Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 maggio 2018, n. 12944

Regime pensionistico degli iscritti all'ex INPDAI - Pensione di anzianità - Domanda di riliquidazione - Non corretta applicazione del massimale annuo

Fatti di causa

1. La Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 22 ottobre 2012, ha respinto l'appello proposto da G.P.G.Z., dirigente di azienda industriale, nei confronti dell'INPS, avverso la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda di riliquidazione della pensione di anzianità in godimento, proposta sul presupposto della non corretta applicazione del massimale annuo, previsto dall'art. 3, comma 7, del decreto legislativo n. 181 del 1997, per avere percepito retribuzioni, dal gennaio 2003 al 2008, superiori all'importo del massimale e da considerare, nel calcolo della quota INPDAI della pensione, alla stregua delle regola proprio dell'assicurazione generale obbligatoria.

2. Per la Corte di merito, alla stregua dell'art. 42, comma 3, della legge n. 289 del 2002, si doveva tenere conto del massimale, nella liquidazione della «quota INPDAI» del trattamento pensionistico, anche per le retribuzioni percepite dopo la soppressione dell'INPDAI.

3. Avverso tale sentenza ricorre G.P.G.Z., con ricorso affidato ad un motivo, cui resiste, con controricorso, l'INPS; entrambe le parti hanno depositato memorie.

 

Ragioni della decisione

 

4. Con l'unico motivo di censura, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 42,comma 3, lettere a), b) della legge n. 289 del 2002 e dei canoni ermeneutici di cui all'art. 12 disp. sulla legge in generale, la parte ricorrente assume che, ai fini della determinazione della quota di pensione imputabile agli anni di assicurazione INPDAI, il massimale di cui al decreto legislativo n. 181 del 1997 può comprimere solo le retribuzioni percepite entro il dicembre 2002, e non anche quelle percepite dopo la soppressione dell'INPDAI, con la conseguenza che tali retribuzioni dovrebbero essere considerate, nella procedura di calcolo della quota INPDAI, nel loro valore reale, e non già contenute nel massimale di 250 milioni di lire.

5. A suffragio della tesi esposta, la parte ricorrente assume che dal gennaio 2003, epoca in cui la posizione assicurativa è transitata all'INPS, la retribuzione percepita è sottoposta ad imposizione nel suo intero ammontare, e non entro i limiti del massimale; che l'estinzione dell'Ente previdenziale, al 31 dicembre 2002, avrebbe comportato il definitivo abbandono delle regole di liquidazione proprie del regime pensionistico dell'INPDAI, con la conseguente inapplicabilità del regime del massimale dal 1 gennaio 2003 e l'applicabilità, dalla predetta data, delle sole regole del Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell'assicurazione generale obbligatoria, regole che non prevedono alcun massimale.

6. Rimarca, inoltre, la parte ricorrente, l'anomalia di un sistema di calcolo che applichi il massimale solo nella fase di determinazione della retribuzione pensionabile, evocando il principio di corrispettività tra contributi versati e misura della pensione; l'illogicità della sopravvivenza, all'estinzione dell'ente, delle norme del regime INPDAI; l'espressa efficacia ultrattiva delle regole del soppresso INPDAI per le prestazioni non pensionistiche, a conferma ulteriore che per le prestazioni pensionistiche non sia ipotizzabile l'applicazione del predetto massimale; l'esplicita previsione (art.42, terzo comma, lett. b) legge n.289 del 2002), di applicabilità, dal 1° gennaio 2003, per il calcolo della retribuzione pensionabile, delle regole vigenti nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

7. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

8. L'articolo 42, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n.289, ha così regolato il regime pensionistico degli iscritti all'INPDAI, transitati presso l'assicurazione generale obbligatoria all'atto della soppressione del predetto ente (a far data dal 1 gennaio 2003): «Il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali è uniformato, nel rispetto del principio del pro-rata, a quello degli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti con effetto dal 1 gennaio 2003. In particolare, per i lavoratori assicurati presso il soppresso INPDAI, l'importo della pensione è determinato dalla somma: a) delle quote di pensione corrispondenti alle anzianità contributive acquisite fino al 31 dicembre 2002, applicando, nel calcolo della retribuzione pensionabile, il massimale annuo di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181; b) della quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 2003, applicando, per il calcolo della retribuzione pensionabile, le norme vigenti nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

Con la medesima decorrenza si applicano, per il calcolo della pensione, le aliquote di rendimento e le fasce di retribuzione secondo le norme in vigore nell'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti. Per quanto riguarda le prestazioni non pensionistiche, continuano ad applicarsi le regole previste dalla normativa vigente presso il soppresso Istituto».

