Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 luglio 2018, n. 18922

Tributi doganali (diritti di confine - dazi all'importazione ed alla esportazione - diritti doganali) - Dazi "antidumping" - Importazioni di parti di biciclette - Autorizzazione - Necessità - Quantitativo - Rilevanza - Limiti

Rilevato che

 

- l'Agenzia delle dogane di Milano contestava alla società S. S. Srl la non corretta dichiarazione della merce (350 forcelle per biciclette) importata dalla Repubblica Popolare Cinese con la bolletta doganale presentata il 1° dicembre 2005 in quanto relativa ad un quantitativo superiore al massimo consentito di 300 pezzi per fruire dell'esenzione del dazio antidumping, sicché procedeva con avviso di rettifica a recuperare il cd. dazio esteso;

- l'impugnazione della contribuente era accolta dalla Commissione tributaria provinciale di Genova; la sentenza era parzialmente riformata dal giudice d'appello che riteneva la legittimità dell'accertamento per la merce eccedente il limite legale;

- la l'Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione con tre motivi; resiste la società contribuente con controricorso;

 

Considerato che

 

- vanno disattese, preliminarmente, le eccezioni di inammissibilità del ricorso per 1) mancata sottoscrizione degli atti da un avvocato in assenza della possibilità di agire personalmente in giudizio e 2) omesso deposito della copia dell'appello presso l'ufficio di segreteria della Commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata, in violazione 53, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo vigente ratione temporis;

- quanto al primo profilo la legittimazione processuale degli uffici locali dell'Agenzia delle entrate trova fondamento nelle norme del regolamento di amministrazione n. 4 del 2000, adottato ai sensi dell'art. 66 del d.lgs. n. 300 del 1999, cui va riconosciuta la posizione processuale di parte e l'accesso alla difesa davanti alle commissioni tributarie (Cass. n. 20911 del 03/10/2014);

- quanto al secondo profilo, la censura è inammissibile in quanto rivolta, in realtà, non contro il ricorso per cassazione ma avverso l'atto di appello, neppure traducendosi in una censura della sentenza impugnata;

- è invece inammissibile la riproposizione nel controricorso delle eccezioni di decadenza per vizi afferenti la notifica dell'avviso di rettifica, trattandosi di questione espressamente decisa dalla CTR ("vanno respinte le eccezioni preliminari della società relative ... all'intervenuta decadenza per irregolare notifica dell'accertamento") e sulla quale, pertanto, in mancanza di ricorso incidentale deve ritenersi ormai consolidato il giudicato;

- passando all'esame del ricorso, il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 14, lett. c, Reg. CE n. 88 del 1997 per aver la CTR ritenuto che, in caso di superamento del limite massimo di pezzi consentito, la rettifica per il recupero del dazio esteso poteva riguardare solo la merce in esubero rispetto al limite quantitativo legale;

- il secondo motivo denuncia omessa motivazione circa un fatto decisivo, costituito dall'esatta individuazione della merce in dogana, nonché falsa applicazione degli artt. 15 Reg. CE n. 88 del 1997 e 13, par. 2, Reg. CE n. 384 del 1996, censura, quest'ultima, che reitera specificamente con il terzo motivo;

- il primo e il terzo motivo, da esaminare unitariamente in quanto logicamente connessi, sono fondati;

- l'art. 2, paragrafo 1, Reg. CE n. 88 del 1997 prevede che "1. Le importazioni di parti essenziali di biciclette sono esentate dal dazio esteso nei casi in cui:

- siano dichiarate per l'immissione in libera pratica da o per conto di un soggetto esentato, oppure

- siano dichiarate per l'immissione in libera pratica in conformità delle disposizioni relative al controllo della destinazione particolare conformemente all'articolo 14";

- la domanda di autorizzazione deve contenere, tra l'altro, (art. 4, paragrafo 1, lett. b) "elementi di prova che sembrino dimostrare che le operazioni di assemblaggio del richiedente non rientrano nel campo d'applicazione dell'articolo 13, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 384/96";

- l’art. 14 prevede espressamente, poi, "Le importazioni di parti essenziali di biciclette dichiarate per l'immissione in libera pratica da un soggetto che non sia esentato, a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento di riferimento sono esentate dall'applicazione del dazio esteso se sono dichiarate in conformità della struttura Taric di cui all'allegato III e delle condizioni di cui all'articolo 82 del Regolamento (CEE) n. 2913/92 e agli articoli da 291 a 304 del Regolamento (CEE) n. 2454/93 che si applicano in quanto compatibili nei casi seguenti:

a) consegna di parti essenziali di biciclette ad una parte esentata a norma degli articoli 7 o 12,

b) consegna di parti essenziali di biciclette ad un altro titolare di un'autorizzazione in conformità dell'articolo 291 del Regolamento (CEE) n. 2454/93, oppure

c) dichiarazione, su base mensile, di un quantitativo inferiore alle 300 unità per tipo di parti essenziali di biciclette per l'immissione in libera pratica da una parte o sia ad essa consegnato. Il numero di parti essenziali di biciclette dichiarate da una parte, oppure consegnate ad una parte qualsiasi, viene calcolato con riferimento al numero di parti di biciclette dichiarate o consegnate a tutte le parti associate o legate da accordi di compensazione con detta parte; oppure

d) impiego delle parti essenziali di biciclette nell'assemblaggio di velocipedi con motore ausiliario

