti decisivi individuati nel prezzo di acquisto di beni nel 2002 dalla controllante cinese, tanto elevato da causare perdite, e sulla comparazione con altro concorrente.

4.1. Le censure per violazione di legge sono fondate, restando assorbito il lamentato vizio motivazionale.

4.2. La normativa in esame, infatti, non integra una disciplina antielusiva in senso proprio, ma è finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing (spostamento d'imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti) in sé considerato, sicché la prova gravante sull'Amministrazione finanziaria non riguarda la maggiore fiscalità nazionale o il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l'esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, incombendo, invece, sul contribuente, giusta le regole ordinarie di vicinanza della prova ex art. 2697 c.c. ed in materia di deduzioni fiscali, l'onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua di quanto specificamente previsto dall'art. 9, comma 3, tuir (v. Cass. n. 11949 del 2012; Cass. n. 10742 del 2013; Cass. n. 18392 del 2015; Cass. n. 7493 del 2016).

Tale conclusione, del resto, risponde alla ratio della normativa che va rinvenuta «nel principio di libera concorrenza enunciato nell'art. 9 del Modello di Convenzione OCSE"», sicché la valutazione in base al valore normale investe la "sostanza economica dell'operazione" che va confrontata "con analoghe operazioni realizzate in circostanze comparabili in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti" (v. in particolare Cass. n. 27018 del 15/11/2017 che, nel ricomporre le diverse opzioni interpretative emerse nella giurisprudenza della Corte, ha espressamente affermato «la ratio della disciplina di cui all'art. 110, comma 7, tuir, va individuata nel principio di libera concorrenza, esclusa ogni qualificazione della stessa come norma antielusiva»).

4.3. Nella specie la CTR, nel considerare gli elementi addotti dall'Ufficio ne ha valutato l'inidoneità sul presupposto che gli acquisti dalla capogruppo cinese, di costo tanto elevato, si riferissero al 2002, ossia all'annualità precedente a quella dell'avviso, e che la comparazione, con una impresa direttamente concorrente, riguardasse prodotti «non del tutto identici».

Così operando, peraltro, ha considerato detti elementi in funzione di un onere in capo all'Amministrazione, invece inesistente, di provare il valore normale dei beni e non, invece, come elementi indiziari che le transazioni infragruppo erano per un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, con conseguente onere probatorio della congruità delle operazioni da parte della società contribuente, in violazione del disposto di cui all'art. 76, comma 5, (oggi 110) tuir.

5. Il quinto motivo (rubricato come "6") denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 per aver la CTR, in relazione all'avviso di accertamento per il 2004, ritenuto, in motivazione, la legittimità della ripresa a tassazione, invece poi annullato nel dispositivo.

Nella sostanza, peraltro, l'Agenzia contesta univocamente che tra dispositivo e sentenza vi sia, con riguardo ad uno specifico rilievo Iva, un irriducibile contrasto, sì da rendere la sentenza contraddittoria e potendosi, dunque, riqualificare in tal senso la doglianza.

5.1. Il motivo è fondato.

L'irriducibile contrasto tra motivazione (in cui si afferma «Accertamento 2004 [...] 2) Rilievo Iva. Contributi ricevuti dalla H.E. Appi. Corp. Ltd per € 2.728.167. Si conferma la ripresa fiscale sulla base delle osservazioni espresse per l'analogo rilievo per l'anno 2003 (punto o)») e dispositivo («In parziale accoglimento dei ricorsi [...] annulla i predetti avvisi in relazione alle riprese fiscali di cui ai punti [...] e n. 2) dell'anno 2004, come precisato in parte motiva») risulta per tabulas dalla mera lettura della sentenza ed è tale da incidere sull'idoneità del provvedimento a rendere conoscibile il contenuto della specifica statuizione giudiziale.

6. Passando al ricorso incidentale, il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 14 I. n. 890 del 1982 in ordine all'illegittimità delle notifiche degli avvisi di accertamento, le cui buste di spedizione erano prive dell'indicazione del numero di registro cronologico e della firma del soggetto notificatore.

6.1. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 156, primo comma, c.p.c. per aver la CTR ritenuto sanati i vizi di notifica, valutati come causa di inesistenza della stessa, per la tempestiva impugnazione degli avvisi.

6.2. I motivi, da esaminare unitariamente per connessione logica, sono infondati.

Premesso che, come rilevato dalla CTR, a partire dal 15 maggio 1998, data di entrata in vigore dell'art. 20 della legge n. 146 del 1998 (che ha modificato l'art. 14 della legge n. 890 del 1982), gli uffici finanziari possono procedere alla notificazione a mezzo posta ed in modo diretto degli avvisi e degli atti che per legge vanno notificati al contribuente, applicandosi, in tal caso, le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982, e che, inoltre, non è controverso che gli avvisi sono stati notificati direttamente a mezzo posta presso l'effettivo indirizzo del destinatario, va escluso che le dedotte irregolarità comportino l'inesistenza della notificazione la quale, come affermato da Sez. U, n. 14916 del 20/07/2016, ricorre solo quando sia stata posta in essere un'attività «priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione» (ossia la trasmissione da parte di un soggetto non qualificato ovvero la mancata consegna).