9. Questa Corte, in riferimento agli assicurati transitati dall'INPDAI all'INPS in epoca anteriore alla soppressione del primo ente, in fattispecie in cui il passaggio era, dunque, dipeso dalla perdita della qualifica dirigenziale, e dalla cancellazione del lavoratore dall'ente di previdenza dei dirigenti industriali, ha avuto modo di chiarire che, dal momento che la legge n. 289 del 2002 ha operato il trasferimento dei contributi dall'INPDAI all'INPS, mediante iscrizione «con evidenza contabile separata», ossia in carenza di un'unificazione assimilabile alla ricongiunzione dei contributi prevista dal d.P.R. n. 58 del 1976, l'art. 42 comma 3, prima parte, della legge citata, disponendo che il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali è uniformato, nel rispetto del criterio del pro-rata, a quello degli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti con effetto dal 1 gennaio 2003, ha introdotto un principio di carattere generale, senza distinzione tra soggetti ancora iscritti e soggetti non più in costanza di assicurazione INPDAI alla data del 31.12.2002, con la conseguenza che, ai fini della liquidazione della pensione, la retribuzione pensionabile propria dell'assicurato già iscritto all'INPDAI deve essere individuata in relazione alle retribuzioni che sarebbero state utili nel caso di un'ipotetica liquidazione del trattamento pensionistico da parte dell'INPDAI, non anche con riguardo alle retribuzioni percepite negli ultimi cinque e dieci anni calcolati a ritroso dalla data del pensionamento, in quanto il rinvio dell'art. 42, legge n. 289 del 2002, all'art. 3, comma 7, d.lgs. n. 181 del 1997, nonché lo stesso meccanismo del pro-rata adottato nell'art. 42 cit., costituiscono manifestazione della volontà del legislatore di tenere distinti i due periodi assicurativi, in considerazione della diversità dei sistemi di calcolo adottati per ciascuno di essi, dando luogo a due distinte quote di pensione da determinare secondo autonomi criteri (v., per tutte, Cass. 31 luglio 2017, n. 19036 n. 4897 e i precedenti ivi richiamati; da ultimo, v. Cass. 12 febbraio 2018, n. 3321).

10. Nella fattispecie all'esame, ora, della Corte, il transito del dirigente all'INPS non è dipeso dal mutamento della qualifica del lavoratore sibbene dalla oggettiva condizione della soppressione dell'ente previdenziale di assicurazione, al quale il dirigente è risultato iscritto dal 1969 fino alla soppressione dell'INPDAI (per 33 anni), in conseguenza della quale la relativa posizione assicurativa è transitata all'INPS fino alla cessazione dell'attività lavorativa (al 31 dicembre 2007, con 6 anni di iscrizione all'INPS e complessivi 39 anni di assicurazione).

11. La controversia attiene alla determinazione della quota di pensione proporzionale al periodo di iscrizione all'INPDAI e, al riguardo, va rammentato che detta quota è, a sua volta, ripartita in una quota proporzionale alle anzianità contributive maturate a tutto il 1992, in applicazione della legge n. 297 del 1982 (retribuzione pensionabile determinata sulla scorta delle retribuzioni percepite negli ultimi 5 anni anteriori alla decorrenza della pensione); e in un'altra quota proporzionale alle anzianità contributive maturate dal 1993 e fino alla soppressione dell'INPDAI, alla stregua del d.lgs. n. 503 del 1992 (determinata sulla base delle retribuzioni percepite negli ultimi 10 anni anteriori alla decorrenza della pensione).

12. L'INPS ha, nella specie, calcolato la quota corrispondente ai 33 anni di iscrizione all'INPDAI individuando le retribuzioni pensionabili percepite negli ultimi 5 e 10 anni, anteriori alla decorrenza della pensione, comprimendone l'ammontare entro il massimale previsto dall'art.3, comma 7, del decreto legislativo n. 181 del 1997.

13. Con il richiamato art. 42 della legge n. 289 il legislatore ha informato il calcolo della pensione dei lavoratori titolari di contribuzione mista, INPDAI ed INPS, a seguito della soppressione del primo ente, al principio del pro rata temporis, per cui le due quote che compongono la pensione unitaria riflettono i due distinti e peculiari regimi assicurativi ai quali il lavoratore è stato assicurato, senza la possibilità di esportare nell'uno le regole proprie dell'altro.

14. La quota proporzionale al periodo di assicurazione presso l'INPDAI deve essere calcolata nel rispetto del massimale contributivo e pensionabile che, da sempre, caratterizza quell'assicurazione, a mente degli articoli 6 della legge n. 967 del 1953 e 2 del d.P.R. n. 914 del 1955.

15. L'equilibrio fra contributi versati e prestazione liquidata non ne risulta alterato, come assume la parte ricorrente patrocinando una diversa opzione interpretativa.

