Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 maggio 2018, n. 12335

Contratto a progetto - Accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro - Soggezione personale del prestatore al potere direttivo di datore

 

Fatti di causa

 

1. Con la sentenza n. 185/2012 la Corte di appello di Venezia, in riforma delle pronunce non definitiva e definitiva (rispettivamente n. 255/2009 e 1157/2009) rese dal Tribunale della stessa città, ha respinto le domande proposte da A. C. nei confronti della A. N. W. C. spa, volte ad ottenere la declaratoria della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la predetta società dal 1987 - 2005, nonché al pagamento del TFR e dell'indennità sostitutiva del preavviso.

2. La Corte territoriale, a fondamento della propria decisione, ha rilevato che sia che si volesse ritenere il C. direttore generale della società sia che lo si volesse individuare quale amministratore delegato, non poteva configurarsi un rapporto di lavoro di natura subordinata perché non era soggetto ad alcun organo che nei suoi confronti esercitasse i poteri di controllo, comando o disciplina tipici del datore di lavoro. Analoghe considerazioni dovevano svolgersi anche per il periodo in cui il C. aveva prestato la propria attività lavorativa in forza di un contratto progetto.

3. Avverso la sentenza di II grado ha proposto ricorso per cassazione A. C. affidato ad otto motivi, illustrati con memoria.

4. Ha resistito con controricorso la società.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2381 cc nonché l'omessa o quantomeno insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte territoriale erroneamente sopravvalutato il nomen iuris del contratto e per avere erroneamente ritenuto che le formalità di conferimento non erano quelle relative alla nomina di un amministratore delegato.

2. Con il secondo e terzo motivo si censura l'omessa o quantomeno insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell'art. 2094 cc e dell'art. 1 CCNL Dirigenti Industriali, per non avere la Corte di merito motivato sulle seguenti circostanze: "in azienda il ruolo del C. veniva normalmente definito come direzione generale" e "il C. aveva come gli altri dirigenti un limite di budget, solo più alto: oltre lire 50.000.000 doveva essere autorizzato dal responsabile della divisione legno a livello Europa".

3. Con il quarto motivo si censura l'omessa o quantomeno insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. sulla corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato per avere omesso di considerare e di motivare sul fatto che l'esistenza di un gruppo societario era il presupposto stesso dell'azione del C.

4. Con il quinto motivo si censura l'omessa o quantomeno insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell'art. 2094 cc e dell'art. 1 CCNL Dirigenti Industriali per avere omesso la Corte di merito di considerare e motivare sul fatto che per il periodo 1996-2001 il C. aveva dovuto dividere la propria attività di direttore generale tra lo stabilimento ICLA srl di Peseggia e quello di Fombio, appartenente ad altra società del gruppo per la quale egli non rivestiva alcun ruolo.

5. Con il sesto motivo si censura l'omessa o quantomeno insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 69 D.lvo n. 276/2003 (testo vigente ratione temporis) oltre che dell'art. 2094 cc, per avere la Corte territoriale omesso di considerare e di motivare sulla rilevata esistenza, per oltre un terzo del rapporto, di due contratti che non conferivano, neppure all'apparenza, l'incarico di amministratore delegato, bensì rispettivamente di consulente e di collaboratore a progetto.

6. Con il settimo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione, sotto ulteriore profilo, degli artt. 61 e ss D.lgvo n. 276/2003 (testo vigente ratione temporis) nonché l'omesso o quanto meno insufficiente e/o contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio per la mancata conversione del fittizio rapporto di collaborazione a progetto in rapporto di lavoro subordinato, almeno per il periodo dal 1° gennaio 2004 sino alla cessazione definitiva del rapporto stesso, avvenuta per iniziativa aziendale con lettera di recesso del 23.11.2005.

7. Con l'ottavo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. nonché la mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per non avere la Corte di appello esaminato le due domande proposte in sede di appello incidentale.

8. Il primo motivo non è fondato.

9. La Corte territoriale si è attenuta ai principi, più volte affermati nella giurisprudenza di legittimità (in termini Cass. 13.2.2004 n. 2842; Cass. 7.10.2004 n. 20002), non incorrendo, pertanto, nelle denunziate violazioni di legge, secondo i quali l'elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato - e criterio distintivo nel contempo rispetto a quello autonomo - è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo di datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria (cfr. Cass. 8.5.2009 n. 10629) altri elementi del rapporto di lavoro (quali ad esempio la collaborazione, l'osservanza di un determinato orario di lavoro, la continuità della prestazione lavorativa, l'inserimento della prestazione lavorativa nella organizzazione aziendale e il coordinamento con l'attività imprenditoriale, l'assenza di rischio per il lavoratore e la forma della retribuzione).