- il successivo art. 15, paragrafi 1 e 2, infine, dispone che "1. La Commissione oppure le autorità competenti degli Stati membri possono decidere d'ufficio di sottoporre ad esame le parti che dichiarino per l'immissione in libera pratica parti essenziali di biciclette oppure ricevano dette consegne a norma dell'articolo 14, lettera c). 2. Qualora si accerti che le parti di cui al paragrafo 1 hanno dichiarato per l'immissione in libera pratica o hanno ricevuto quantitativi superiori alla soglia di cui all'articolo 14, lettera c) oppure che non hanno collaborato all'esame, si ritiene che esse ricadano nel campo di applicazione dell'articolo 13, paragrafo 2 del Regolamento (CE) n. 384/96. ..."

- l'art. 13 del Reg. CE n. 384 del 1996 (rubricato con l'indicazione "elusione"), a sua volta, prevede "1. L'applicazione dei dazi antidumping istituiti a norma del presente regolamento può essere estesa alle importazioni da paesi terzi di prodotti simili, o di loro parti, se le misure in vigore vengono eluse. Si intende per elusione una modificazione della configurazione degli scambi tra i paesi terzi e la Comunità che derivi da pratiche, processi o lavorazioni per i quali non vi sia una sufficiente motivazione o giustificazione economica oltre all'istituzione del dazio, essendo provato che ne risultano indeboliti gli effetti riparatori del dazio in termini di prezzi e/o di quantitativi dei prodotti simili, e che esiste un dumping in relazione ai valori normali precedentemente accertati per i prodotti simili o similari.

2. Operazioni di assemblaggio nella Comunità o in un paese terzo sono considerate elusive delle misure vigenti, nelle seguenti circostanze:

a) le operazioni sono iniziate o sostanzialmente aumentate dopo l'apertura dell'inchiesta antidumping oppure nel periodo immediatamente precedente e i pezzi utilizzati sono originari del paese soggetto alla misura; e

b) il valore dei pezzi suddetti è uguale o superiore al 60 % del valore complessivo dei pezzi del prodotto assemblato; l'elusione è tuttavia esclusa se il valore aggiunto ai pezzi originato nell'operazione di assemblaggio o di completamento è superiore al 25 % del costo di produzione; e

c) gli effetti riparatori del dazio sono indeboliti in termini di prezzi e/o di quantitativi del prodotto simile assemblato, e vi siano elementi di prova dell'esistenza del dumping in relazione ai valori normali precedentemente determinati per i prodotti simili o similari. "

- il sesto considerando del Reg. n. 384 cit., infine, precisa che il controllo delle competenti autorità degli Stati membri ha ad oggetto, tra l'altro, che le "parti ... soddisfino le condizioni dei quantitativi minimi", sicché tale parametro è esplicitamente oggetto di considerazione in termini unitari;

- da tale complesso normativo deriva che la domanda di esenzione, e la correlata autorizzazione, si configura come oggettivamente diversa a seconda che sia richiesta in relazione alle condizioni di cui all'art. 14 o meno, e, dunque, se, avuto riguardo alla specifica vicenda, abbia ad oggetto un quantitativo massimo inferiore o superiore a 300 pezzi: nel primo caso la procedura è semplificata, mentre nel secondo è necessario procedere ex art. 13, paragrafo 2, Reg. CE n. 384 del 1996 ad una valutazione specifica da parte della Commissione Europea;

- il superamento indebito del limite quantitativo autorizzato comporta, pertanto, che l'intera operazione, da un lato, ricade nel campo della valutazione ai fini dell'elusione e, dall'altro, esula dall'ambito dell'autorizzazione eventualmente conseguita, sicché in una simile evenienza, non può essere riconosciuta l'esenzione dal dazio esteso, traducendosi l'operazione in una importazione, per la totalità degli articoli, senza autorizzazione;

- né è configurabile, come statuito dalla CTR, che l'autorizzazione rilevi fino al limite dei trecento pezzi, applicandosi il dazio antidumping per la parte eccedente, deponendo in senso contrario sia la considerazione sempre unitaria del limite e delle conseguenze del suo superamento in tutte le sopra citate disposizioni, sia la necessità, in coerenza con i principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia (v., in tema, sentenze 29 luglio 2010, C-371/09 e 17 settembre 2014, C-3/13), di una interpretazione restrittiva delle norme di esenzione del dazio antidumping, con riaffermazione della necessità della preventiva specifica autorizzazione, sia, infine, restando incomprensibile, in mancanza di una espressa indicazione normativa, l'asserito riconoscimento di una franchigia;

- il secondo motivo resta conseguentemente assorbito;

- il ricorso va pertanto accolto e la sentenza cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito va rigettato l'originario ricorso del contribuente;

- le spese di questo giudizio sono regolate per soccombenza, mentre vanno compensate le spese dei gradi di merito, attesa la particolarità della questione, caratterizzata da elementi di novità;

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente che condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.