Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 aprile 2018, n. 9938

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Appello - Notifica a mezzo raccomandata AR - Prova di tempestività dell’appello - Deposito avviso di ricevimento - Data di spedizione indicata a penna - Inammissibilità dell’appello

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 - bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 3288/8/2015, depositata il 9 aprile 2015, non notificata, la CTR della Campania dichiarò inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della N. S. S.r.l. (di seguito società) avverso la sentenza di primo grado della CTP di Napoli, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso cartella di pagamento per IVA per l’anno 2006, notificatale sul presupposto della ritenuta solidarietà passiva con la scissa S. S.r.l. Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

La società resiste con controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 22, 23 e 53 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per avere la sentenza impugnata sanzionato con la declaratoria d’inammissibilità del proposto gravame l’omesso deposito da parte dell’amministrazione appellante della fotocopia della ricevuta di spedizione della raccomandata per mezzo della quale era stato notificato a controparte il ricorso in appello, senza rilevare che dall’avviso di ricevimento ritualmente prodotto in atti era possibile ugualmente rilevare la tempestività dell’appello proposto.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 327 c.p.c., 16 e 51 del d. lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., deducendo che la CTR avrebbe dovuto rilevare che alcuna decadenza nella proposizione del gravame si era verificata, dal timbro di ricezione dell’ufficio postale apposto sulla distinta di accettazione delle raccomandate, tra le quali quella relativa alla notifica del ricorso in appello nei confronti della N. S. S.r.L, da cui emergeva che la data di consegna all’ufficio postale dell’atto da notificare era quella del 18 novembre 2013, epoca alla quale non era ancora spirato il termine per la proposizione del ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado non notificata.

I motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto tra loro strettamente connessi.

Essi sono manifestamente infondati, pur alla stregua dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze nn. 13452 e 13453 del 29 maggio 2017, secondo le quali «Nel processo tributario, non costituisce motivo d'inammissibilità del ricorso (o dell'appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente (o l'appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l'avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell'avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. Solo in tal caso, infatti, l'avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione; invece, in loro mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull'avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso (o dell'appello), unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall'agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l'impugnazione dell'atto (o della sentenza)».

Ciò premesso, nella fattispecie in esame, incontroverso in fatto che la sentenza di primo grado è stata depositata il 3 aprile 2013, sicché il termine per la proposizione dell’appello (sei mesi più quarantasei giorni, tenuto conto della sospensione feriale secondo il disposto dell’art. 1 della l. n. 742/1969 nella sua formulazione applicabile ratione temporis) veniva a scadere il 19 novembre 2013, l’avviso di ricevimento prodotto in atti dall’Amministrazione non può essere ritenuto equipollente alla ricevuta di spedizione quanto alla prova della tempestività del gravame, atteso che la data 18 novembre 2013 indicata come data di spedizione risulta apposta a penna dalla mittente e lo stesso timbro apposto sulla distinta delle raccomandate presentate dall’Amministrazione all’ufficio postale per la spedizione, che pure reca la data del 18 novembre 2013, diversamente da quanto esposto in ricorso, non è quello dell’ufficio postale di distribuzione, ma quello della stessa Amministrazione.

Pertanto, quantunque la costituzione dell’appellante, in data 16 dicembre 2013, sia nei termini, la documentazione prodotta non è sufficiente a dimostrare, secondo il principio di diritto formulato dalle Sezioni Unite di questa Corte ed innanzi richiamato, la prova della consegna del ricorso in appello per la notifica entro il termine ultimo stabilito a pena di decadenza dalla proposizione dell’appello avverso la sentenza di primo grado.

Il ricorso dell’Amministrazione finanziaria va dunque rigettato.

Possono essere compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità, stante la sopravvenienza in pendenza del giudizio delle richiamate decisioni delle Sezioni Unite.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.