Ne deriva - e il profilo ha carattere assorbente su ogni altro aspetto - che, come esattamente affermato dalla CTR, la tempestiva proposizione del ricorso da parte del contribuente «produce l'effetto di sanare ex tunc la nullità della relativa notificazione, per raggiungimento dello scopo dell'atto, ex art. 156 c.p.c.» (Cass. n. 17198 del 12/07/2017).

7. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 42, primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, per essere stati gli avvisi di accertamento sottoscritti non dal capo dell'Ufficio, senza che l'Agenzia abbia fornito idonea prova della potestà del funzionario a sottoscrivere gli atti.

7.1. Il quarto motivo denuncia, sulla medesima questione, motivazione insufficiente.

7.2. I motivi, da esaminare unitariamente per connessione logica, sono infondati.

Nella vicenda in esame, come accertato dalla CTR, gli avvisi di accertamento sono stati sottoscritti non da un mero delegato di firma ma dal "reggente" - nella specie il capo area controllo - ossia di soggetto chiamato, con le attribuzioni ex art. 20, comma 1, lett. a e b, d.P.R. n. 266 del 1987, a "sostituire" il dirigente assente per cause improvvise e in via temporanea, dunque designato a dirigere l'intero Ufficio a fronte della mancanza od impedimento del capo dell'Ufficio, e i cui ruoli sono integralmente sostitutivi delle funzioni del dirigente (v. anche Cass. n. 14626 del 10/11/2000; Cass. n. 18758 del 05/09/2014).

Con accertamento in fatto, in sé incensurabile, inoltre la CTR ha valutato la documentazione prodotta dall'Amministrazione idonea ad assolvere l'onere probatorio incombente sull'Ufficio di provare il ruolo assegnato e la titolarità del potere di sostituzione in quanto atto amministrativo, traducendosi, per contro, la deduzione della ricorrente intesa a qualificarlo come "mera informativa" in una contestazione, di per sé inammissibile, sulla valutazione operata dal giudice di merito.

8. Il quinto motivo denuncia motivazione contraddittoria in ordine alla conferma in ordine alla ripresa per i costi per i resi delle merci difettose.

A contribuente lamenta, in sostanza, che la CTR ha, da un lato, ritenuto di annullare la ripresa per la mancata contabilizzazione dei costi per la restituzione di merce difettosa non riaddebitati alla capogruppo cinese, mentre dall'altro ha confermato la ripresa per i costi relativi alla restituzione di merce difettosa, nonostante l'identità delle riprese fiscali.

8.1. Il motivo è inammissibile.

La dedotta identità tra l'oggetto delle due riprese è solo genericamente affermata, neppure precisando, in termini puntuali, quali fossero i beni difettosi e se essi rientrassero o meno nell'ambito della previsione contrattuale, né, del resto, risulta mai sollevata una eccezione di duplicazione della pretesa impositiva.

Il mezzo, inoltre, neppure coglie la ratio della decisione, che ha ritenuto legittima la ripresa a tassazione per non aver la società «provato in maniera sicura la restituzione da parte dei clienti di merce difettosa», in alcun modo censurata.

9. Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 7, quarto comma, lett. f, e 21 d.P.R. n. 633 del 1972 in ordine ai contributi ricevuti dalla H.E. Appi. Corp. Ltd, qualificati dalla CTR come corrispettivi per attività promozionali del gruppo, anziché cessioni di denaro.

9.1. Il settimo motivo denuncia, in relazione al medesimo profilo, motivazione insufficiente.

9.2. Entrambe le doglianze sono inammissibili.

In ordine al sesto motivo, infatti, la ricorrente, pur deducendo formalmente un vizio di violazione di legge, propone, in realtà, una censura motivazionale, intesa, anzi, ad una contestazione della valutazione operata dal giudice di merito e ad una rivisitazione dell'accertamento di fatto e degli elementi probatori e documentali acquisiti in giudizio.

Tale rilievo vale anche con riguardo al settimo motivo, in cui la contestazione mira a porre in dubbio, in termini anche suggestivi, la valutazione operata dal giudice (suggerendo un uso "atecnico" delle diciture riportate sulle fatture, di cui, peraltro, omette ogni riproduzione in totale difetto di autosufficienza) e a censurare, invece della sentenza, asserite (ed irrilevanti) incongruenze contenute nel pvc, limitandosi a prospettare una ricostruzione dei fatti alternativa a quella del giudice di merito.

7. In accoglimento del ricorso, nei termini di cui in motivazione, rigettato il ricorso incidentale, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo, il quarto - ai punti 4A e 4B, assorbito il punto 4C - e il quinto motivo del ricorso principale e dichiara inammissibili il primo e il terzo; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.