16. La pensione liquidata in pro rata rispecchia la complessiva posizione previdenziale dell'interessato, come distribuita fra i due diversi enti e sistemi assicurativi: nel corso del periodo di assicurazione presso l'INPDAI il lavoratore ha pagato contributi nei limiti del massimale di legge, onde la quota di pensione, riferita al medesimo periodo assicurativo, dev'essere determinata in applicazione del massimale, con l'ulteriore conseguenza che a minor periodo assicurativo presso l'INPDAI corrisponderà la minore incidenza della quota di trattamento calcolata sulla base del massimale pensionabile.

17. I complessivi 39 anni di assicurazione del pensionato sono stati assoggettati, per 33 anni (fino alla soppressione dell'INPDAI), al massimale contributivo, massimale dal quale è stato esentato il periodo di 6 anni di assicurazione presso l'INPS, periodo, quest'ultimo, in riferimento al quale la quota di pensione è stata calcolata sulle retribuzioni effettivamente percepite, senza applicazione di alcun tetto.

18. Il massimale, in definitiva, opera esclusivamente ai fini della determinazione della parte di pensione imputabile al periodo assicurativo INPDAI, con riferimento a tutte le retribuzioni che concorrono al calcolo della predetta quota, anche se successive al 2002.

19. La tesi del ricorrente, secondo il quale le retribuzioni successive al 31 dicembre 2002 dovrebbero essere considerate, nel calcolo della quota INPDAI della pensione, nel loro valore reale e non contenute nel massimale di 250 milioni di lire, non trova alcuna conferma nel disposto normativo: la lettera a) del richiamato terzo comma dell'art. 42 evoca le «anzianità contributive acquisite fino al 31 dicembre 2002» e non richiama affatto le retribuzioni percepite fino al 31 dicembre 2002, con la conseguenza che tutte le retribuzioni, indipendentemente da quando percepite, rilevano agli effetti della determinazione della predetta quota.

20. L'estraneità del massimale alle regole del Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell'assicurazione generale obbligatoria, illustrata dalla parte ricorrente per accreditare una pretesa anomalia di un sistema di calcolo che applichi il massimale solo nella fase di determinazione della retribuzione pensionabile ed affermare il principio di corrispettività tra contributi versati e misura della pensione, neanche trova riscontro nelle numerose fonti normative che contemplano, invece, il massimale nell'assicurazione generale obbligatoria, valido ai soli fini pensionistici (retribuzione pensionabile determinata nei limiti del massimale) e non contributivi (contribuzione dovuta sull'intera retribuzione) (v. Corte Cost. n.173 del 1986; tra le fonti normative, v. art.5, comma 4, d.P.R. n. 488 del 1968; art.14 L.n. 153 del 1969; artt. 26, 27 L.n. 160 del 1975; art. 19 L.n. 155 del 1981; art. 9 L.n. 140 del 1985; art. 21 L.n. 67 del 1988).

21. Si appalesa, inoltre, privo di rilievo indagare in ordine alle regole sopravvissute all'estinzione dell'INPDAI, e dunque sull'ultrattività di alcune disposizioni, giacché la vicenda in esame è pienamente sussumibile nella disposizione speciale introdotta dal legislatore del 2002 per regolare le pensioni in regime misto INPDAI-INPS, con l'introduzione della scissione del trattamento pensionistico in due quote, ciascuna delle quali determinata alla stregua della legge n. 289 del 2002.

22. Quanto all'inciso introdotto dal legislatore nella lettera b) del terzo comma del citato art. 42, richiamato dall'assicurato ad ulteriore conferma dell'inapplicabilità del massimale sulle retribuzioni percepite dal 1 gennaio 2003, vale rimarcare che quell'inciso - «dal 1 gennaio 2003 debbono applicarsi per il calcolo della retribuzione pensionabile le norme vigenti nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti» - vale per la quota b) della pensione, vale a dire per la quota imputabile alle anzianità contributive maturate nell'assicurazione generale obbligatoria, dopo la soppressione dell'INPDAI, ma trattasi di tema esulante dalla vicenda in esame, inerente al solo calcolo della quota a) del trattamento pensionistico.

23. Disancorare dal massimale le retribuzioni pensionabili riferite al periodo successivo alla soppressione dell'INPDAI, paleserebbe profili di irragionevolezza nel riconoscimento di un maggiore importo pensionistico a fronte di un minore apporto contributivo, così come l'elisione degli effetti del massimale pensionistico renderebbe il trattamento, in concreto, liquidato del tutto identico a quello che sarebbe spettato ad un assicurato mai iscritto all'INPDAI, svuotando così di significato la disposizione speciale introdotta con l'art. 42 dal legislatore del 2002.

24. Il ricorso va, in conclusione, rigettato.

25. La mancanza di precedenti specifici sulla questione trattata consiglia la compensazione delle spese.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; spese compensate.