Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 maggio 2018, n. 12265

Imposte indirette - IVA - Regime del margine - Obblighi di dichiarazione e di pagamento

 

Fatti di causa

 

1. Nel 2009 l'Agenzia delle Entrate notificò alla società C.B. S.r.l. (d'ora innanzi, per brevità, "C.") un avviso di rettifica concernente l'IVA dovuta per l'anno 2002.

Nell'avviso l'erario contestò alla società contribuente, tra l'altro, di avere illegittimamente applicato, per quell'anno d'imposta, il regime "del margine", di cui all'articolo 36 del decreto-legge 23 febbraio 1995 n. 41 (ovvero la facoltà, per il venditore di beni usati, di calcolare l'imposta da riscuotere dall'acquirente non sul prezzo di vendita, ma sulla differenza tra il prezzo dovuto dal cessionario del bene e quello a suo tempo pagato dal cedente al momento del suo acquisto, aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie).

Secondo l'amministrazione finanziaria, l'applicazione del regime "del margine", da parte del C., fu illegittima poiché quel regime presuppone che il veicolo da rivendere fosse stato acquistato da un soggetto che, a suo tempo, non poté portare in detrazione l'IVA assolta al momento dell'acquisto. Nella specie, invece, i veicoli rivenduti dal C. risultavano da questa acquistati da autonoleggi, e quindi da imprese che, presumibilmente, avevano portato in detrazione l'IVA assolta al momento dell'acquisto del veicolo poi rivenduto al C..

2. C. impugnò l'avviso di rettifica dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la quale con sentenza n. 39/10/13 rigettò il ricorso.

La sentenza fu appellata dal C..

Con sentenza 21.11.2014 n. 7049/22/14 la Commissione Tributaria Regionale di Roma accolse il gravame.

La Commissione Tributaria Regionale osservò che il beneficio "del margine" è soggetto a tre condizioni: l'età del veicolo, il suo chilometraggio, e "il riscontro della natura di soggetto IVA del venditore".

Secondo la Commissione Tributaria Regionale, nel caso di specie "risulta[va]no i presupposti di cui sopra, né può essere fatto carico alla contribuente la ricostruzione della storia fiscale del veicolo".

3. La sentenza d'appello è stata impugnata dall'Amministrazione finanziaria con ricorso fondato su due motivi.

L'intimata non si è difesa.

 

Ragioni della decisione

 

1. Questioni preliminari.

1.1. Deve preliminarmente rilevarsi d'ufficio la questione della ritualità della notifica del ricorso: questione che va risolta in senso positivo.

Il ricorso, infatti, risulta essere stato notificato a "S.M. quale socio unico della società C.B. S.r.l., cancellata il 27 maggio 2015 ai sensi dell'articolo 2495 c.c.".

M.S., tuttavia, non risulta essere stata parte del giudizio di merito: e questa Corte ha già più volte stabilito che "in tema di legittimazione passiva nel giudizio di cassazione, l'impugnazione, proposta nei confronti di soggetto diverso da quello che è stato parte nel processo di merito, deve essere corredata dell'allegazione relativa alla legittimazione a contraddire determinata dalla qualità di successore, a titolo universale o particolare, nel rapporto controverso, in capo a colui che era stato parte nel precedente grado di giudizio" (ex multis, Sez. L, Sentenza n. 2131 del 31/01/2014).

Nel caso di specie, tuttavia, tale condizione - da rilevare d'ufficio, come accennato, a causa della indefensio dell'intimata - risulta soddisfatta, dal momento che la ricorrente ha allegato al proprio fascicolo l'estratto del registro dell'imprese attestante la qualità di socio del C. in capo a M.S..

2. Il primo motivo di ricorso.

2.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.. E' denunciata, in particolare, la violazione dell'art. 36 d.l. 41/95, cit., nonché degli articoli 2697 e 2729 c.c.

Nell'illustrazione del motivo la ricorrente deduce che:

(-) i fornitori stranieri della società contribuente avevano trasmesso a quest'ultima fatture nelle quali era falsamente attestata l'assoggettamento dell'operazione al regime "del margine";

(-) l'amministrazione finanziaria, avvalendosi del sistema VIES (ovvero un sistema di scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie dei paesi dell'Unione Europea) aveva invece accertato che i suddetti fornitori avevano ceduto i veicoli in regime di cessioni intracomunitarie;

(-) in particolare, era accaduto che una società di capitali francese aveva venduto, in regime di cessioni intracomunitarie, i veicoli in questione ad una società di capitali inglese, la quale a sua volta li aveva ceduti alla C.B. s.r.l..

Premesse queste allegazioni in fatto, l'amministrazione ricorrente sostiene in diritto che la sentenza impugnata sarebbe affetta da due diversi errori.

2.2. Il primo errore sarebbe consistito nell'affermare che l'amministrazione finanziaria fosse giunta alla conclusione della inapplicabilità nel caso di specie del regime "del margine" solo "in via induttiva", e senza prove certe della mancanza dei presupposti di applicabilità del suddetto regime. Nel caso di specie invece, sostiene la ricorrente, per quanto detto l'amministrazione era giunta alla conclusione della inapplicabilità del regime "del margine" sulla base di elementi certi ed obiettivi.