10. Quanto ai dedotti vizi di motivazione, osserva il Collegio che i giudici di secondo grado non si sono limitati a considerare unicamente il nomen iuris del contratto né hanno attribuito rilevanza decisiva alle modalità di conferimento dell'incarico ma, nella individuazione della natura del contratto, hanno valutato in concreto il ruolo svolto dal C. rilevando, appunto, l'assenza del vincolo di subordinazione.

11. Il secondo e terzo motivo, tra loro connessi, sono inammissibili perché, in primo luogo (particolarmente il secondo), sono redatti con la cd. tecnica dell'assemblaggio di atti e documenti processual-i con un modus operandi espositivo sanzionato da questa Corte (cfr. Cass. 5698/2012; Cass, 19255/2010); in secondo luogo, deve evidenziarsi che, ancorché svolti sotto il profilo della violazione di legge, le censure si sostanziano nella critica della ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, configurando come tale una censura riconducibile al vizio della motivazione. Al riguardo, deve però rilevarsi che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all'ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l'autonoma disamina delle emergenze probatorie. Va considerato che, affinché la motivazione adottata dal giudice di merito possa essere considerata adeguata e sufficiente, non è necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr. ex plurimis Cass. 12121/2004; Cass. n. 24542/2009; Cass. 22801/2009; Cass. 19748/2011).

12. Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha esaminato le due circostanze evidenziate nei motivi di impugnazione (ruolo espletato dal C. e limite del budget cui era sottoposto) ai fini della decisione, svolgendo un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie acquisite e immune da contraddizioni e vizi logici.

13. In definitiva, pertanto, le doglianze dei ricorrenti si risolvono nella esposizione di una lettura delle risultanze istruttorie diversa da quella data dal giudice del gravame e nella richiesta di un riesame di merito delle emergenze istruttorie, inammissibile in questa sede di legittimità.

14. Il quarto motivo è inammissibile nella parte in cui si deduce la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., che sussiste unicamente quando il giudice di merito, interferendo nel potere dispositivo della parti ed alterando gli elementi obiettivi dell'azione (causa petendi e petitum) sostituisca i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto, attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso oppure rilevi di ufficio un'eccezione proponibile solo dalla parte (Cass. 16.7.1997 n. 6476): e nel caso di specie non si verte in queste ipotesi.

15. E' infondato, invece, lì dove si lamenta una omessa e insufficiente motivazione perché la Corte territoriale ha esaminato

congruamente il rapporto tra il C. e le figure rappresentative della articolazioni sovranazionali della società escludendo la riconduzione dello stesso alla fattispecie del lavoro subordinato.

16. Le doglianze di cui al quinto motivo restano assorbite dal rigetto del 1°, 2° e 3° motivo con i quali si chiedeva il riconoscimento della sussistenza della natura subordinata del rapporto di lavoro nei confronti della A. N. C. spa - Direzione W..

17. Il sesto motivo è infondato perché, a differenza di quanto denunziato dalla ricorrente, i giudici di secondo grado hanno valutato anche il periodo in cui il C. ha svolto attività lavorativa presso la società in forza dei contratti a progetto rilevando l'esclusione di un rapporto di lavoro subordinato per l'assenza del potere direttivo di un organo sovraordinato e sottolineando che non vi era stata alcuna differenza nei contenuti della prestazione lavorativa e nelle modalità di svolgimento della stessa rispetto al pregresso.

18.1 fatti decisivi dedotti nelle censure sono stati, quindi, presi in esame dai giudici del merito senza che siano ravvisabili carenze, lacune o illogicità nella argomentazioni adottate.

19. Il settimo motivo non è, per taluni aspetti, conferente al thema decidendum, perché nei gradi di merito non risulta essere stata mai richiesta l'applicazione degli artt. 61 e 69 D.lgs. n. 276/2003 con la conversione del rapporto di lavoro a progetto in uno di natura subordinata; per altri aspetti è infondato perché, per quanto detto in relazione al sesto motivo, la Corte territoriale ha valutato anche il periodo in cui la prestazione lavorativa era stata svolta in virtù dei contratti a progetto sostenendone la genuinità.

20. L'ottavo motivo, infine, non è meritevole di pregio. Il vizio di omessa pronuncia si configura solo quando manchi qualsiasi statuizione su un capo della domanda o su un'eccezione di parte sì da dare luogo alla inesistenza di una decisione sul punto per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto (Cass. 23.2.1995 n. 2085).

21. Nel caso in esame, invece, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto assorbita la trattazione delle domande di cui all'appello incidentale avendo escluso la natura subordinata del rapporto di lavoro.

22. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.

23. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.