2.3. Il secondo errore della sentenza impugnata, secondo l'amministrazione ricorrente, sarebbe invece consistito nell'escludere che la società contribuente avesse l'onere di "ricostruire la storia fiscale del veicolo".

Secondo la ricorrente invece, poiché il contribuente ha la facoltà di scegliere fra il regime ordinario ed il regime "del margine", egli ha per ciò solo l'onere di "verificare con diligenza la sussistenza delle condizioni per applicare l'uno o l'altro dei due regimi".

Nel caso di specie, conclude l'Agenzia, la società contribuente si sarebbe dovuta perciò ritenere negligente, alla luce dei suddetti principi, dal momento che essa aveva ammesso (a pagina 15 del ricorso di primo grado) di avere venduto in regime di "margine" i veicoli acquistati all'estero prima ancora che le venissero forniti i relativi libretti di circolazione, dai quali avrebbe potuto agevolmente accertare la qualità di imprenditore commerciale dei precedenti proprietari e, di conseguenza, l'inapplicabilità del regime del "margine".

2.4. Il motivo è fondato.

I presupposti ed i limiti per l'applicazione del regime "del margine" alle compravendite di veicoli usati sono stati stabiliti da due recenti decisioni: l'una della Corte di giustizia dell'Unione Europea (Corte giust., 18.5.2017, in causa C-624/15, Litdana), l'altra delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. sez. un. 12.9.2017 n. 21105).

Queste due decisioni, lette unitariamente, hanno stabilito in subiecta materia una regola ed un'eccezione.

La regola è che l'amministrazione fiscale non può esigere che il soggetto passivo il quale intenda esercitare il diritto di applicare il regime "del margine" verifichi se la persona dalla quale sta acquistando beni usati abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell'IVA (Corte giust. 18.5.2017, cit., § 40).

L'eccezione è che chi acquisti un bene usato per poi rivenderlo ha tuttavia l'obbligo di verificare, con l'ordinaria diligenza, la effettiva applicabilità del regime del margine, quando vi sia qualche indizio "che faccia sospettare l'esistenza di irregolarità o di evasione" da parte del fornitore (ibidem, § 44).

Nel caso di compravendita di autoveicoli usati, un indizio di questo tipo deve ritenersi sussistente in tutti i casi in cui il venditore del veicolo usato sia un imprenditore commerciale che svolga professionalmente l'attività di rivendita, noleggio o concessione in leasing di autoveicoli.

In tal caso, infatti, deve ritenersi in base all’id quod plerumque accidit che il venditore, quando acquistò il veicolo poi rivenduto come usato, abbia esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA pagata sul relativo prezzo d'acquisto, "in quanto bene destinato ad essere impiegato nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa" (così Cass. sez. un. 21105/17, cit., § 6.5 dei "Motivi della decisione").

Per accertare, poi, se il venditore del veicolo usato (od il suo dante causa) sia o no un imprenditore commerciale, l'acquirente ha l'onere, di norma di agevole assolvimento e non contrario al principio di proporzionalità, di verificare l'identità dei precedenti proprietari per come risultante dalla "carta di circolazione" (il c.d. "libretto") di cui agli artt. 93, 110 e 114 del codice della strada (d.Ig. 30.4.1992 n. 285).

2.5. Nel caso di specie, questi principi non sono stati correttamente applicati dal giudice di merito.

Chi acquista veicoli usati per poi rivenderli, infatti, ai fini della decisione circa l'applicabilità del regime del "margine" non può limitarsi a recepire acriticamente quanto dichiaratogli dal venditore circa l'applicabilità di tale regime.

Il contribuente, per contro, alla stregua della ordinaria diligenza esigibile da un operatore economico medio (secondo il modello desumibile dall'art. 1176, comma secondo, c.c.), ha l'onere di compiere quelle attività minime che, senza oneri aggiuntivi, gli consentirebbero agevolmente un fondato giudizio sulla storia del veicolo oggetto dell'acquisto: in particolare, esaminando la carta di circolazione, e riscontrando se tra i precedenti possessori su essa indicati vi fossero stati imprenditori commerciali.

Solo se nemmeno da tale riscontro fosse emersa la precedente appartenenza del veicolo ad un soggetto legittimato alla detrazione dell'IVA, potrà dirsi incolpevole e scusabile la condotta dell'acquirente nazionale, il quale applichi senza averne diritto il regime del "margine".

2.6. Nel presente giudizio la Commissione Tributaria Regionale ha invece affermato in punto di diritto che "non può essere fatto carico alla contribuente la ricostruzione della storia fiscale del veicolo affermazione, che per quanto detto, è erronea.

Il beneficio "del margine", infatti, per le ragioni già esposte non è invocabile da chi, con l'ordinaria diligenza, si sarebbe potuto accorgere della insussistenza dei presupposti di esso.

2.7. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Roma, la quale nel riesaminare il caso applicherà i principi di diritto esposti supra, al § 2.4.

3. Il secondo motivo di ricorso.

3.1. Il secondo motivo di ricorso, formulato in via subordinata rispetto al rigetto del primo, resta assorbito.

4. Le spese.

Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.